A ruota libera (Cap. 28) | Prosa e racconti | Claudio | Rosso Venexiano -Sito e blog per scrivere e pubblicare online poesie, racconti / condividere foto e grafica

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A ruota libera (Cap. 28)

                                                                                  XXVIII
 
Luglio 2007
 
Dopo quella sera ci sono state altre notti con Alessia. E più abbiamo trascorso tempo insieme, tra mille bugie e omissioni da ambo le parti verso i rispettivi compagni o pseudo-compagni, più la nostra intimità di anime si è rafforzata sino a livelli che nessuno dei due avrebbe osato ipotizzare. Ma mentre lei è sembrata esserne piacevolmente consapevole, in me non tutto è progredito nella stessa direzione. Anzi, a esser sincero sino in fondo, tutto ha cominciato a sfasciarsi. Sì, proprio così, a sfasciarsi. Man mano che dentro di me ho cominciato ad avvertire il pericolo Alessia come un ‘male’ del cuore, che si sta materializzando minacciosamente, ho deciso di far qualcosa affinché nessun equilibrio venisse turbato o sconvolto. Sono pazzo, sì. Forse lo sono davvero e non riuscirò mai a guarire, ma Alessia credo sia meglio mi stia lontana in questo momento della mia vita. Meglio per lei non faccia nulla di ciò che sta ipotizzando. Non servirebbe, a nessuno, e soprattutto non ora.
Non sono pronto: sono immaturo e sono un codardo, sono tutto e il contrario di tutto, ma sono anche sincero, quindi… è meglio così. Ognuno al suo posto con la storia che ha, e che non deve assolutamente rovinare a causa dell’altro. Anche gli incontri con Alessia dovranno finire, e questa rinuncia è la cosa che più mi costa. Del resto non potrebbe funzionare, né potrebbe andare avanti all’infinito. Saremmo scoperti presto o tardi e tutto precipiterebbe in maniera rovinosa, irreversibile. Una cosa che non voglio, non voglio affatto. Non riuscirei a sopportarlo, adesso. Il pensiero di una storia seria con Alessia, oggi non mi dà serenità. Non me ne dà il sapere che potrebbe farmi innamorare di lei (o forse solo più di quanto già non lo sia…) e lasciarmi subito dopo per un altro, esattamente come sarebbe disposta a fare adesso con il suo attuale ragazzo, per colpa mia. Non voglio essere il Luca di turno. Né ora, né domani, né mai. Dovrei prima convincermi che con me non lo farebbe, ma non potendo dare nulla per scontato, né in un senso né nell’altro, allora meglio ‘eliminarla’ come potenziale pericolo. Mi fa orrore questa parola, è vero, però di fatto è l’unica che renda perfettamente l’idea di ciò che sto per fare. Anche a costo di perderla per sempre. E’ un rischio che devo correre, nonostante il mio istinto abbia dato il suo responso persino su questo, decretando senza se e senza ma che ciò non potrebbe mai avvenire. Non più ormai…
 
 
 07 Luglio 2007. Ore 12.30
 
Oggi è il mio secondo onomastico che passo senza Claudia. Squilla il cellulare. E’ Monica.
“Ehilà dormiglione, allora ti sei svegliato finalmente? AUGURIIIII…”
“Grazie, sei carina. E sei anche la prima, lo sai?”
“Wow, che onore!”
 “Vuoi venire a far colazione qui da me?”
“Ma come, colazione a quest’ora?”
“Perché, cosa c’è di male? Hai per caso altri impegni?”
“Io? E con chi? Dai aspettami, sto arrivando piccolo.”
 
 
Suona il campanello, è sicuramente lei.
“Non dirmi che hai già cominciato senza di me!”
“Non potrei mai.”
“Hai fatto bene, perché qui ho dei cornetti alla crema che con un passaggio nel microonde saranno eccezionali.” Monica sa sempre cosa fare per rendermi felice, anche nelle piccole cose.
E io non sopporto di non saper fare altrettanto con lei. Non sino in fondo, almeno.
“Grazie! Sei proprio la mia geisha.”
“Sì, solo tua” e mi si getta al collo per baciarmi.
“Non te lo dimenticare mai.”
Le sorrido, e per un attimo spero che tutto con lei si rimetta a posto. Non voglio altro, solo avere una vita tranquilla. Anche se il mio istinto non sembra essere d’accordo con questa scelta, si dovrà rassegnare. Né ho avuti sin troppi di problemi, non ne gradisco altri. Tanto meno voglio ricevere altri dolori. Stavolta la mia ragione avrà la meglio. Fa troppo male soffrire per amore, troppo… e noi uomini non sappiamo sopportare il dolore. Né fisico, né morale, tanto meno.
Stiamo per sederci e cominciare a mangiare, quando il diavolo ci mette lo zampino. L’inferno, il suo inferno, sarà niente rispetto a ciò che attende me, ora. Sono appena tornato dalla cucina con i cornetti bollenti appena usciti dal microonde. Il latte e caffè preparato per ultimo, è già fumante nelle tazze, sulla tavola.
“Che cosa sono questi, Claudio?”
“Non… non so… ”
Di primo acchito non capisco. Poi tutto si fa più chiaro. Sino a diventare lampante.
“Chi è stato qui?”
“Dai Monica, smettila, non c’è stato nessuno.”
Il rumore del piatto con i cornetti, lasciato cadere sul tavolo senza tanta attenzione, rimbomba in tutta la stanza. Non posso vedermi, ma sono sicuro che l’espressione del mio volto sta cominciando a tradire qualunque calma. Inizio a sudare freddo.
“A no? E questi capelli, qui sul divano di chi sono?”
Per un attimo vedo tutto buio. Il viso di Monica sprizza veleno e rabbia da tutti i pori. So che non siamo una vera coppia, quindi il mio non è stato un tradimento nel senso classico del termine, ma la realtà è che la sua fiducia è stata nuovamente presa in giro. Pensa di sapere già con chi, e da chi. Che io ne possa dire o meno, ormai conosce già la verità.
“Senti stai calma e non fare castelli in aria, per favore. Saranno di Marina, l’altro giorno lei e Sandro sono stati qui.”
“Sì? E scommetto che hanno anche scopato sul divano mentre tu cucinavi! Giusto?”
Monica sa bene che i propri capelli non possono essere, lei non si è praticamente mai seduta su quel divano. A differenza di Alessia che invece, lì con me ci ha fatto di tutto. E poi soprattutto…
“Ma che dici…”
“Che dico io? Ma che CAZZO dici tu!! Sei uno stronzo Claudio! Sei… sei un vero figlio di … E mi dispiace per tua madre che ti ha messo al mondo!!”
 
In effetti, tecnicamente ha ragione, non avrebbe tutti i torti su di te.
 
Non mi rompere le palle anche tu, va’ al diavolo!
 
Come vuoi, ma resti un vero bastardo.
 
Anzi, sai dove devi andare?!
 
“Odio sottolineare l’ovvio, ma ti ricordo che noi due non stiamo insieme!”
E’ viola dalla rabbia, l’ho colpita nel suo lato debole.
“E’ vero, hai ragione, peccato che quando si tratti di scopare te ne dimentichi sempre di questo piccolo dettaglio, brutto bastardo!”
“Quello che facciamo lo facciamo in due e non mi sembra ti dispiaccia tanto, anzi.”
“Sì è vero, non mi secca affatto, ma se questo deve significare che tu devi sempre fare i cavoli tuoi, la cosa non mi sta più bene. Non mi sta bene affatto!”
Evito di replicare.
“Ti ho dato e ti sto dando tutto Claudio, TUTTO, sono l’unica che non ti ha voltato le spalle, e tu?”
“Che cosa stai dicendo? Cosa vuol dire che sei l’unica a non avermi voltato le spalle? Claudia mi ha semplicemente lasciato, non mi ha voltato le spalle!”
“A me non sembra, visto come si è comportata.”
“Ma che cazzo ne sai tu? Chi ti dà il diritto di sindacare su una persona che non hai mai conosciuto?!”
“Infatti, nessuno, e non me ne sbatte proprio niente. Difenditela pure la tua ex, tanto per quello che vale!”
“Finiscila, stai superando il limite. Io non difendo nessuno, se fosse qui stai tranquilla che saprebbe farlo da sola e tu ne usciresti malconcia. Meglio per te che non vi siate mai conosciute. Tu comunque non ti devi permettere di gettare fango su di lei, come su nessuna altra persona che non conosci.”
“Poverina…”
“Monica finiscila, se hai problemi te la devi vedere con me e basta, chiaro?”
“Io ci sono sempre per te Claudio, sempre. Sono stata e resto una certezza. La certezza che non resterai solo e che avrai qualcuno da amare. E poi, secondo te, basta dirmi che non stiamo insieme, come tutte le persone normali, per convincermi a sopportare che ogni volta qualcun’altra finisca nel tuo letto? Eh Claudio, dimmi?”
E’ fuori di sé, non riuscirò ad arginarla, è troppo infuriata.
“Comunque non cambiare discorso…
Sei un maiale, un gran pezzo di merda, un bastardo e un puttaniere vomitevole!!”
“Ti ho detto che quei capelli devono essere di Marina, quindi smettila di rompermi le scatole!” Provo ad alzare anch’io la voce, se restassi troppo remissivo sarebbe solo peggio.
“Aaaahh… di Marina, vero?”
“E com’è che sono biondi, e lei invece, è rossa? Al massimo se li è tinti di nero da che la conosco, ma mai di questo colore! Eh Claudio?! Spiegami, come CAZZO è??”
Penso in pochi attimi a tutto ciò che c’è stato con Alessia, proprio sul quel divano, e i miei attimi di silenzio divengono un’eternità. L’ammissione del misfatto.
“Ma che stai dicendo? Perché parti sempre in quarta, mi spieghi? Ti vuoi calmare?”
“Sei peggio di tuo nonno, MI FAI SCHIFO!”
Sapevo che l’avrebbe fatto. Ha tutte le ragioni di questo mondo nell’essere imbestialita con me, e io nessuna scusante, ma è meschino e sleale nell’usare ora, contro di me, delle confidenze fattele in passato, parlando. Che cosa ne sa lei di cosa abbia combinato mio nonno? E’ vero, sono tutto quello che ha detto, ma lui, nel bene e nel male non l’ha mai conosciuto, quindi non deve essere messo in mezzo. Per giunta da lei che è un estraneo. Perché di fatto, questo è. Deve lasciarlo nella tomba dove sta.
Riferirsi a fatti che non conosce, che riguardano miei familiari ora morti, pace all’anima loro, è vile come nessun altra cosa. Quale titolarità ha Monica per esprimersi così?
Se l’avessi fatto io, peraltro, su suo padre che manca ormai da oltre dieci anni, cosa avrebbe detto?
Come si sarebbe sentita?
D’istinto le vorrei allentare un ceffone, di quelli a cinque dita, pieni, che si prendono poche volte nella vita. Di quelli che ti lasciano il segno. Più dentro che fuori. Per sua fortuna invece, non ne sono capace, né potrei mai fare una cosa simile contro una donna. Non ci riuscirei per nessun motivo, neppure se rischiassi di essere riempito di botte. Purtroppo per lei però, questa cosa non la dimentico, e prima o poi finirà per far sentire tutto il suo peso.
Vuole colpirmi? Ok, lo faccia, me lo merito, ma la vicenda è tra me e lei, nessun altro. Questa triste parentesi in cui è inciampata non si chiuderà qui, né così presto.
“Hai finito di dire cazzate? E soprattutto, hai finito di mettere in mezzo persone che non c’entrano? Eh?!”
Adesso sono io che ho il sangue agli occhi. Sono e resto nel torto, ma la sua infelice uscita mi rende meno vulnerabile.
“Non cambiare sempre discorso Claudio... Ora voglio saper TUTTO!”
“Ma tutto cosa?”
“Smettila! SMETTILAAAAAAAAAAA!! Lo so che stai mentendo, te lo si legge in faccia…
Te l’ho sempre detto che non sai dire le bugie.”
“Io non sto dicendo proprio niente.”
“Infatti. Stai soltanto offendendo la mia intelligenza, quindi finiscila.”
“Ti ripeto che stai facendo di un granello di sabbia una montagna. Non ho fatto niente. Se vuoi credermi è bene, altrimenti problemi tuoi.”
Mi lancia un’occhiata di fuoco.
“Qui non è venuta nessuna, al di là di te. Mai nessuna. Punto e basta.”
“Sì bravo, adesso fai anche il sostenuto, vero? Vuoi che ti chieda pure scusa, per caso?”
“Non serve, voglio solo tu ti convinca che non ho nulla da nascondere.”
Ho mantenuto la calma e ora mi sembra di essere in discesa.
Credo di poter controllare la reazione di Monica molto meglio. Il fattore sorpresa è finito. Come ai tempi di Claudia, durante le discussioni - ma questo avviene di norma solo con la mia partner - non riesco a gridare né ad agitarmi.
Appaio e resto molto inglese nelle mie reazioni, sempre e comunque. E questo crea altra tensione e disagio in colei che mi sta di fronte, perché non capisce mai, né si riesce a spiegare come possa fare a restare sempre tanto tranquillo.
Claudia mi rinfacciava addirittura di non darle la possibilità di incavolarsi con me, visto che non perdevo mai la mia calma. Strana reazione per un istintivo quale sono, in tante cose, eppure è sempre stato così.
“Ok, allora spiegami come sono finiti qui questi capelli.”
“Te lo ripeto: NON LO SO. Forse quando è venuta mia madre con Alessia, la donna delle pulizie.”
“Bravo! Giusto a lei stavo pensando, infatti!”
 
Oltre che stronzo però, sei anche un po’ idiota Claudio, lo sai?! Mentire sul vero nome della donna delle pulizie, in questo momento noooo?!
 
Fatti i cavoli tuoi. Mica è colpa mia se portano lo stesso nome. E poi quella mi sta pure sulle palle, al diavolo lei! Ho sempre detto a mia madre che volevo trovarne un’altra…
‘Mamma però pure tu, mi ascoltassi una volta!’
Comunque vorrei vedere te al mio posto.
 
Ci sono già, pirla…
 
“Dimmi quando è venuta a trovarti. Muoviti!”
“Ma chi? Che stai dicendo?”
Continuo a negare, Monica non può dimostrare nulla. Salvo chiedendo una prova del DNA e questo escludo possa farlo.
“Ascolta, una volta per tutte. Non voglio più ripeterlo: Alessia non è mai venuta qui. Lo sai, ci vediamo in ufficio è vero, non l’ho mai negato, neppure con te, ma lei è fidanzata e comunque non mi interessa.”
“E’ fidanzata, ma è anche una grandissima stronza, e zoccola. Poverino quel disgraziato che si porta appresso. Ti sta sbavando dietro da settimane, lo sanno tutti in ufficio, quindi dimmi la verità.”
“Ora mi stai facendo incazzare sul serio, Moni. Ti ripeto: non hai nessun diritto né titolo per prenderla così. Non offendere Alessia perché non c’entra niente. Smettila di mettere in mezzo chi non ha colpa.”
“Guardalo, guardalo, la difende…”
Fa finta di non capire che non siamo una coppia.
“E se lei non c’entra, anche se resta ciò che è… dimmi allora chi è venuto qui? Come si chiama stavolta? Roberta, Francesca, Elisabetta, Mariangela, Mariaelena, Maria…TROIA?
Chi è la fortunata stavolta? Come si chiama? SCITT’ U’ VLEN!*”
“E’ inutile Monica, non si può ragionare.”
“Che tu ne dica o meno, ho il diritto di saperlo, devi dirmelo. Ti prego dimmelo, dimmelo…”
E’sfinita, scoppia a piangere. Un pianto isterico che mi gela nella mia posizione. Non so che fare. Mi sento imbalsamato. Non so nemmeno io cosa provo. Forse più imbarazzo, neppure vergogna, per essere stato scoperto, piuttosto che per il tradimento in sé.
Quello l’ho voluto e cercato io, e soltanto io, con tutte le mie forze.
 
 (*) ‘Sputa il veleno’, cioè: dimmi la verità
 
Persino contro il volere di Alessia, quindi non me ne pento neppure ora. Sono invece, mortificato per il dolore che sto dando a Monica. Solo per quello, anche se in fondo non mi tocca neanche tanto quanto dovrebbe. Quanto sarebbe normale che fosse. Istintivamente penso che avendone provato io di dolore, troppo, intenso, da togliere il fiato, non è così assurdo che la stessa cosa, o qualcosa che le si avvicini soltanto, debba capitare ad altri. Quindi anche a Monica.
E’ NELLA LOGICA DELLE COSE, NO?
Sto urlando con me stesso, in silenzio, ma non so neppure io perché.
 
Cosa cavolo stai dicendo Cla?
Ti sei per caso fumato il cervello?
 
Lo so, lo so, per favore lasciami stare. So bene che questa è una vera stronzata. Una cazzata che mi ripeto da quel nove dicembre, per sentirmi la coscienza meno sporca per tutte le minchiate che continuo a fare, una dietro l’altra. E’ questa l’unica ragione. Sono un fottuto egoista e non me ne sbatte niente di nessuno. Solo di me stesso. Sono stato lasciato, tradito, umiliato, tutto, e ora anche gli altri devono pagare le mie stesse pene. Le stesse sofferenze, ma per dei reati mai commessi. Sì, pur non avendone colpa.
 
Ma che cosa sei diventato?
Che cosa Claudio?
Non sei mai stato così...
Che ti è successo?
Cosa ti è successo, Cla?
 
Vorrei saperlo anch’io.
Vorrei tanto saperlo anch’io…
Mi avvicino a Monica e cerco di abbracciarla. Mi sento strano, impacciato. Ma proprio mentre lei accenna a ricambiare il mio gesto d’affetto, sul mio cellulare arriva un sms. Un brivido mi corre lungo la schiena. Ora sì, che avverto il colpo. Stavolta, se è chi dico io, Monica avrà tutte le prove che stava cercando. Ti prego, fa che non sia Alessia.
“Dammi il telefonino.”
“Perché?”
Si scosta bruscamente da me e va verso il tavolo. Si è accorta che non l’ho con me addosso.
“Lo sai perché!” ribatte stizzita, cercando di arrivare avidamente alla voce del menu: ‘messaggi ricevuti’.
“Ancora con questa storia…” è l’unica cosa che riesco a replicare. In realtà, mi sento un ‘Dead Man Walking’ (un condannato a morte).
 
Prega non sia lei…
 
Ieri notte sei stato fantastico.
E’ stato stupendo.
Come sempre, e più di sempre.
Mi manchi tanto…
 
“E questo? Anche questo, CLAUDIO, te l’ha mandato ALESSIA, la DONNA DELLE PULIZIE?!”
Lacrime grosse e copiose cadono giù dai suoi occhi già irritati, come se non stessero attendendo altro. Non sa neppure lei cosa dirmi ancora. Quali altri improperi rivolgermi. Poi, mentre si riveste in fretta, capisce che semplicemente non ne vale la pena. Non più.
“Mi fai schifo Claudio, soltanto schifo...”
Lo ripete meccanicamente, quasi tra sé e sé, mentre mi passa accanto e mi sbatte addosso, sul petto, il mio dannato telefonino.
Un istante dopo lascia che la porta d’ingresso le si chiuda violentemente alle spalle, facendo rimbombare il rumore della sua vibrazione nel silenzio assordante in cui mi ha lasciato.
Solo con me stesso.
Senza più scuse.
E senza più parole.
 
 
 
 
 
 

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