Una vita... in comune (Cap.2) | Prosa e racconti | Claudio | Rosso Venexiano -Sito e blog per scrivere e pubblicare online poesie, racconti / condividere foto e grafica

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Una vita... in comune (Cap.2)

II
 
 
Al di là dei piccoli incidenti, la giornata si preannunciava splendida. Il sole già alto illuminava con i suoi caldi raggi dorati tutte le stanze del pian terreno, e con esse anche quelle del primo piano le cui persiane non venivano di solito chiuse durante la notte. La luce che con prepotenza penetrava attraverso le numerose vetrate presenti sui quattro lati della casa, seppur smorzata nella sua radiosa irruenza dalle sottili tende bianche presenti ad ogni finestra, agitavano di continuo le rade particelle di polvere sfuggite alle pulizie quotidiane. Le quali, restando sospese per aria in balia delle lievi correnti che filtravano dalle vetrate lasciate semichiuse, davano il senso dello stato di quiete e serenità della casa.
Il colpo d’occhio che si aveva uscendo da una qualunque delle stanze che si affacciavano sul corridoio confermava quella sensazione di relax. Paragonabile per molti versi a quella trasmessa dall’atmosfera ovattata delle piccole biblioteche rionali d’un tempo, sempre più difficili da trovare in grandi città come Washington. E dove l’unico odore che di solito punge l’olfatto, sfogliando libri dimenticati, resta quello acre e corposo della carta ingiallita e consumata dal tempo.
Nei cortili delle case vicine i bambini sotto i sei anni animavano delle loro voci rumorose le strade dell’intero isolato, lasciando che il silenzio della notte trascorsa fosse soltanto un lontano e piacevole ricordo. In casa Clay nel frattempo, come ogni mattina, il profumo e l’aroma del caffè bollente stavano salendo su per le scale, dov’era la camera di William, il quale era ancora in bagno a finire di farsi la barba. Di lì, in breve, seguendo il corridoio a elle del primo piano, la densa e calda fragranza avrebbe invaso tutte le stanze, una dopo l’altra, avvisando che la colazione era quasi pronta in tavola. Dopo pochi minuti, la paziente Molly avrebbe sfornato i suoi insuperabili biscotti al burro, preparati di giorno in giorno per evitare perdessero di bontà e freschezza. Una volta in cucina, William provvedeva a sedersi sempre allo stesso posto, in direzione della finestra. Il giornale fresco di stampa e l’ottimo cappuccino bollente spruzzato di polvere di cacao, segnavano il via libera al sacro rito della colazione.
“Buongiorno Molly” farfugliò William con la bocca ancora pigra e un po’ impastata della notte. A questo Molly ci era abituata.
“Buongiorno a te William.”
“So bene cosa stai pensando, ma ti prego, non infierire.”
Sorridendo, Molly dapprincipio terminò di riempire il secondo piatto dei biscotti appena sfornati. Un attimo dopo notò compiaciuta l’impeccabile sincronismo con il quale lui aveva impugnato tra le dita il Washington Post che lei, con ancora la vestaglia indosso, aveva avuto cura di entrargli dal gradino esterno della porta d’ingresso poco dopo essersi alzata. Come ogni tata che si rispetti, era sempre molto attenta a tutte le esigenze di William. Anche alle più piccole o insignificanti. Conosceva bene quanto lui odiasse il giornale con le pagine tutte sgualcite, o peggio stropicciate, e dunque si preoccupava che la cosa non accadesse.
“L’hai ripetuto per così tante volte nelle settimane scorse che stamane ti saresti alzato più tardi, che alla fine…”
“Già, me ne sono dimenticato. Grazie Molly, sei carina ad averlo sottolineato.”
Con un sorriso dolce e comprensivo l’anziana donna gli si avvicinò accarezzandogli per alcuni istanti i capelli, ancora un po’ in disordine per il sonno. Poi, dopo averlo baciato con amore sul capo, si allontanò verso il soggiorno con passo leggero. Molly amava godere il tempo della colazione di William andando a leggere i suoi libri preferiti in soggiorno. Pur comunque prestando sempre attenzione a qualunque sua eventuale necessità.
Quella mattina però, mentre William continuava a sbirciare le notizie più importanti della prima pagina del Washington Post, il campanello della porta d’ingresso rimbombò forte e chiaro in tutta la casa. Molly sapeva che in casi del genere, rari a dire il vero, avrebbe dovuto far finta che William non ci fosse. Considerato che quella era la sua unica giornata di ferie da parecchi mesi, la situazione andava a maggior ragione sbrigata senza coinvolgerlo, nella più totale e assoluta autonomia. E solo dopo aver isolato la cucina dal resto della casa mediante le porte scorrevoli che, dando su di un breve corridoio, la collegavano al salotto e quindi all’ingresso. Nel minor tempo possibile l’intruso, chiunque fosse stato, sarebbe stato messo nelle condizioni di togliere il disturbo.
“Buongiorno signora. Abita qui l’ingegner William Clay?” esordì con voce roca e cantilenante un ometto grassottello e tarchiato. Aveva i lineamenti alquanto buffi, ma si era mostrato sin troppo gentile nel modo di porsi. La finestra aperta della cucina, che dava sul patio antistante la porta d’ingresso, avrebbe consentito a William di ascoltare la conversazione tra Molly e lo sconosciuto.
“Chi lo desidera?”
“Mi chiamo Andrew Jones. Lei deve essere la signora… Margareth Duan, dico bene?”
Lo sconosciuto diede una rapida occhiata alla prima pagina del faldone di carte disordinate che stringeva tra le mani.
“Infatti, signor Jones. Il motivo della sua visita, invece?”
“Ha ragione, mi perdoni. Vengo subito al punto. Sono stato incaricato dall’ufficio del procuratore di consegnare questa busta all’ingegner Clay. In persona.”
“L’ingegnere, signor Jones, al momento è molto occupato e non mi è possibile chiamarlo.”
“Quindi è in casa…”
“Sì infatti, solo non può venire” l’interruppe Molly, con tono deciso.
“E’ molto impegnato e non può essere disturbato, mi spiace.”
Molly accennò un leggero sorriso di circostanza.
“Oh, capisco. Però vede, in realtà dovrebbe solo mettere una firma qui, nient’altro. E’ questione di pochi istanti.”
“Me ne rendo conto, ma…”
“Poi l’ingegner Clay potrebbe tornare ai suoi impegni” l’interruppe Jones, ostentando altrettanto convinta decisione. Il suo lavoro lo portava spesso a confrontarsi con l’innata ritrosia delle persone, non appena sentivano nominare l’ufficio del procuratore. Ma proprio per questo, ci aveva fatto l’abitudine e aveva sviluppato una particolare tecnica, fatta di fermezza e cordialità al tempo stesso, con la quale riusciva ad aver ragione di ogni prevedibile diffidenza. L’atteggiamento della signora Duan non avrebbe fatto eccezione.
“E’ importante signora Duan che lui prenda in consegna questa busta. Mi creda.”
Il suo sguardo si fece per un attimo minaccioso.
“Capisco…”
Molly colse al volo il cambio di tono nella voce del signor Jones. Avrebbe volentieri evitato di disturbare William, ma si rendeva conto che stavolta le circostanze erano ben diverse, e forse anche molto delicate.
Doveva trattarsi di una faccenda d’una certa importanza. La spiacevole sensazione che aveva fatto capolino nel suo animo, procurandole un brivido freddo lungo la schiena, l’aveva fatta propendere per uno strappo alla consuetudine.
“Va bene, signor Jones. Attenda qui qualche istante per favore. Provo a vedere se l’ingegnere può affacciarsi un attimo.”
“Perfetto signora Duan. Credo sia davvero la cosa migliore da fare. La ringrazio molto per la sua cortesia.”
Jones accennò un sorriso di cinica soddisfazione.
Ci avrebbe scommesso. Era sicuro non avrebbe ricevuto una risposta diversa. Ora non restava che attendere l’ingegner Clay per potergli consegnare di persona l’incartamento che stringeva tra le mani.
Nel frattempo William, seppur disturbato dall’inattesa visita, aveva continuato a divorare biscotti, uno dopo l’altro, senza curarsi più di tanto di chi fosse il seccatore di turno. Il Washington Post quel giorno era ricco di notizie interessanti, dunque ogni altro pensiero stava passando in secondo piano. Neppure dopo avere intrasentito che c’era qualcosa d’importante per lui dall’ufficio del procuratore, si era mostrato più attento a quanto stesse avvenendo dinanzi alla sua porta d’ingresso. Il suo cappuccino era quasi finito e stava per versarsene dell’altro, quando udì Molly avvicinarsi con passo svelto.
“Perdonami William, ma di là…”
“Lo so, non preoccuparti. Ho ascoltato tutto. Nessun problema. Qualcuno teme che io mi possa riposare troppo oggi” concluse sarcastico. Ripose sul tavolo il Washington Post e si avviò verso l’ingresso.
Molly lo seguì a distanza. Quando William comparve sull’uscio, Jones era distratto.
“Buongiorno, sono William Clay.”
“Oh… buongiorno a lei ingegnere. Mi perdoni, ammiravo il suo splendido giardino. Deve essere impegnativo mantenerlo così bello!”
“Sì, in effetti richiede molta dedizione, e pazienza. Oltre che una buona disponibilità economica” sorrise. William nonostante tutto restava di buon umore. Jones annuì divertito.
“Molly mi diceva che ha qualcosa da consegnarmi.”
“Sì è così, una busta da parte del Procuratore Mardley. Mi serve però che mi fermi qui per ricevuta.”
L’emissario dell’ufficio del procuratore sembrava a disagio.
“Mi spiace averla disturbata, mi creda, ma vede… in casi come questi abbiamo ordini tassativi. La corrispondenza come questa deve essere consegnata nelle mani del destinatario. Senza eccezioni.”
“Per carità signor Jones, capisco. Non si preoccupi, è giusto sia così. Il lavoro è lavoro, sono io che le chiedo scusa. Oggi è una giornata particolare...”
Molly, che nel frattempo stazionava alle spalle di William, lasciandosi intravedere appena dall’estraneo interlocutore, non faceva che pensare al possibile contenuto della misteriosa busta. Il signor Jones invece, sembrava ammirato da William. Dalla sua aria distinta e dal suo fare da galantuomo, come ne riusciva a incontrare pochi nei suoi giri quotidiani.
Per un attimo si sentì quasi in colpa per averlo disturbato.
“E’ tutto, ingegnere. Non le rubo altro tempo. Buona giornata anche a lei signora Duan. Arrivederci.”
Il signor Jones si congedò senza ulteriori indugi.
Molly era non poco impensierita dal potenziale contenuto della posta consegnata.
William al contrario, appariva quasi distratto, come se in realtà già sapesse di cosa si trattasse. Si chiuse la porta alle spalle, ripose la busta sul mobiletto portacarte del piccolo corridoio e si diresse verso la cucina.
“Bene, ora dovrei poter continuare la mia colazione. Non dovrebbero esserci altre scocc…”
D’improvviso il cielo si oscurò. In pochi istanti un buio denso e tetro avvolse ogni cosa. Ogni spazio, anche il più piccolo e nascosto fu circondato da tenebre fitte e imperscrutabili. Dentro e fuori la casa. Distinguere un particolare anche a poche decine di centimetri di distanza divenne in pochi attimi impossibile. La luce proveniente dalle finestre del pian terreno sembrava d’un tratto svanita nel nulla. Senza che William e Molly avessero avuto il tempo di realizzare quanto stesse accadendo.
“Ma che succede?” sussurrò Molly d’istinto, tra i denti. Immobile sulle gambe, non accennava alcun movimento.
La sua voce, flebile e impaurita, era ben lontana dal tono energico che William conosceva. Lo stesso che il signor Jones aveva testato poco prima.
“Non ne ho idea Molly. Sta’ tranquilla, sono qui vicino a te.
Cerchiamo di dare un’occhiata fuori.”
“Ma William, è buio pesto…”
“Lo so. Voglio solo esserne sicuro.”
Scostando appena la tendina della finestra, che dopo qualche incertezza era riuscito a raggiungere a tentoni per pura memoria, cercò di darsi una spiegazione di quanto stesse avvenendo.
Un’oscurità assoluta aveva avvolto la loro casa e tutto quanto si trovava intorno.
Come se ogni cosa ne fosse stata inspiegabilmente fagocitata. William accese le luci interne, poi anche quelle del giardino, e del patio che per oltre metà del suo perimetro complessivo girava tutt’intorno alla casa. Non era mai stato un tipo vigliacco o impressionabile, né tanto meno emotivo o pauroso, ma in quella circostanza qualcosa di mai provato l’aveva scosso dal di dentro, nel profondo.
Stavolta le cose avevano ben poco di concepibile. I rumori esterni s’erano d’improvviso zittiti, a cominciare dalle voci squillanti e vivaci dei bambini che sino a pochi secondi prima s’erano udite provenire dai loro cortili. William cercò di sorvolare su quei particolari così da non destare ulteriore tensione nella sua tata.
“Su Molly, usciamo in giardino.”
La prese per mano e la invitò a seguirlo.
“Da lì forse riusciremo a capire meglio cosa sta accadendo. Forza, andiamo.”
Senza farselo ripetere, la donna annuì. Ma proprio nel momento di varcare la soglia d’ingresso, con la stessa rapidità con cui le tenebre erano scese, la luce del giorno tornò d’improvviso a padroneggiare la scena. Ovunque.
Come se qualcuno, molto più in alto… l’avesse prima spenta per sbaglio e poi, accortosi dell’errore, si fosse affrettato a riaccenderla. William avvertiva a pelle che qualcosa d’impossibile era nell’aria, ma cercava di non credere che quell’eventualità potesse davvero essersi verificata.
“Calma Molly, ok?”
“Perché, ti sembra per caso che mi stia agitando? Non ne ho la forza…”
William la guardò con aria scettica.
“Non dobbiamo farci prendere dal panico. Respira piano e cerca di mantenere i nervi saldi, mi raccomando” concluse cercando in realtà di dar più coraggio a se stesso che alla donna.
“Io sono già nel panico tesoro mio… ” sussurrò Molly a bassa voce, restando giusto un passo dietro di lui. William si limitò a sospirare, senza voltarsi.
Con un gesto secco e deciso spalancò la porta d’ingresso. Davanti a entrambi, con il pugno alzato pronto a bussare, stazionava un signore alto e distinto, dall’aspetto molto elegante e raffinato. Sul volto dei tre comparve un unico e identico stupore. William ebbe chiara e netta l’impressione che qualcosa non fosse proprio al suo posto. Non riusciva a comprendere con precisione cosa, eppure qualche particolare non era lì dove avrebbe dovuto essere, stonando non poco con il quadro d’insieme che gli stava di fronte.

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