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Scritto da © Anser - Mar, 26/06/2012 - 22:14
Lascia che il vento passi
con la lentezza contadina del grano
a tracimare
dalla presunzione del cuore
una parola.
Che non sia, la notte
spunto di dolore, sogno sudato
ma colore
che risale il solco delle vene
sino a risarcire i sorrisi.
Guarda le mani, seccate
dallo zoppicare sconcio del sole.
Abbi pena degli anni
che scavano, con inganno di neve
sembianze di cera.
Sia sorella la pioggia, complice il mare
d’ogni passo lasciato
a fecondare ogni giorno,
ogni fianco di donna
donata dal cielo.
Siamo, tutti, figli d’un dio silente
d’un enigma tracciato di vino
rosso di sangue, d’aceto
perché sia agra ogni cosa
ogni ricordo:
d’odio, d’amore,
d’acqua e d’aria
sotto questo nero infinito,
quell’altrove di stelle
che ci nutre il cuore.
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