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Sulla terrazza del Paradiso

 
 
Il lago è increspato. Il vento solleva l’acqua creando piccole onde che si rincorrono tra loro lasciando dietro di sé un filo bianco di schiuma. Il colore va dal verde al blu ed è striato dal chiaroscuro delle correnti.
L’isola di San Biagio, detta dei Conigli, appare come una lingua di terra che si allunga laggiù a ridosso della rocca di Manerba. Sirmione s’indovina appena tra la foschia che sembra proteggere il baluardo e le mura delle terme di Catullo.
Scendendo da Muslone la strada è un serpente che si contorce tra gli ulivi, spuntoni di roccia, piccole vigne, giardini. Le case mantengono la loro quiete misteriosa nascondendosi tra i profumi e le mille sfumature dei colori della montagna. Più giù, verso Gargnano, il verde è macchiato qua e là dal grigio di centinaia di colonne che testimoniano un pezzo di storia del Garda legata alle limonaie. Sembrano scheletri di pietra incolonnati, silenziosi e tristi.
Il cane, un alaskan malamute dal pelo lungo, grigio e bianco, mi viene incontro scodinzolando. Ha la lingua di fuori. Fa caldo, il caldo d’agosto.
Mi fermo al ciglio della strada, sulla ghiaia che mi scricchiola sotto la suola delle scarpe. Lui, il cane, mi guarda. Ha il fiato corto.
Lei spunta all’improvviso dalla curva.
È giovane, bionda. Sembra molto bella. Indossa una t-shirt gialla con una scritta in una lingua che non riesco a tradurre. Scarpe Nike, pantaloncini corti, blu con banda gialla. È un po’ affannata. Chiama il cane ad alta voce. Una sola volta. Sorride.
«Shultz!»
Il cane ha uno scatto improvviso. S’acquatta davanti ai miei piedi, resta immobile, aspetta.
Lei s’avvicina.
«Cane disubbidiente!»
Lo sgrida con la mano a mezz’aria e l’indice allungato. Mi guarda trafelata.
«Scusi, non fa male. Lui socievole.»
Adesso è molto vicina. La osservo con più attenzione. Ha gli occhi di un colore che il lago le invidierebbe. Gambe lunghe. La pelle chiara, sudata.
«Sì, ha proprio l’aria del giocherellone.»
Denti bianchissimi, piccoli, leggermente in fuori.
«Giocherellone? Io non capito.»
«Che ama giocare. Affettuoso.»
Un riflesso diverso nell’iride che mi rimbalza dentro.
«Lei abita qui?»
«No, sono solo un ospite… lassù, vede? Quella costruzione in pietra. Una limonaia.»
«Limonaia?»
«Sì, un tempo ci coltivavano i limoni. Su questa parte del Garda ce ne sono parecchie. Hanno tutte quelle colonne di pietra, servivano a fissare la copertura per proteggere le piante durante l’inverno.»
«Sarà bello il lago da lassù.»
«Sì, incantevole.»
«L’Italia è un paese stupendo. Io svedese, Goteborg. Freddo, molto freddo.»
«Però le ragazze sono belle, molto belle.»
«Grazie. Lei gentile.»
Un gesto della mano alzata, ancora quella luce negli occhi. Sembra che perfino il cane sorrida mentre insieme riprendono la marcia.
Faccio due passi e mi volto. Li guardo finché entrambi spariscono dietro il grigio rugoso del muro di protezione di una casa.
 
 
La sera salgo al ristorante Paradiso in compagnia di Monica e Valerio. Mary, la mia compagna, ha prenotato un tavolo sul terrazzo che si apre a strapiombo sul lago.
Laggiù, le luci bianche e gialle di Gargnano, Bogliaco, Toscolano e dei cento paesi che si rincorrono tra il nero lucido dell’acqua e le macchie scure della montagna, regalano un effetto che mi sorprende, quello dei contorni frastagliati di un grande albero di Natale.
Ci sediamo quasi ipnotizzati da tanta bellezza. L’aria è ancora calda. Le foglie degli ulivi hanno un colore come d’argento.
Lei, la svedesina, è seduta tre tavoli più in là. Il cane è accucciato al suo fianco. Faccio finta di non accorgermi di lei. Poi la guardo. Lei mi vede e mi sorride. Credo di arrossire. Parlo con gli amici, ammicco, ascolto. Ogni tanto alzo gli occhi. La cerco. Il suo braccio è allungato sulla tovaglia bianca del tavolo. La mano stringe un’altra mano e la stretta ha il sapore e il calore di una carezza. Una carezza d’amore.
La donna che le è seduta di fronte è altrettanto giovane, bruna, di corporatura robusta. Si guardano negli occhi e incredibilmente la dolcezza che trapela da quel guardarsi mi scalda il cuore.
Brindo con gli amici alzando il bicchiere. Una luna esagerata si specchia sul lago e i riflessi hanno un che di magico e di romantico. Si allungano sull’acqua lucenti, bianchi e sembra quasi che vadano a toccare l’infinito.

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