Teletrasporto (o L'arte di arrangiarsi) | Prosa e racconti | Franca Figliolini | Rosso Venexiano -Sito e blog per scrivere e pubblicare online poesie, racconti / condividere foto e grafica

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Teletrasporto (o L'arte di arrangiarsi)

 Lei si guardò rapidamente intorno, dubitando dei suoi occhi e dei suoi sensi. Il paesaggio era cambiato in un istante. Sapeva che sarebbe successo, ma ciò non le impediva di sentirsi disorientata. Fino a poco prima era nel suo laboratorio, a Roma: un locale fatiscente in quel poco che era rimasto di Università pubblica. E adesso era nel laboratorio di Frascati. Ce l'aveva fatta, ce l'avevano fatta: dopo anni e anni di tentativi, di notti passate nel laboratorio, il teletrasporto umano era realtà! Chiuse gli occhi per godersi quel momento, mentre gli eventi di quell'ultimo decennio che l'avevano portata sin lì le passavano davanti come in un film.
La teoria dei wormhole, dei cunicoli spazio temporali, si era rivelata la strada giusta da percorrere, come la sua equipe aveva capito da tempo. Il "ponte di Einstein Rosen" era un vero ponte. L'articolo teorico che avevano pubblicato dieci anni fa su una prestigiosa rivista, sulla possibilità di usare mini LHC (*) per creare cunicoli che congiungessero due punti della terra, permettendo di trasportare l'informazione contenuta in ogni oggetto - e quindi l'oggetto o la persona stessi - quasi istantaneamente, aveva immediatamente scatenato la corsa mondiale alla costruzione del primo prototipo.
Le erano arrivate richieste di collaborazione da tutte le parti. Ma lei voleva che il prototipo fosse italiano ed europeo, non indo-cinese o brasiliano. Voleva dimostrare che la ricerca qui era allo stesso livello della loro, nonostante la carenza di fondi e l'immane, insensata burocrazia che li attanagliava. Qui c'era tutto quello che serviva, amava ripetere: «il nostro cervello! E poi si sa, noi italiani siamo maestri nell'arte di arrangiarci!».
Arrangiarsi non era stato facile. Centinaia di migliaia di moduli da compilare, giorni e giorni persi a chiedere soldi e materiali, a convincere politici ottusi della importanza dell'esperimento. Quante attese in anticamere lussuose, quante porte che non si erano mai aperte!
Lei non aveva mai mollato, nonostante tutto. E benché non fossero riusciti ad avere tutto quello che avevano chiesto, beh, si erano arrangiati. Certo, c'era stato quell'ultimo “no” che aveva rischiato di bloccare tutto. Poche migliaia di euro... se ci pensava, ancora ribolliva di rabbia. L'idea era creare una sorta di sistema di salvataggio dell'informazione (back-up) in modo che, in caso di incidente, potesse essere ricostruita: un meccanismo di salvaguardia.
Ma l'ennesimo burocrate le aveva detto che i fondi per ora erano finiti. E nonostante lei gli avesse fatto presente che rischiavano di essere battuti sul tempo dagli indocinesi e che così sarebbero stati loro ad incassare i diritti per il brevetto dell'invenzione, non c'era stato niente da fare.
Bene, si sarebbero arrangiati anche stavolta. Niente back-up: o la va o la spacca! Al diavolo tutto! E cazzo, c'erano riusciti! Era qui, ora, a Frascati, pronta a festeggiare coi suoi collaboratori. Già, i suoi collaboratori... Riaprì gli occhi, improvvisamente consapevole del silenzio che la circondava. Cos'era successo? Perché non battevano le mani, non urlavano di gioia?
Guardò di nuovo la scena, e solo allora si avvide delle facce inorridite che la circondavano. Marisa addirittura si teneva le mani sul volto come se non volesse guardare.
«Beh, che c'è, non siete contenti?», li apostrofò.
«Franca, ma... ma come ti senti? Io, oddio, io...», rispose Sergio con voce tremante.
«Ma insomma, che c'è???», disse lei cominciando a preoccuparsi.
Sergio senza una parola le mise davanti il grande specchio. Franca guardò, e urlò, urlò, urlò.....
 
Era passato un mese, da quel giorno. L'equipe di ricerca adesso era guidata da Sergio. Era seduto in quella che era stata la scrivania di Franca e parlava con l'ennesimo collega che voleva sapere cosa fosse successo. «Poveraccia, che tragedia! Ti dico, sembrava proprio un quadro di Picasso. Madonna, ancora non riesco a crederci. Che fosse viva dico. Non c'era niente che fosse al suo posto... Eppure parlava... Io, noi, siamo rimasti di sasso quand'è comparsa così, pensavamo fosse morta. Invece ha cominciato a parlare. E' stato orribile, orribile. E poi quell'urlo... È durata poco, comunque. Dopo mezz'ora era morta davvero. Una martire della scienza», disse all'esterrefatto interlocutore.
« Ah, se solo avessimo potuto avere i soldi per quel dispositivo di back up che ci mancava. Costava poche migliaia di euro, ma ci sarebbero voluti mesi, se non anni, per averlo. E lei non ha voluto aspettare... Diceva che era inutile, che ce l'avremmo fatta lo stesso, che noi italiani ci sappiamo arrangiare...». 
Sergio sospirò, mentre estraeva dall'immenso faldone il modulo 7B da compilare in dieci copie controfirmate dal notaio.
Nel frattempo, perché c'è sempre un “nel frattempo”, le agenzie battevano la notizia che il prof. Ramanujan Srinivasa Aaiyangar e la sua squadra avevano portato a termine il primo viaggio umano in teletrasporto della storia...
 
 
FINE
 
Ringraziamenti: Grazie di cuore a Fulvio Musso (Full) per le critiche, le correzioni e la pazienza - e per essersi letto un racconto di fantascienza nonostante non gli piacciano :-))
 
(*) LHC o Large Hadron Collider (grande collisore di adroni), un acceleratore di particelle 
 
 

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