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Iberia Airlines Show

La tizia ha detto di chiamarsi Marisol o qualcosa di simile. Bel nome, peccato che non mantenga le attese. Ha la pelle lucida come un cucchiaio, sudaticcia ed è flaccida un po' dovunque. Ha la mano infilata sotto la copertina omaggio con il simbolo dell'Iberia che Fabio si è portato via dal volo Bogotà-Madrid. Si sono conosciuti mentre prendevano posto sul velivolo, per via del loro zainetto: identico. Hanno attaccato bottone così. Poi la chiacchierata è continuata durante il volo e lo scalo in attesa della coincidenza per Torino: avevano pure la stessa destinazione. Hanno parlato della Colombia, del ritorno in Italia, dei loro progetti. Lui si è tenuto sul vago e ha lasciato che parlasse quasi sempre lei. Da quando l'ha incontrata Fabio ha avuto solo un pensiero: fottersela. I bei tempi in cui il suo fascino e la sua grana gli facevano avere tutte le donne che voleva sono passati. Ora non gli resta che quel surrogato di femminilità come preda. Ha un ego da soddisfare, mica può far troppo lo schizzinoso. E poi vuole avere una storia figa da raccontare quando arriverà all'appuntamento con i ragazzi: "mi sono fatto una in aereo" gli dirà, con il sorriso stampato in faccia. È uno sfigato e sa di esserlo, ma non può accettare che lo sappiano anche i ragazzi. Loro credono che sia una specie di latin lover, pieno di soldi eccetera eccetera.
Quindi via, verso l'obiettivo. Qualche trucchetto con le donne lo conosce ancora: il modo migliore per sedurle è lasciarle parlare fino allo sfinimento. Ci cascano come pere. È il 'nucleo accumbens' che fa il lavoro sporco: frase dopo frase il sistema di neuroni rilascia endorfine che le fanno sentire bene, felici e comprese. Quindi grazie alla chimica si fanno l'idea che tu sia un tipo davvero speciale. Tutto lì: una fregatura come un'altra.
Ora sono sopra le Alpi, e i monti compaiono dal finestrino col loro manto innevato e tutto il resto. La mano cicciotta di Marisol va su e giù sotto la coperta. All'inizio aveva pensato di portarsela in bagno ma nel minuscolo cesso dell'aereo non ci sarebbero mai entrati, quindi si è dovuto accontentare. Però tutto sommato la ragazza ci sa fare, anche troppo forse: una hostess sembra essersi accorta di qualcosa. Lancia occhiatine mentre fa avanti e indietro dalla cabina dei piloti alla coda dell'aereo. Fabio evita di pensarci: sta per iniziare la manovra di atterraggio, ora dovrà sedersi pure lei. Le luci di segnalazione si sono già accese.
Poi succede qualcosa: un vuoto d'aria di quelli secchi. L'aereo va giù come un sasso, la gente urla, tutta la roba sui tavolini vola per aria, la hostess cade, la copertina dell'Iberia scivola via, Marisol si porta le mani sulla faccia e Fabio rimane col coso di fuori. Quando il velivolo incontra di nuovo l'aria, le ali fanno un fracasso terribile, si sente un colpo quasi che avessero fatto un frontale e tutti gli sportelli dei vani porta oggetti si aprono. I bagagli a mano saltano fuori, si spargono ovunque sul corridoio. Scendono le mascherine, la gente urla più forte. Passano alcuni secondi di panico, un tempo sospeso, di incertezza. Nel frattempo Fabio ha sempre il pisello di fuori, manco se ne accorge. Stringe il bracciolo come se tenersi al sedile potesse salvarlo dallo schianto. Il campo visivo gli si è ristretto, vede giusto un puntino nero davanti a lui, tutto il resto scompare.
Però non capita più nulla. Il bimotore continua la discesa verso l'aeroporto di Caselle, come se niente fosse. La hostess si rialza, ha un graffio sulla fronte, ma non sembra grave. Barcollando raggiunge la sua postazione. L'adrenalina scorre ancora a fiumi. Solo quando il pilota comunica ai passeggeri che il vuoto d'aria non ha causato danni e che la manovra di atterraggio non è compromessa, la gente comincia a calmarsi.
Le case, le strade, le automobili sulla bretella Caselle-Torino sono ormai visibili.
Il carrello esce e scatta nella posizione corretta. Gli pneumatici grossi come jeep toccano terra e stridono nella frenata. L'apparecchio riduce la velocità, come da copione, e infine si ferma. Parte un applauso dal pubblico pagante, felice d'aver potuto vedere la fine dello spettacolo e non quella della propria vita. In tutto questo Fabio ha sempre l'affare ballerino fuori dai jeans.
Sarà per lo scampato pericolo ma Marisol gli butta le braccia al collo e lo bacia ridendo. Lui ricambia di gusto. Si slacciano le cinture e finalmente si accorge che qualcosa la sotto non è al posto giusto. La ragazzona ride di nuovo, l'ha visto pure lei. In fretta e furia si ricompone, mentre lei raccoglie i loro zaini e restituisce a Fabio il suo.
“Hai bagagli da prendere?” chiede lei mentre si dirigono verso l'uscita.
“No, ho tutto qua dentro” da una pacca allo zainetto “E ho pure parecchia fretta.”
Lei fa un sorrisino da brividi, infila una mano nella tasca della giacca, tira fuori un bigliettino e una penna e si ferma per scriverci qualcosa. Ci mette un bel po' di tempo. Qualcuno dal fondo della fila inizia a lamentarsi. Lei lo manda a quel paese con una certa grazia. Poi allunga il bigliettino al suo compagno di viaggio.
“Vienimi a trovare. Questo è l'indirizzo degli amici che mi ospiteranno. Così 'finiamo'.” Gli fa l'occhiolino, ma non ce ne era bisogno: cosa intendesse era già abbastanza chiaro.
“Certo, contaci. Ora però vai che stiamo bloccando la fila.” Fabio infila il bigliettino con l'indirizzo nei jeans e ricambia l'occhiolino. Solo che nel suo caso significa “Col cazzo che ci vengo. Non voglio più rivederti neanche se sto per morire dissanguato e tu sei l'unico donatore compatibile”.
Le loro strade si dividono dopo che il 'finger' li ha condotti fino all'area di sbarco. Lei va di qua, lui di là. Marisol gli manda un bacio con la mano, Fabio neanche la guarda.
 
Nel parcheggio non c'è nessuno ad attenderlo. Chiama un taxi, dice un indirizzo e si stende sul sedile. Lo spavento di poco prima non è passato del tutto. Deve rilassarsi. Non può andare all'appuntamento in quelle condizioni. È una faccenda importante, deve essere affrontata nel modo giusto. Ci va della musica, ecco sì: musica. Il taxi entra in tangenziale e si dirige verso la città. Fabio infila la mano nello zaino per prendere il lettore Mp3: un bel pezzo di Carlos Vives è quello che ci vuole per tornare in pace col mondo.
Ma quando la mano inizia a ravanare nella tasca principale si accorge subito che qualcosa non va: le sue dita toccano oggetti che gli sembrano sconosciuti. Ne afferra uno a caso e lo tira fuori. Un rossetto.
Un rossetto? E come c'è finito nel suo...
Cazzo cazzo cazzo è lo zaino di quella grassona, l'ha scambiato dopo che è caduto a terra.
E ora che succede? Lo assale il panico, un'altra volta in quella giornata, dopo il vuoto d'aria.
Nel suo zainetto non c'era solo l'Map3 con Carlos Vives: lì dentro c'era qualcosa di importantissimo, il motivo per cui era rientrato entrato in Italia dopo vent'anni di assenza. Senza di quello non può andare all'appuntamento. Sarebbero casini.
Sta per dire all'autista di fare marcia indietro, di tornare all'aeroporto nella speranza di ritrovare Marisol, anche se ormai è passato troppo tempo. Chissà dove sarà finita. Poi si blocca e si ricorda qualcosa. Infila la mano in tasca e tira fuori un bigliettino: l'indirizzo. Fabio sogghigna e scuote la testa. A quanto pare rivedrà la cicciona molto prima di quanto avrebbe voluto.
E spera per lei che non le venga in mente di controllare troppo in profondità il contenuto del suo zaino.

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