Sincronicità (a quattro mani con Max Pagani) | Prosa e racconti | Franca Figliolini | Rosso Venexiano -Sito e blog per scrivere e pubblicare online poesie, racconti / condividere foto e grafica

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Sincronicità (a quattro mani con Max Pagani)

 Lei spostò il bicchiere sul tavolo per nessuna ragione apparente e immediatamente, come in un flash, fu colpita dalla consapevolezza che un altro, in qualche luogo, stava facendo esattamente lo stesso gesto, anche lui per nessun motivo.
Le succedeva di frequente, da qualche tempo a questa parte: immaginare, no, immaginare non è la parola giusta, sentire, ecco si', sentire che ci fosse un altro essere in sincronia con lei, in qualche angolo del mondo. Una persona che, in un dato momento - casuale ma, assolutamente predestinato, come avrebbe detto Robert Scheckley - compiva le sue stesse azioni, si poneva le sue stesse domande, dava le sue stesse risposte.
No, no, non stiamo parlando di cose come l’altra metà della mela: era qualcosa di diverso. Era più che sintonia, era sincronicità: contemporaneo fibrillare di sinapsi, come si dice accada ai gemelli.
Ecco, si. Quella era la parola giusta: un gemello. Da qualche parte nel mondo c’era un suo gemello, lo sapeva. Lo sapeva. Ma, data questa consapevolezza, sorgevano due questioni.
La prima era: doveva cercarlo? Ovvero, sulla base di questa consapevolezza non suffragata da prove concrete, doveva imbarcarsi nell’impresa di frugare il mondo per trovare il gemello, col rischio di non trovarlo, o di fermarsi a surrogati che l’avrebbero inevitabilmente delusa?
La seconda era: come, come cercarlo? Tra i venti miliardi di individui che oggi, nel 2136, affollano il mondo, come diavolo trovare il suo unico gemello? Non era una che si imbarcasse in un’impresa per perdere. A lei piaceva vincere. Ed anche al suo gemello....
 
Lui spostò il bicchiere sul tavolo, per nessuna ragione apparente e immediatamente, come in un flash, fu colpito dalla consapevolezza che un'altra, in qualche luogo, stava facendo esattamente lo stesso gesto, anche lei per nessun motivo.
Succedeva, inutile negarselo, succedeva spesso in quegli ultimi mesi, e sempre più frequentemente. Lui sapeva per certo oramai, che una persona, in un dato momento - casuale ma, assolutamente predestinato, forse compiva le sue stesse azioni, forse si poneva le sue stesse domande, forse dava le sue stesse risposte.
Con poco piacere rimbalzava indietro con la mente, nel confuso ricordo di quel forte esaurimento, di quel drammatico incidente, di quella devastante operazione, e di quella assenza, durata anni, assenza da questo mondo di parole, di suoni, di vita quotidiana. Un corpo assente steso su un letto di ospedale, presente come corpo, assente come essenza. Ora era Exsenza, ora era, qui. Con la sua grossa cicatrice simile ad una cerniera lampo, che gli sigillava la testa da un orecchio all’altro, a celare e tenere ben chiusa la pappa densa grigia, che suo malgrado, lavorava a ritmi gestibili.
Nei momenti di sconforto, pensava che, dopotutto, la sua cicatrice gli cuciva un orecchio con l’altro, modello autostrada per ubriachi, almeno girava dalla dark side of the head, lasciando intonso un viso, che presentava lineamenti degni del miglior Bowie d’annata.
Nei momenti peggiori, quelli brutti brutti, pensava solo a “cicatrice del cazzo” e “maledetta calvizie del cazzo”
Nei momenti normali, gli veniva in mente un antico fumetto, un tale Homer Simpson, un pessimo personaggio con pessimi superstiti capelli, alcuni dei quali formavano dietro la testa un cicatrice simile alla sua.
Era completamente calvo già a 20 anni. Ora ne aveva …, no, ai fini del racconto, non importa quanti ne avesse.
Ora era solo che sempre più spesso, sempre più spesso… lui di scatto e all’improvviso “Gemella, dove sei?”
 
Anche quel giorno era passato senza che lei fosse stata in grado di elaborare una strategia sensata per cercare il suo gemello. Sospirò chiudendo il pc e preparandosi ad andare a casa. Non ne aveva molta voglia. C'era quel pensiero che la pungolava come un tafano... Ah, basta! - pensò. Doveva trovare il modo di distrarsi. Decise cosi' di andare in libreria a cercare un libro che le sembrava di aver letto molti anni fa e che voleva rileggere. Apparteneva a un qualche periodo della sua vita di cui... come dire? C'era stato un incidente o qualcosa di simile. Lei era stata assente in qualche modo, in questo qualche periodo della sua vita... Ma non ricordava niente. Niente. Zero. Vuoto assoluto.
Pieno relativo.
Entrò nella libreria, si guardò in giro cercando lo scaffale della Q. Q come Queneau. Raymond Queneau, "I Fiori Blu", nella traduzione di Italo Calvino. Era quello il libro, si. Arrivò allo scaffale, percorse con le dita le coste dei libri finché il suo indice andò a sbattere contro un volume che era stato tirato un pò fuori da qualcuno. Provò la stessa sensazione che si ha in aereo quando c'è un vuoto d'aria. Era proprio i "Fiori blu" di Queneau. E qualcuno lo aveva sfogliato. "Ma che succede oggi, tutti a cercare Queneau?", disse il commesso alle sue spalle facendola sussultare. Lei si girò e chiese concitatamente: "Chi, quando?". "Ma... dieci minuti fa. Un signore calvo...".
Era lui, il gemello. Inutile razionalizzare, cercare di dare spiegazioni, inutile tutto. Era lui, LUI, ne aveva la certezza, anche perché lei era colei che di fatto, ora, sta redigendo questo racconto. (!)
Lo sapeva. Lo sapeva. Si guardò intorno, ma non c'era nessun signore calvo. Corse fuori, nella galleria, ansante per l'emozione --- Ecco, là. C'era uno senza capelli. Lo raggiunse, lo costrinse a girarsi e... No, non era lui. Lo seppe immediatamente. Sguardo bovino, guance rilasciate, nemmeno un guizzo di curiosità quando lei l'aveva travolto... Non era lui. Girò di nuovo lo sguardo intorno. Ma quanti cazzo di calvi ci sono in giro? - pensò. Decine. Fottutissime decine. Non aveva mai riflettuto su quanto l'alopecia affliggesse il mondo maschile, porca di una porca puttana.
Eccola là, col cuore in tumulto. Niente gemello. E niente "Fiori Blu": nel frattempo la libreria aveva chiuso... Chinò il capo, e mestamente si preparò ad andare a prendere l'elitaxi per tornare a casa. Guardava a terra, calcolando mentalmente quante fossero le mattonelle che ricoprivano il pavimento della galleria... I numeri erano rassicuranti. Le piaceva calcolare. Era cosi' assorta che non vide proprio il tizio. Gli andò a sbattere contro. Scusi - mormorò, sempre ad occhi bassi. Il tizio non rispondeva cosi' lei lo guardò. Sembrava David Bowie ai tempi de "L'Uomo che cadde sulla Terra". A parte che... era calvo, ovviamente.
 
Lui alzò gli occhi da terra e le disse semplicemente: "Sono 47253 mattonelle. Levando gli sfridi, le giunzioni, e quelle sagomate".
“Chi sei tu? Che tipo di gemella sei? Mi dai o mi sfili via quel che mi rimane?”
Troppo semplicistico dire bello, pensò lei. Non faceva onore al loro vocabolario ed ai circa 5000 neo vocaboli del nuovo Zanichelli edizione 2136. Lui non era solo perfetto, era un faro acceso, ma in una giornata dove il sole la faceva da padrone. Le venne in mente un testo di molti e molti anni fa – Forse per via di quegli occhi di ghiaccio cosi difficili da evitare ... - Due occhi di ghiaccio che lei non voleva assolutamente evitare.
Aveva davanti a se un contenitore di risposte e forse anche un dispensatore di stabilità. Ed era anche un raffinato calcolatore.  
"Chi sono io? Non lo so. So ora per certo che sono funzione di ciò che sei tu."
“Siamo complementari?” Lo dissero all’unisono.
Si guardarono con una specie di sorriso mal celato, e consapevoli di un enorme punto interrogativo che pendeva sopra le loro teste, a mò di pendolo. Domande alternate e risposte che arrivavano piano piano, chissà da dove.
Non avrebbero mai saputo di che tipo di esperimenti erano stati oggetto entrambi, nel loro periodo di assenza. Non avrebbero forse mai saputo, di cosa la specie umana era capace di mettere in atto per sfamare la propria sete di conoscenza e l’incontenibile voglia di sperimentare l’appena conosciuto. Non sapevano di essere monitorati ed osservati ogni minuto.
Si incamminarono inconsapevoli di cosa effettivamente gli avessero combinato in testa. Lui, osservò la delicata cicatrice molto ben nascosta tra i folti capelli di lei. Gli arrivavano pensieri che altro non potevano che essere definiti complementari. Ebbero addirittura un potente orgasmo mentre attraversavano la strada, che li lasciò spiazzati.
Non sapevano di essere osservati. Non sapevano di essere gemelli a tal punto, che l’ombra che si lasciavano alle spalle, era ormai diventata unica.
 
Fine (per ora) 

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