A ruota libera (Cap. 29-30) | Prosa e racconti | Claudio | Rosso Venexiano -Sito e blog per scrivere e pubblicare online poesie, racconti / condividere foto e grafica

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A ruota libera (Cap. 29-30)

                                                                          XXIX
 
07 Luglio 2007, ore 14.00
 
Non mi sono mai sentito così solo e così in colpa al tempo stesso. Mi passano davanti agli occhi i momenti belli trascorsi con Monica al mio fianco. In ordine sparso, nella mente ripenso ai momenti difficili che ci sono stati, a tutti i pianti versati da entrambi e ai i sorrisi regalati l’uno all’altro, alle tante gioie e ai numerosi dolori che abbiamo diviso e condiviso in questi mesi. Io e lei. Nonostante tutto e nonostante tutti e tutte.
E non posso a fare a meno di pensare che ho rovinato ogni cosa. Solo ora, per la prima volta, mi riesce di provare un dilaniante senso di colpa per quel primo bacio dato ad Alessia, l’undici dicembre dell’anno scorso. Eravamo in auto, al circolo tennis, nascosti nella penombra degli alberi ai lati della carreggiata, quando tutto è cominciato.
Poi sono andato a vivere da solo, a Santo Spirito, Monica ha trovato casa, tante donne-amiche si sono avvicendate nei vari momenti, si è intensificato il rapporto con Alessia, e infine, abbiamo fatto l’amore per la prima volta. Tutto, tutto questo, sino a oggi.
Ogni cosa è nitida e lucida nei ricordi come se fosse avvenuta ieri. Eppure, ciascuna resta tanto vera nella mia memoria, quanto sbiadita nella percezione materiale che in questi istanti riesco ad averne. Sono ancora immobile, in piedi, nella stessa identica posizione in cui mi ha mollato Monica.
Mi sento isolato dal mondo, ma non vorrei stare al suo posto. Ho idea di cosa si possa provare quando si scopre qualcosa che non si sarebbe mai voluto, o dovuto sapere. Non che al mio posto ci si senta granché meglio, o le cose vadano in maniera differente.
Comprendo perfettamente infatti, il significato dell’espressione ‘sentirsi un verme’.
Sono confuso, arrabbiato, schifato, nauseato da me stesso. Vorrei sputarmi addosso, ma non ne sono capace. Del resto, a che servirebbe?
Soltanto a togliermi una soddisfazione, credo, null’altro. A rendermi migliore non di sicuro.
Forse per stare anche solo un po’ meglio basterebbe semplicemente sparire, o magari anestetizzarmi per non avvertire la coscienza sparare a zero come non ha ancora fatto.
Ma come ci sono arrivato sin qui? Come?
Vorrei chiamare Alessia e dirle su due piedi che è tutto finito, ma se lo faccio adesso rischio di combinare qualche altro casino dei miei. Non è il caso, ne ho sin troppi di problemi. E non solo fuori di me. Anzi, senza dubbio i peggiori sono proprio dentro di me. Ma lì, ormai, ho capito che non riesco a concludere granché. E’ il territorio che conosco meglio, eppure quello in cui meno mi so muovere, e soprattutto di cui in fondo ho più timore.
Le donne mediamente sanno guardarsi meglio dentro, sanno analizzare il proprio dolore e sanno farlo più in fretta, ma soprattutto sanno fornirsi delle risposte. Sono in grado di capire dove hanno sbagliato e dove stanno sbagliando (anche se Monica credo sia l’eccezione alla regola), e si sforzano di cambiare, di ‘correggere’.
Io invece, come la maggior parte degli uomini, non sono così bravo, e in più, rispetto ai miei colleghi di sesso, sono anche molto più confuso e complicato. Il che mi rende però anche molto ‘donna’ da questo punto di vista, e quindi inevitabilmente anche imprevedibile in alcuni comportamenti. Rispetto agli altri uomini però, so parlare da solo alla grande, questo sì, è vero.
Detta così, mi verrebbe da concludere che sono una sintesi forte e completa del peggio di entrambi i sessi. Che culo…
Ricordo la frase di Claudia di quella sera al telefono: ‘…è tutto così confuso…’.
Già, Bi, avevi ragione, ancora una volta.
E’ proprio tutto così dannatamente confuso e difficile.
Fhmmm… quanto sono assurdo e ridicolo.
Mi siedo sul divano. Su ‘quel’ divano dove Monica ha trovato la prova di tutto ciò che ho combinato. Il tempo trascorso con Alessia è stato il preambolo di qualcosa che avrebbe potuto diventare molto altro, arrivando a spazzare tutto il passato. Quello di Claudia come quello con Monica, e forse è proprio per questo che lei ha perso il controllo scoprendo tutto. Deve aver toccato con mano la sensazione del perdermi per davvero, per sempre. Anche se poi è stata lei stessa, giustamente, a scegliere quella strada. Ora l’unica cosa che desidererei fare è correre. Rincorrere Monica e dirle che ho sbagliato, che sono un coglione e che ‘deve’ darmi un’altra possibilità.
Un’ultima possibilità.
Ho detto che ‘deve’ darmi?
Forse sarebbe meglio dire che ‘io ho bisogno’ che lei mi desse. IO… IO… sempre IO… sempre e soltanto IO!!
Non cambierò mai, fottuto egoista! Sono stato uno stoccafisso sino a qualche decina di minuti fa, senza la capacità e la dignità di ammettere il mio comportamento ignobile, adesso che avverto la consapevolezza di aver perso tutto quello che stavo cercando di costruire, con tanta fatica, mi sento come una bomba a orologeria.
E siccome non si torna indietro, se non riuscirò a uscire da questo senso di colpa che mi sta schiacciando e opprimendo, quella bomba scoppierà. Io scoppierò. Esploderò d’improvviso e nessuno potrà sapere che portata devastante sarà in grado di avere la mia reazione.
Su di me come su chiunque mi dovesse stare vicino. Familiare, amico e non. Ho bisogno di Monica. Ho bisogno di lei. Di lei e soltanto di lei. Sono un drogato di Monica.
Alessia non è più nei miei pensieri. O meglio, c’è ancora e c’è sempre, ma io voglio che da domani, anzi da oggi, da ora, non ci sia più. L’ho sempre detto e me lo sono ripetuto sino alla nausea che quella ragazza mi avrebbe portato solo guai.
Avevo ragione, non mi sbagliavo. Non mi sono mai sbagliato, purtroppo. Se solo avessi saputo ascoltarmi in tempo…
 
XXX 
 
 07 Dicembre 2007
 
Sono mesi che non frequento più Monica e neppure Alessia. Monica, dopo quanto accaduto quest’estate non ha più voluto vedermi, Alessia invece, ha capito e siamo rimasti in buoni rapporti. Sebbene continui a farmi il solito effetto. Adesso piuttosto, come se non bastasse, anche la salute ha deciso di darmi qualche problema. Sì, diciamo qualche…
Squilla il cellulare. Sono in ufficio, seduto alla mia scrivania. Oggi è calma piatta, posso rispondere senza problemi.
“Ehi Mary!”
“Ciao piccolo, come stai, ti disturbo?”
“No per niente, giornata tranquilla. Allora?”
“Ho avuto il referto.”
“Bene.”
“Sì… ma tu innanzitutto stai tranquillo, perché credimi non c’è motivo di preoccuparsi.”
Me lo aspettavo. Sentivo che stavolta sarebbe stato diverso.
“Non preoccuparti, ti ascolto. Lo sai, se c’è un problema far finta di nulla non serve certo a risolverlo.”
“Appunto. Ma credimi, non devi temere nulla.”
“Dimmi Mary.”
“Allora, il primo dei tre prelievi è un polipo iperplastico del grosso intestino. In pratica né più né meno di quello che ti hanno asportato quattro anni fa.”
“Ok, vai avanti. Gli altri?”
“Il secondo è un adenoma tubulare del grosso intestino, con displasia cellulare di basso grado dell’epitelio.”
Mi sembra di averci già avuto a che fare con qualcosa del genere, nel 2003, quando a seguito della prima colonscopia della mia vita, mi asportarono un polipo di quasi tre centimetri nel tratto sigma dell’intestino (l’ultimo prima del retto, per intenderci).
“In pratica lo stesso tipo di degenerazione cellulare che riscontrarono la prima volta, quattro anni fa, sul polipo più grosso, quello di tre centimetri di diametro, giusto?”
“Bravo, sì, esattamente. E come allora non c’è nessun problema.”
Quindi il problema sta nel terzo prelievo.
D’istinto la presso, voglio sapere che cosa hanno trovato stavolta. Sebbene ci stia arrivando anche da solo. Ci arriverebbe chiunque.
“Mentre l’ultimo?”
“Ecco appunto, l’ultimo… E’ un minuto carcinoide tipico, non carcinoma Claudio, che è proprio un’altra cosa, ma minuto…”
 
Tanto se devi crepare sai che differenza fa…
 
Sempre ottimista tu, mi raccomando.
 
Penso al peggio, d’impeto, e quasi mi sembra di perdermi il resto delle parole di Mariagrazia che definiscono questa bella sorpresa di stamattina.
“…carcinoide tipico ben differenziato infiltrante focalmente la sottomucosa.”
Pausa di qualche attimo da ambo le parti.
“E’ un cancro Mary, vero?”
Cinico con gli altri, cinico con me stesso.    
“Eh… potrebbe… cioè no: innanzitutto è un tumore, al momento di natura benigna. Anzi credimi, io ho parlato personalmente con il patologo, il quale mi ha ribadito che per esperienza non lo considera affatto un pericolo.”
“Non ora.”
“Sì, infatti, non ora.
Solo che a differenza di altri tumori può evolversi diventando maligno, questo è vero. Il fatto però, che sia così piccolo e che sia stato asportato del tutto, lo rende non pericoloso per il tuo organismo. Sul serio piccolo, non te lo dico solo per tranquillizzarti, ma perché è così. Non ti devi fare seghe mentali.”
“No Mary, non è questo.”
Sorride appena.
“Dai Cla, ti conosco. Adesso, appena chiudiamo, di sicuro vai su internet per leggere di tutto di più… Non dirmi che non è così!” e calca la risata.
“Sì ok, ma vorrei capire meglio.”
“Lo so, lo capisco, ma…”
E’ chiaro che mi deve dire altro.
Sa che non sono stupido e soprattutto che il mio silenzio è solo il preambolo di una lunga sfilza di domande a cui non potrà sottrarsi. E’ una lista che si allunga a ogni secondo che passa. Magari non avranno subito risposta, ma presto dovranno averne, tutte quante. Risposte chiare e complete, a costo di scomodare l’intero pianeta se dovesse servire.
“Ma che cosa Mary?” la incalzo.
Sono e mi sento estremamente freddo, come se stessimo parlando del problema di qualche altro nostro caro amico. Non so se sia un bene o un male, ma è così che mi sento. 
“Credo tu debba fare, come mi ha anche consigliato lo stesso patologo, altri esami di approfondimento.”
“TAC?”
“Sì, oppure una risonanza magnetica o una scintigrafia per capire se ci sono formazioni di questo tipo in altre parti del tuo organismo. Tutto qui.”
‘Tutto qui??’
E ti pare niente…
 
Almeno adesso, per favore, ti dispiacerebbe farti i fatti tuoi?
Grazie…
 
“Il da fare lo stabilirà il chirurgo, che dovrà essere un oncologo, appena avrà avuto il referto dell’esame istologico.”  
Solo ora il colpo comincia a farsi sentire. Dario, Carlo e Mariano che sono appena rientrati in ufficio e che siedono alle altre scrivanie della stanza, devono intuire qualcosa. Nessuno però oserà domandare. La discrezione è un ‘must’. Specie poi se uno ha la faccia che devo avere io in questo frangente. Cercano solo di indagarmi da lontano, con gli sguardi di traverso per non farsi notare, mentre fisso la base del telefono per restare con la mente nel luogo più ristretto possibile. Per il momento, almeno. Quel che attendevo di conoscere comunque, l’ho saputo, è sufficiente.
“Cla, stai tranquillo, non lo dico per circostanza. E’ un fattore di rischio, non dico il contrario, e non va preso sottogamba, ma per ora non c’è nulla per cui agitarsi. O peggio, per pensare a male.”
Non mi va di far intuire meglio ai presenti quale possa essere il problema, non è il caso, quindi decido di abbreviare la telefonata e rinviare Mariagrazia alla serata per ulteriori chiarimenti.
“Ok Mary. Ho capito, non c’è problema (altro che, se c’è il problema! Eccome, solo che ora non ci posso fare proprio niente, purtroppo…) ci sentiamo stasera per la pizza.”
“Va benissimo piccolo, mi raccomando, stai tranquillo. Un grande abbraccio, a dopo.”
“Ciao, ciao…”
Ora fingere diventa difficile. Se mi vado a prendere un caffè è meglio, non mi sentirò gli sguardi addosso e riuscirò a smaltire quest’ondata di gelo.
 

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