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A ruota libera (Cap.17)

                                                                     XVII
 
CLAUDIA
  
Domenica 30 Marzo, ore 11.20
 
Ho appena finito di fare colazione e mi va solo di pensare.
I giorni con Monica al mio fianco cominciano a trascorre veloci, e intensi. Uno dopo l’altro. La prima domenica dopo esserci messi insieme abbiamo fatto l’amore per la prima volta. Da me, nella casa al mare. E’ stato terribile e fantastico al tempo stesso. L’ansia, più la mia, si percepiva a pelle. Chiunque al posto suo l’avrebbe avvertita. Tanto quanto il mio desiderio di possederla. Dalla sua, il volersi dare a qualcuno con una storia così lunga alle spalle. Immagino, pensando che avrebbe potuto ricevere quella passione che le sue storie passate non erano riuscite a trasmetterle. Era dai tempi di Benedetta che non facevo l’amore con una donna che non fosse Claudia. Con lei, con Bi, sino al 2000 il sesso era sempre stato completo, coinvolgente, spregiudicato. Poi, tornati insieme, dopo esserci gettati alle spalle i mesi trascorsi, ciascuno ignorando cosa avesse fatto l’altro nel frattempo, le cose erano cominciate a cambiare.
Claudia era cambiata, inevitabilmente, per sempre. E io con lei. Non riuscivamo più a darci l’uno all’altro. Dal profondo, con tutti noi stessi, come avevamo fatto sino a quel momento, in tutti i lunghi anni trascorsi insieme. Mi ero accorto presto, conoscendola, che qualcosa tra di noi, di quella magia che ci aveva fatto innamorare, si era persa strada facendo. Claudia non riusciva, o forse, col realismo e il senso d’autocritica di oggi, non voleva più fidarsi di ‘noi due’. Di quel legame che era riuscito a tenerci insieme soprattutto quando gli eventi, la vita, le nostre esistenze, si erano fatte tese, terribilmente difficili, per tanti motivi. Uno fra tanti, il lungo periodo di quella sorta di depressione, non saprei come altro definirla, durato prima giorni, poi settimane, mesi, e infine anni, che mi ha accompagnato a fasi alterne all’università. Un tempo dal quale forse non sono mai uscito per davvero.
Nonostante tutto l’aiuto di Claudia. Neppure ora che scrivo…
La domenica in cui ho fatto l’amore con Monica ho cercato di cancellare ogni cosa. Ogni particolare, ogni dettaglio, ogni sfumatura, ogni gusto, ogni sapore, ogni odore e ogni emozione, soprattutto.
Il mio passato per intero, e con lui le memorie, le immagini, le sensazioni, le nostalgie e i rimpianti, le gioie e i dolori di una lunga vita insieme trascorsa l’uno accanto all’altra. Ma soprattutto, ho cercato di allontanare dalla mia mente il ricordo di Claudia, lasciando che fosse soltanto il mio istinto a guidare le azioni del momento. Lui e soltanto lui a rendermi in grado di dimenticare ciò che era stato un sentimento durato quasi tredici anni e mezzo. Sì, ho cercato di fare tutto questo, nell’arroganza e stoltezza di chi non osa neppure considerare che il passato, per fortuna, non si cancella, né si dimentica. Così come l’istinto non può annullare le emozioni già vissute, rischiarare le ombre che le hanno sfiorate o attraversate, e neppure incupire o spegnere le luci dei giorni nati e poi svaniti. Specialmente se poi, un bel dì, come oggi, dopo quasi tre mesi esatti che la tua ex ti ha scaricato, arriva la sua fatidica telefonata.
“Claaa…”
Silenzio. Non è neppure riuscita a chiamarmi per intero. La voce è tremante e rotta dall’emozione. Emozionata di sentirmi?! Possibile?
“Ciao Bi.”
La mia voce invece, resta posata e calma. Solo le mani cominciano a sudarmi, stringendo la cornetta più del necessario. Ma lei questo non può saperlo, né vederlo.
“Come stai?”
“Bene… e tu?”
Qualche secondo di silenzio. Sembrano non passare mai.
“Insomma…”
“Che è successo?”
“A me niente, ma a te come va?”
“Bi, ti ho già detto che sto bene. Sta passando.”
“Lo so, ma non intendevo quello. Voglio sapere se ti sei fatto niente?”
Per un attimo mi sembra stia sragionando, poi un secondo dopo intuisco alla perfezione dove voglia arrivare.
“Hai saputo dell’incidente?”
“Sì.”
“E da chi?”
“Ho chiamato Mary.”
“Quando?”
“La settimana scorsa.”
La cosa quasi m’infastidisce. Che titolo ha adesso Claudia per farmi domande? Il mio sguardo s’incattivisce, ma il telefono scherma tutto.
“Sto bene, per fortuna. Sì è vero, me la sono vista brutta.”
Mary le ha detto del mio incidente con la Focus. Il 25 febbraio, mentre rientravo a casa con Monica, dopo una serata a casa di Elisa, un vero idiota non ha rispettato lo stop, e sebbene abbia fatto di tutto per evitarlo, complice la pioggia c’è stato il botto. Io e Monica praticamente illesi, solo un po’ spaventati, la moglie di quel pirla invece, è entrata con la testa nel parabrezza aprendosi la fronte da destra a sinistra. Fortuna ha voluto che fossimo a poche centinaia di metri dal Policlinico, e che un’autoambulanza stesse facendovi ritorno proprio su quella strada al momento dell’incidente. I soccorritori si sono caricati la signora, mentre il simpaticone del marito si preoccupava della sua splendida auto vecchia di 20 anni, che il peggiore degli sfasciacarrozze non avrebbe mai accettato neppure per la rottamazione. Ho saputo solo qualche giorno dopo che l’avevano suturata strada facendo, con circa 15 punti in fronte, mentre la portavano al pronto soccorso per accertamenti. Magari se ci portavano quel cranioleso del marito sarebbe stato meglio.
“Non eri solo, vero?”
E ora che vuole sapere?
“No, infatti.”
Non la prendo bene, e dalla voce gelida e impostata Claudia non tarda ad accorgersene. Stavolta il telefono non è sufficiente a filtrare il mio disappunto.
“No… no… non volevo dire nulla.”
“No Cla, tu non puoi dire nulla.”
Ecco l’affondo, se l’è cercato. Sbuca da dove sbuca dopo tre mesi, e vuole pure farsi i cavoli miei? No, questo proprio no, è troppo.
“Ce l’hai con me, vero?”
“Affatto Bi. Solo la tua era un’osservazione fuori luogo. Se permetti.”
“Hai ragione.”
“Lo so.”
Fa finta di non sentire il mio tono, d’improvviso glaciale e acido. E per tutta risposta arriva al dunque.
“Come si chiama?”
“Si chiama Monica, è una mia collega.”
“L’avevo capito, prima dell’incidente Mary era stata evasiva su alcune domande, quando ci siamo sentite.”
“Forse perché non si sentiva tenuta a dirti nulla, visto come sono andate le cose.” Ancora silenzio, dall’altra parte. Assordante.
“Non sei stata tu a ripetermelo che volevi restare sola, e che non dovevamo più sentirci, in alcun modo? E’ così o no?”
“Sì, è così.”
Credo stia piangendo, ma non mi sento il cuore propenso a compatirla. So io quel che ho passato.
“Hai ricevuto la mia mail?”
“Sì, ma non sapevo cosa risponderti.”
“Ah…”
“Ora c’è un’altra persona, che vuoi che ti dica.”
Questo la fa andare d’improvviso in bestia.
“Come ‘che vuoi che ti dica?’ Cla, sono IO, Bi! La tua Bi, cazzo!!”
“Claudia, tu non sei più la mia Bi. Non lo sei più…” e mi si stringe il cuore mentre glielo ripeto, freddo, imperturbabile. Scoppia a piangere, mentre anch’io inizio ad annaspare e a perdere lucidità.
“Senti: a me non interessa di questa Monica, io… io ho sbagliato, sono una stupida… So di aver rovinato tutto, ma ti AMO, e Dio solo sa quanto ancora…”
Il pianto le confonde le parole, le distorce. Sembra la voce di un’altra. E’ da così tanto tempo che non l’ascoltavo, che ho quasi l’impressione di non riconoscerla bene.
“Non ti capisco Bi. Allora perché mi hai allontanato così?”
“Perché ho sbagliato, perché sono una stupida… totale…
Del resto tu dovresti capirmi. Ci sei passato, sei stato al mio posto, sai cosa si prova…”
Ha ragione, ci sono stato, e infatti la capisco. Non nutro, come non li ho mai nutriti nonostante tutto, sentimenti di odio, rancore, vendetta, rammarico. Solo una profonda amarezza che ha finito però, per arginare quel dolore sconfinato che mi stava consumando. Cerco di mettermi nei suoi panni, e capisco che a lei è andata peggio.
Quando io tornai da lei, nel 2000, dopo oltre quattro mesi di allontanamento totale, mi aspettava ancora. O forse aveva sempre saputo che sarei tornato, e pur non stando nella pelle dalla gioia, cercava di farmi pesare il mio comportamento. Ora però, con me è diverso. Ha trovato un’altra al suo posto. E deve anche aver intuito che non è una storia di sesso e basta. Forse Mary glielo ha prospettato, o forse è solo il suo forte istinto di donna dello scorpione che la rende consapevole. Sta di fatto che percepisce perfettamente come stanno le cose. E la circostanza l’avvelena, la lacera lì, in fondo al cuore.
“Sì, hai ragione, so cosa si prova. Infatti Bi… Claudia… non ce l’ho con te, non nutro nessun brutto sentimento nei tuoi confronti, ma in questi mesi… in questi mesi ho pensato tanto. Ho capito che comunque le cose non andavano.”
“E’ vero, ma possiamo ricominciare. L’abbiamo sempre fatto Cla. Insieme…”
“Sì, finora sì, è vero. Ma ora è diverso.”
“Perché c’è lei?”
“Si chiama Monica.”
Riprende a piangere.
“Sì, sì, è inutile che me lo ripeti, non l’ho dimenticato. Mentre invece, mi sembra che tu ti sia dimenticato di noi!”
“No, ti sbagli. Assolutamente.”
“E invece sì!” sbotta con tutto il fiato che ha in gola.
“Sono passati solo tre mesi Claudio, solo tre mesi, tu sei tornato dopo molto più tempo.”
Quasi non si capisce mentre parla piangendo, disperata. Comincio a seguirla, il muro di imperturbabilità che ero riuscito a erigere per fronteggiare una situazione simile, e che solo ora mi rendo conto, in fondo a me stesso, ho sempre saputo sarebbe arrivata, prima o poi, si sta sgretolando alla velocità della luce.
Come un castello di sabbia sulla battigia colpito dalle onde di risacca cresciute con l’alta marea.
Mi sento in colpa, tanto per cambiare. Perché sono stato più cattivo di lei, eppure più fortunato. Riesce a farmelo pesare come un macigno questo pensiero. Vorrei chiudere la telefonata, ma non posso. Non ora. Di là i miei non si sono accorti di nulla. E’ domenica, tra la televisione della cucina, e lo stereo di Flora ad alto volume, non potrebbero mai accorgersi dell’inferno che sto vivendo.
“Dai Bi, calmati, calmati…”
“Non ce la faccio, sono una stupida. L’ho detto a Mary, ho soltanto rovinato tutto, tutto…
Ho DISTRUTTO tredici anni del nostro amore, voglio morire…”
“Cla ora smettila! Falla finita!”
Ho la forza di essere duro per ricondurre lei alla ragione e me stesso a una presa di posizione che tarda ad arrivare.
“Ti prego vediamoci.”
Sapevo me l’avrebbe chiesto. Anche io l’avrei fatto. Chiunque l’avrebbe fatto. Di persona è tutto diverso, lei questo lo sa bene. Nicchio, ma la sua pressione non si allenta.
“Non so, non credo servirebbe.”
“Ti prego Cla, ti supplico…
Quando me lo hai chiesto il giorno della Befana, non te l’ho negato. Per l’ultima volta, non farlo neppure tu, ora.”
“Va bene, ok.”
Il silenzio torna a essere l’unica presenza avvertibile da ambo i capi del telefono. Ho un mal di testa a dir poco allucinante. Le tempie mi scoppiano.
“Ora devo andare. Però ti chiamo e ci mettiamo d’accordo.”
“Giura Cla, non farmi cattiverie.”
“Detto da te, guarda…
Comunque sì, te lo giuro. Ti chiamo in settimana e ci vediamo. Lo sai, mantengo sempre la mia parola.”
“Ok, ok…” sembra essersi di colpo calmata.
“Allora ciao. Ciao Bi.”
“Ciao Amore mio. Ciao Cla…”
 

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