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Ritmo

Sorrido
guardando la punta del tuo indice
che affetta l’aria.
Padrona del tuo mestiere
scuoti la testa quasi severa,
fredda, tremendamente professionale.
Sorrido,
e che altro potrei fare,
mentre mi dici
che sono belle le mie parole,
ma non hanno un significato universale.
La metrica, la punteggiatura,
sono tutte cose importanti,
non le posso trascurare,
manca il ritmo,
se non cambio non potrò mai diventare scrittore.
 
Sorrido ancora più forte,
anzi rido
mentre tu stai per arrabbiarti.
Il tuo guaio è che mi prendi
troppo sul serio,
più di quanto io meriti.
E trascuri quel che è più importante.
Non senti la musica che ho in testa,
la pace che vivo con me stesso.
Scrivo le parole che vorrei leggere,
scrivo di ciò che per me significa qualcosa,
senza pensare a quel che succederà dopo,
senza l’assillo che alla fine dovrò rendere
conto a qualcuno.
 
Per quel che me ne importa,
gli editori possono continuare
a grattarsi la pancia
in attesa che l’arte vera
bussi alla loro porta.
Le rime sono sconosciute
che mi baciano sulla bocca per strada
scambiandomi per un altro.
Narciso non si butterà più nel lago,
ma userà l’acqua
solo per lavarsi la faccia.
Il pubblico potrà ancora applaudire,
o fischiare,
o smettere di pagare,
in tutti i casi non sarà mai
un problema mio.
 
La strada che scelsi anni fa
mi si è parata d’improvviso
davanti agli occhi
in tutto il suo vivido splendore.
La percorro con calma,
contando tutte le sue buche,
annaspando un po’ in salita,
godendomi ogni centimetro di discesa
e tirando calci alle pietre in pianura.
Questo è ciò che sento davvero mio,
è tutto questo che mi tiene sveglio la notte.
 
Ma la fregola mi è rimasta
e quando mi prudono le mani
mi siedo e batto i tasti
e ritorno coi piedi per terra,
mi sento umano,
capace di sbagliare
senza morirne per forza dal dispiacere.
Il mio stomaco festeggia,
il mio cuore batte lento
e socchiude le palpebre.
 
Mi dispiace,
ma non rinuncio a questo.
Non ci rinuncio
in nome della grammatica,
delle regole artefatte
di chi ha per forza voluto discernere
il bene dal male,
il buono dal cattivo.
Non ci rinuncio
neanche in nome
dell’immortalità.
 
Sorrido
sentendoti urlare,
mentre mi dici che sono un testone,
sorrido
mentre mi dici che devo crepare
e fai volare via i miei fogli.
Sorrido mentre li guardo
posarsi immobili sul pavimento
come donne che ho accarezzato
e abbandonato in un momento.
 
 

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