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Una storia

Ogni tanto mi viene voglia di raccontarvi semplici ricordi e vi racconto storie scritte da me in vecchi quaderni o vecchi foglietti accumulati nella vita:
Ho sempre avuto la mania di scrivere storie e lo facevo già a sei sette anni, però mi vergognavo di dirlo e firmavo  con uno pseudonimo: Miriam Mira.
 Una delle prime storie che volevo scrivere mi era stata ispirata in una estate del primo dopoguerra. Ero in ferie al mare, invitata dalla mia madrina di cresima che era poi la mia insegnante di latino e quella che mi aveva preparata per gli esami di ammissione alle medie.
   Eravamo a Vasto marina e oltre che andare in spiaggia, spesso nel pomeriggio ci si recava da una sua amica, che viveva sola in un grande palazzo in mezzo ad un giardino ed era sempre triste, a prendere il the.   Le due amiche  si sedevano sul balcone a farsi le confidenze e mio malgrado, oltre a guardare il mare, ascoltavo il loro conversare.  Non ricordo tutto quello che si dicevano ma quando parlavano del nipote tendevo l'udito perchè la cosa
mi intrigava.
   Tutta quella tristezza che avvolgeva i suoi discorsi aveva origine da questo nipote.  Era tornato dalla guerra conservando una simpatia per una ragazza del paese della quale si era innamorato tra i banchi di scuola e che i familiari avevano sperato fosse stata dimenticata.  Non era conveniente perchè la ragazza apparteneva ad una famiglia non alla pari con la sua.  Ritornato sempre più deciso a voler sposare questa ragazza. La cosa aveva gettato tutta la famiglia in una profonda trstezza tanto da vivere il tutto come un lutto, una catastrofe.  Questo comportamento aveva approdato ad una sola cosa: Il ragazzo abbandonò la famiglia, sposato la ragazza ed era andato a vivere a Pescara. Si era trovato un ompiego e viveva lontano da tutti.
   Partito lui. questa persone si sono rinchiuse nel loro lutto e in quei giorni vivevano nella più profonda angoscia. Erano questi i discorsi delle due amiche.
   Io vedevo questa bella storia d'amore e fantasticavo. Se questi genitori e zie avessero accolto con gioia questo amore, quel bel palazzo non sarebbe stato così triste. In giardino ci sarebbe stata una bimba su un'altalena e tutta la casa sarebbe stata allietata da queste persone giovani.
   Quasi tutti i pomeriggi la mia madrina andava a far visita alla sua amica ed io ero obbligata ad accompagnarla poichè ero  invitata da lei ed era logico le tenessi compagnia. Quella tristezza che invadeva quella casa, mi opprimeva e provavo pietà per queste persone tristi che non avevano saputo riconoscere la gioia e si stavano spegnendo tristemente.  Non hanno perdonato e non hanno saputo amare.
 
 
                              Maria Mastrocola Dulbecco

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