A ruota libera (Cap.9 - Parte 1) | Prosa e racconti | Claudio | Rosso Venexiano -Sito e blog per scrivere e pubblicare online poesie, racconti / condividere foto e grafica

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A ruota libera (Cap.9 - Parte 1)

                                                                            IX
 
LA PRIMA USCITA TRA COLLEGHI
 
  
Lunedì 09 gennaio 2006
 
Da oggi si cambia vita.
Mi sono appena alzato, e qualcosa mi dice che non sarà una giornata come le altre. Come la maggior parte di quelle trascorse dal nove dicembre in poi. Venerdì ho visto Claudia per l’ultima volta e ora, dopo il suo definitivo rifiuto, la mia anima si sente finalmente in pace.
Sa che non c’è più nulla da fare, che è bene sotterrare per sempre ogni speranza. Inutile cullarsi nell’idea che un giorno le cose potranno, o potrebbero cambiare. Conosco bene Claudia e quello di ieri era un addio vero e proprio. Non vedeva l’ora di andarsene, di scendere dall’auto e farla finita con noi due.
Glielo si leggeva in faccia: cancellando il mio volto dai suoi occhi, anche buttarsi il passato definitivamente alle spalle sarebbe stata cosa più facile e indolore.
Spero per lei sia davvero così. In caso contrario, qualora dovesse un giorno rendersi conto di aver commesso un clamoroso errore, di aver sbagliato alla grande, il rimorso e i rimpianti per ciò che ha fatto a me, e a noi soprattutto, potrebbero finire per renderle la vita impossibile, un vero incubo. Non glielo auguro, vada pure felice e serena per la sua strada, io sto imboccando la mia. Dopo tanto penare, con ancora dentro il dolore, enorme, cui lei mi ha consegnato, e che da oggi in avanti spero di riuscire a gestire al meglio. Sino a quando non sarà altro che un duro, ma lontano ricordo. Vado a godermi il mio cappuccino bollente. E’ in cucina, pronto, che aspetta. La colazione mi aiuta a pensare, a predispormi con il giusto umore al resto alla giornata che attende.
I minuti, dopo un’infinità di tempo, tornano a scorrere in fretta, e tra un po’ devo essere in ufficio.
 
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“Ehi Eli, come va stamattina?”
“Freddo Cla, davvero freddo” sorride.
Elisa è una delle mie colleghe preferite. Ingegnere anche lei, con una passione ai limiti del fanatismo schizo-paranoide per la fisica e quant’altro orbiti intorno a quest’affascinante materia.
E’ sposata dall’estate dell’anno scorso con Leonardo, un ricercatore di Fisica dell’Università di Bari, trapiantato momentaneamente al CERN di Ginevra. Elisa invece, spera che il suo incarico divenga definitivo da quelle parti, o comunque all’estero dove la ricerca è una cosa seria, così da poterlo raggiungere nel più breve tempo possibile.
Nel frattempo lui fa il su e giù continuo, Bari-Ginevra, Ginevra-Bari, con la valigia sempre pronta e una mogliettina ad aspettarlo, pimpante e dinamica peggio di un elettrone impazzito. Lui credo un po’ ne soffra di questo tran tran, lei al contrario sarebbe ultra felice di riuscire a stabilirsi lontano da questa città di zoticoni, dove i concetti di civiltà, sviluppo, ricerca e competitività a malapena si sa come scriverli. Quanto vorrei anch’io trovare il coraggio di andare via, in questo momento. Trasferirmi all’estero, magari nel Regno Unito, o ancora meglio in Irlanda, la nazione d’Europa culla del progresso, di ingegneri, fisici, matematici e chiunque voglia conquistarsi un incarico professionale di tutto rispetto nel mondo moderno. E invece sono qui, in un’azienda come tante altre, lontana anni luce dai miei studi universitari, tanto quanto dalle mie aspettative e aspirazioni professionali. Soprattutto, che so bene non mi darà mai nulla di diverso dal mio stipendio mensile e una buone dose di stress psicofisico che non fa che crescere ogni giorno, sempre di più. Lasciamo perdere. Anche questo nella mia vita cambierà. Tutto cambia prima o poi. Sempre e comunque. Che uno lo voglia o meno. Purtroppo, o per fortuna.
“Vuoi un caffè, Eli?”
Ci pensa, forse lo ha già preso da poco.
“Ma sì, perché no.”
“Perfetto, allora passiamo a chiamare Carlo e poi andiamo giù alla macchinetta.”
L’ufficio di Carlo è dall’altra parte del corridoio, speriamo non sia impegnato con qualche rogna delle sue.
“Che fai uomo, ci raggiungi per un coffee?”
“Sì Cla, dammi solo un minuto, arrivo. Consegno queste carte in segreteria. Voi cominciate ad andare.”
“Ok, ti aspettiamo giù.”
Fa freddo, nonostante il riscaldamento centralizzato, ma quello peggiore da vincere e far fuggire via, per sempre, è quello che mi è rimasto dentro. Arriva Monica, più carina che mai. Scende le scale con la sua classe inconfondibile, insieme a Luigi, un giovane collega del suo stesso ufficio.
“Ciao ragazzi” salutano entrambi.
“Ehilà, ma che piacere…” la faccia tosta con una ragazza non mi manca mai. Questo anche Claudia lo sapeva bene. Arrivano subito dopo, a ruota, Carlo e poi Leo, a distanza di pochi secondi l’uno dall’altro. Ora sì che siamo davvero al completo. Ci siamo tutti, o quasi, quelli che vanno sinceramente d’accordo, senza invidie, gelosie, e animati soltanto dal piacere di scambiare due chiacchiere tra colleghi. Pian piano, anche un po’ amici.
“Tieni Eli” le porgo il suo caffé bollente.
“Tu Monica che prendi?”
“Offri tu?
Ma toglimi una curiosità, nel tuo ufficio sei l’unico ad avere la chiave della macchinetta?”
“No, semplicemente mi piace farlo. Non posso?”
“Come no! Un caffé macchiato stoppato a due, grazie.”
Luigi se la ride, come i restanti presenti. Non è difficile intuire che tra me e Monica c’è una forte simpatia. Solo quella per il momento, ma chissà, non escludo che prima o poi ci possa essere dell’altro. Molto altro. Si comincia a parlare del più e del meno, sino a quando mi faccio coraggio, e armato di nonchalance, la butto lì aspettando la reazione dei presenti.
“Perché non andiamo a farci una pizza, venerdì sera?”
Si guardano tra loro, neanche avessi chiesto dei soldi. Ma è solo un normale, istantaneo smarrimento. Cerco di capire la reazione di Monica, e non mi sembra impassibile all’idea. Ho come invece, l’impressione che non stesse aspettando altro.
“Sì, perché no” è la prima a rispondere. Sembra soddisfatta, ma aspetta che anche i restanti diano la loro adesione. Forse si sta solo pentendo di essere stata tanto impulsiva nell’accettare. E’ come aver scoperto le proprie intenzioni, i propri interessi prima ancora di aver sondato a dovere quelli altrui. Sa che mi sono lasciato da circa un mese con Claudia, quindi a maggior ragione immagina la mia mente non sia scevra da pensieri di sorta.
“Sì, io ci sto” aggiunge Carlo.
“Anch’io” si accoda Elisa. Leo non si discosta dalla decisione comune. Luigi è l’ultimo a dire sì, forse perché essendo il più giovane di tutti teme di non trovarsi a suo agio, fuori dall’azienda, con persone che hanno non meno di sette, otto anni più di lui.
“Monica, ma esce anche tua cugina Francesca?” aggiunge lui con la massima faccia tosta.
“E chi è?” gli chiedo guardandolo, visto che so per certo non esserci nessuna collega con quel nome.
“Luigi, lascia stare, mia cugina non è per te, fidati!” replica Monica.
“Stai scherzando? L’ho incontrata al matrimonio di tua sorella è so che è la donna della mia vita!”
“Ah sì? Ma non era Cinzia, o mi sbaglio?” continua il battibecco tra i due. Noi altri assistiamo divertiti.
Quando si punzecchiano così, quei due sono un vero spasso. Lei si ostina a fare la parte della donna matura, che può e quasi ‘deve’ elargire consigli agli imberbi, lui al contrario non elemosina la più classica delle spavalderie di giovane assetato di vita. Cinzia è la ragazza di Luigi da circa tre anni, ma non è la prima volta che si può subodorare la loro relazione stia attraversando un fase di stanca.
Per non dire di vero e proprio trascinamento. E’ facile intuirlo, del resto, quando da una delle due parti si manifestano chiari segnali d’insofferenza e di ricerca di altri lidi sentimentali. E Luigi è da tempo che ne sparge sapientemente in giro, di questi segnali. Forse spera che stavolta sia quella buona per dare un virata concreta e radicale alla sua vita affettiva. A 25 anni, in fondo, è anche normale.
Io invece, a quell’età ero perdutamente innamorato della mia Bi...
Meglio non pensarci.
“Allora? Facciamo venerdì sera alle dieci, davanti al bar in via Matarrese, così non c’è problema per fermarsi con le auto?”
La faccia convinta e assenziente di tutti mi porta a cominciare a pensare una possibile meta dove inaugurare questa prima uscita tra colleghi.
Prima di congedarmi dai presenti però, devo riuscire a strappare a Monica la possibilità di poterla andare a prendere. Anche stavolta mi viene incontro la proverbiale faccia tosta di una vita spesa a essere estroverso, sino alla sbruffoneria, se non proprio all’insolenza. Non trascurando mai, che al di là delle apparenze, spesso è in realtà quella spavalderia ad attrarre una donna. Del resto, che altro ho da perdere ormai?
Già…
“Se credi, potrei passare a prenderti io, non vorrei non riuscissi ad arrivare in tempo all’appuntamento” le sussurro quasi con aria ironica e distratta, cercando di non darle troppo peso.
Mi guarda. Ha capito tutto, e soprattutto ora ha qualche certezza in più. Sa che è un possibile inizio, e che non se lo può far sfuggire. Non deve, se pensa di tenerci un minimo a conoscermi meglio. Infatti non ci prova neppure a fare la preziosa, è una donna di classe, sa come dosare la sua presenza. Quando forzare il suo corteggiatore a non insistere più di tanto, e quando invece, sia del tutto inutile o prematuro dissuaderlo garbatamente da qualunque iniziativa.
“Perché ti dispiacerebbe non vedermi?”
“E’ ovvio! Secondo te perché sto organizzando tutto? ” replico con una faccia di bronzo che neppure io avrei mai pensato di saper ostentare con una collega.
“Quindi vorresti dire che siccome non hai il coraggio di invitarmi a cena, preferisci nasconderti dietro un invito collettivo?”
“Chi, io? Ma scherzi? E’ solo che so quanto sei importante…
Dovrei mettermi in fila, tra fornitori, commerciali, geometri, ingegneri e chi più ne ha più ne metta! Per il momento quindi, mi accontento della tua presenza.”
“Che carino…” è ironica.
“Per il momento ho detto” ripeto tra i denti, ma così che comunque legga tra le mie parole la punta di perfidia con cui voglio venga vista la mia sicurezza.
E’ evidente si senta comunque particolarmente soddisfatta da quella sbruffoneria. Si comincia il gioco delle paroline, dei sottointesi, del gatto con il topo. Nell’assoluta comune consapevolezza che al mutare degli eventi, delle circostanze, ciascuno dei due può essere l’uno o l’altro. La situazione, nel frattempo, ha coinvolto anche gli altri che momentaneamente si erano defilati a parlare di questioni di lavoro. Non solo Monica ora ha capito le mie intenzioni. Solo che nessuno osa insinuare nulla. Sono tutti persone intelligenti, sanno che la discrezione è l’arma vincente per non rovinare sul nascere situazioni delicate.
Tra l’altro, sono anche consapevoli che sto cercando di uscire da un periodo difficile, quindi non possono che essere felici se il pensiero di Claudia si allontana con maggiore velocità dalla mia mente. Come dal mio corpo, e dal mio vivere quotidiano soprattutto.
“Ok, allora ci sentiremo in serata per metterci d’accordo” mi risponde Monica cominciando ad andare.
“Come vuoi, in ogni caso ci vediamo prima, in azienda intendo.”
Sorride maliziosa, poi mi saluta con un tono della voce da cui si capisce che è felice sia stato io a fare il primo passo. Adesso però, non vuole eccedere nel darmi soddisfazione. Il suo fascino è anche quello: connubio accattivante di bellezza femminile e altezzosità di donna, sfuggente e stratega, in grado di renderla inavvicinabile a molti, e conoscibile da pochi, pochissimi. Comunque è fatta, obiettivo raggiunto. L’uscita tra colleghi è decisa. Spero solo possa essere la prima di una lunga serie in grado di dare una svolta, nell’immediato, ad abitudini e pensieri della mia vita passata con Bi.
Per tredici anni e mezzo, quasi.
 

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