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Semplicemente... di Là

Andrea ha paura di perdersi. Andrea ha paura che lui torni. Andrea ha paura di scivolare nuovamente in quel mondo. Un mondo sconosciuto, spaventosamente frenetico al quale a fatica si può resistere. Chiama Flavia, che lo ama e lo vuole salvare. Ma come? Sono una cosa sola loro due, e se uno si perde…
 
 
 
 
 
 

 

 

 
 

- Flavia! Cavoli, ho cancellato l’sms!
Che numero avevi detto per il nuovo gestore?
Dai dai!
Allora : 339 o 335 non mi ricordo… Flavia!!!
E io, come ti trovo ora?
Rincoglionito multimediale che sono...
bacio!-
Andrea le lasciò questo messaggio nella segreteria telefonica e Flavia, ascoltandolo sorrise divertita: “Come poteva aver dimenticato una cosa del genere? Giocherellò con la penna chiedendosi se torturarlo con una mancata risposta, poi, sempre con la penna, digitò velocemente il numero sulla tastiera del telefono. “
- Pronto?-
Flavia rimase in silenzio: la voce all'altro capo del telefono non era quella che lei si aspettava di sentire.
- Sì pronto? Chi è?-
- Sono Flavia! Tu chi sei?-
- Cercavi Andrea? Andrea non c'è. Quell’Andrea non c'è. Si è allontanato “momentaneamentalmente”. Io sono il suo guardiano, o se vuoi, sono il portiere del suo personalissimo condominio. Di fatto, sono una specie di Andrea, depurato, non inquinato dallo sporco che Andrea deve affrontare giornalmente. Se vuoi, di pure a me, cara.-
- A te? Non ci penso nemmeno! Ma chi cazzo sei TU?-
Riagganciò arrabbiata ma con mano tremante, non dalla rabbia, ma dal terreno subito sfilatole da sotto i piedi. Perlomeno, questa era la sensazione che provava in quel preciso momento. Rimase immobile, per paura di non trovare un pavimento a sorreggerla.
Come poteva essere? Cosa era accaduto?
Guardiano?
Di che si trattava?
Le domande le si affollavano in testa, respirò a fondo, riemerse dallo stato di torpore indotto dalla voce piovuta dall’altro capo del telefono, si schiarì le idee e poi prese la decisione.
- Quasi, quasi richiamo... - pensò Flavia... – Quasi, quasi richiamo, devo capire, se era uno scherzo, o se qualcosa mi sta sfuggendo.-
Flavia sapeva intimamente, che non si trattava di uno scherzo, ed altrettanto intimamente, sapeva che stava accadendo qualcosa di non percepibile bene all'istante, qualcosa di finemente fuori dagli schemi razionali, con i quali era abituata e ben contenta di confrontarsi.
Rifece il numero. Rimase in attesa.
Cuore che cominciava ad aumentare i battiti. Tensione paura emozione e senso di vuoto, era ciò che viveva in quell'attimo. Gola arida.
- Pronto?- questa volta un'altra voce, stanca, turbata, rotta dalla vita.
Flavia attese
- Pronto, chi è?- e attese
- Flavia sei tu?- lei annuì
- Andrea! Lo sapevo che eri tu!- lei sorrise
- Oh, si, sorridi, ti preferisco quando sorridi. -
- Andrea, Andrea ora sei tu, lo sento, TI SENTO. Ho chiamato prima e… -
- Si, si Flavia, lo so, SO. Ora sono io, parlami, parlami ti prego. Parlami forte, irrompi come credi, urlami, ma tienimi qui. Ho avuto paura di non tornare. Sono ancora scosso e impaurito, sudato, e tremo che non riesco a fermarmi. È stato un corto circuito credo, troppo, troppo, TROPPO di tutto e non sono riuscito a fare fronte. Una esplosione di input, io non riesco Flavia, non riesco a gestire....
Sono tornato ora, lo sento, sono tornato e tienimi qui. Di là, di là, tu non puoi nemmeno immaginare cosa si può trovare. È tutto troppo distante, diverso. Il buio? Il buio non esiste, il buio è luce accecante là, rispetto a quello a cui siamo abituati qui. Tutto amplificato, odori, profumi, luci, sensazioni emozioni, di là, tutto ti arriva come una valanga. Non puoi resistere, non puoi non resistergli...
Flavia, non lasciarmi... -
Era un fiume in piena, acque agitate che sbattevano da una sponda all’altra, Flavia se ne rendeva conto, e lo lasciava sfogare.
- Io non ti lascio Andrea, no, io non ti lascio ne mai ti lascerò, ma mi spavento ora, non ti capisco, non capisco cosa succede, non so cosa stai combinando. Che diavolo succede Andrea??? –
Era amore miscelato alla paura di perdere un amore, in quel momento.
Era una paura miscelata all'amore per una persona che no ndovevi perdere, entrambi lo sapevano.
Si era amore.
Era la colla, che teneva saldamente ancorato a terra Andrea.
Il collante al quale si aggrappava con tutte le sue forze.
Sentiva che stava cambiando qualcosa, che stava accadendo qualcosa. Una trasformazione, un elevarsi ad uno stato puro di pura forza mentale, uno stato dove lasciare decantare la materia più pesante.
Si sentiva scivolare via a volte, sciogliere come ghiaccio al sole, e come liquido fluire via, in… in quel posto, o forse in quella idea di posto, che lo affascinava e terrorizzava nel contempo. Lo terrorizzava, ma lo affascinava, sempre di più.
Alcune volte si accorgeva di quando stava per accadere, e con uno sforzo, con la ripresa di attività improvvise, riusciva ad ancorarsi a terra, a questa terra. E il pensiero costante di Flavia, il pensiero di potere perdere Flavia, lo aiutava a vivere dove normalmente si vive. Dove normalmente tutti viviamo.
Era da tempo ormai, che Flavia aveva percepito questi cambi di umore, queste assenze, a volte fisiche a volte mentali.
Quelle fisiche si manifestavano con una improvvisa mancanza di percezione della sua presenza, probabilmente si trattava di soli pochi attimi, ma, come in un sogno, anche in soli dieci secondi, si possono sognare intere vite, intere passioni.
Era da tempo che non vedeva brillare più l’aura di Andrea, quella, assolutamente terrena, aurea splendente, radiosa, che lo aveva contraddistinto da sempre, e che la aveva catturata ormai dieci anni fa.
Sorrise tra sé e sé, mordendosi le labbra e pensandosi addosso quei dieci anni. Roba da non credere, dieci anni passati veloci, vissuti intensamente, spremuti come arance siciliane a succhiarne tutto il nettare. Lei sapeva nel suo intimo, che se anche al sua aura stava perdendo di intensità, lei sapeva che bastava poco, pochissimo per avere ancora il suo Andrea così com'era: splendente di luce multicolore, come spesso diceva la gente che lo conosceva e frequentava giornalmente.
- Sono qui, Andrea, non ti lascio, raccontami, raccontati... –
- Flavia, vorrei che mi raccontassero, che mi raccontassero gli altri. Io non so più… sono confuso, spaventato. Non so cosa mi stia succedendo. Mi rifugio nell'amore, nel tuo amore, e trovo equilibrio. Ma arrivano ondate, ondate come di energia, che mi spiazzano e mi portano via. Ho sognato e continuo a sognare, un Andrea che mi lascia con le gambe rigide, non mi permette di potere scappare da Lui.
È un Andrea... che si definisce -depurato-. -Io sono il tuo guardiano- mi dice. Ho sognato e continuo a sognare, ti dico. Ma non è vero, lo so. Io ci sono stato e ci continuo ad andare, ecco la verità. No, non sono sogni, ma si tratta di uno stato di sublimazione che mi porta a sciogliermi, smaterializzarmi e a trovarmi improvvisamente.... là, di là.
Là è dove posso credere che valga la pena, è dove non ti senti svuotato, dove non sento crescere ed esplodere quelle palle di nero dentro al petto. Dove ci sono i colori che non conosci, Flavia. Esistono colori che sembrano pensati da gente che non conosce i colori, sono idee di tonalità che non esistono. È la dove capisco, dove attingo, dove mi sfamo, ed è qui dove distribuisco.
Ed è qui dove distribuisco.
Ma ho paura, di non essere più capace a tornare, un giorno.
- Flavia, io… io ho bisogno di sapere quanto vale il tuo amore. –
- Andrea io ti amo, non ti lascio, non posso farlo, ne qui, ne là. Sono in te, parte di te, condivisa e complementare al tuo essere te, al tuo essere in te, al tuo non essere in te… Sono la certezza del tuo essere complementare, sento i miei vuoti colmi del tuo saper riempire, inutile negare, trattenere... -
Avvenne mentre lei stava ancora parlando, quasi farneticando, senza rendersene conto.
Avvenne semplicemente. Si persero l'uno nell'altra, infinitamente, dolcemente... si persero e non tornarono più indietro, perché non ce n'era bisogno, vagarono per quei mondi, in quella specie di mondi, fatti di energia, immaginazione, fatti di estratto concentrato di universo. Viaggiavano mano nella mano, cellula nella cellula, frammisti, vagarono.
Lasciarono solo un'immagine vuota alle loro spalle, due contenitori vuoti.
I rispettivi genitori, quotidianamente, li vanno a trovare in clinica, dove sono ricoverati da mesi ormai.
Ma non hanno perso le speranze, perché li sentono vivi, vibrare, anche se davanti si trovano due corpi inermi, occhi vuoti, ridotti allo stato vegetale.
Li hanno lasciati vicini su un unico letto, perché, se anche immobili ed inermi, continuano impercettibilmente con viso sereno, a stringersi la mano.
 
 
FINE
 
(un grazie ad Angela, vecchia amica, che ha spinto tasti entusiasta assieme a me)

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