La caduta di Icaro | Prosa e racconti | Rinaldo Ambrosia | Rosso Venexiano -Sito e blog per scrivere e pubblicare online poesie, racconti / condividere foto e grafica

Login/Registrati

Commenti

Sostieni il sito

iscrizioni
 
 

Nuovi Autori

  • Gloria Fiorani
  • Antonio Spagnuolo
  • Gianluca Ceccato
  • Mariagrazia
  • Domenico Puleo

La caduta di Icaro

 

 

Sei solo in casa, fa caldo. Esci sul balcone, poi rientri, accendi il registratore e ti siedi. Le note del secondo movimento della settima sinfonia di Beethoven si diffondono nell’aria.

Il grande Furtwängler dirige i Viener Philharmoniker come se questi fossero il prolungamento e l’estensione del suo pensiero.

È una registrazione storica, senti tossire gli spettatori presenti in sala. Giri lo sguardo e inizi a dipingere.

 

Il cartone bianco è appoggiato sul tavolo. La cassetta dei colori aperta lì di fianco. Tracci un leggero segno con un carboncino.

Sono cenni, appena leggibili in colore scuro. La figura è una figura dalle sembianze vagamente umane con delle campigliature frastagliate che ricordano delle ali al posto delle braccia. Il soggetto è per l’appunto Icaro. Il sole troneggia in alto, posto sul lato sinistro del quadro, ed è un piccolo punto, una macchia giallo arancio disposta su di un colore blu scuro.

 

La figura è in verticale con la testa reclinata verso il basso, quasi ad osservare lo spazio tra sé e il suolo. Sopra il suo capo una vasta area tra il sole e le spalle del soggetto è la zona destinata al cielo.

Intingi il pennello in un colore blu scuro mescolato con del nero. Quattro pennellate e il cielo plumbeo si delinea dietro il soggetto. Con un piccolo pennello intinto di giallo ocra insisti sul sole. È un sole caldo, di un bel colore vivo che risalta sul blu scuro del cielo.

 

Con larghi tratti di bianco misti al grigio, le ali prendono forma, sono dei frammenti di linee dove il contorno si perde nei bordi della figura. Icaro nasce con dei colpi accurati di grigio, e spazi volutamente lasciati bianchi del fondo del cartone.

Gli entri sopra quasi a definire i contorni della figura, con un colore rosso, denso che crea delle linee parallele. Osservandole in distanza, sembrano quasi delle luci al neon simili a quelle che si vedono di notte in città.

Le luci guizzano vibranti. I toni di grigio delineano le figure di Icaro che cade imperturbabilmente verso il basso, perdendo le ali ed entrando definitivamente nella storia, o meglio nel mito.

 

Insisti sulla figura di Icaro, ombreggiando la sagoma e il contorno delle ali. Poi fai colare il cielo scuro in tutta la sua figura. La ricopri sfumandola. Il quadro si ammanta di mistero. Le luci scompaiono, sembra che la notte sia subentrata al giorno. Continui inarrestabile a dare delle pennellate al quadro. Non lo vuoi finire. Indugi su di esso, vuoi prolungarne l’azione. Ad ogni passaggio di colore il tutto si scurisce.

Ora non si distingue più il sole, anche la sagoma del soggetto sta scomparendo. Un colore blu forte e scuro ricopre l’intero cartone. Non si riesce a distinguere più nulla dell’originaria composizione.

 

Con un pennello intinto nel bianco crei un triangolo dai contorni sfumati, in alto a sinistra del quadro, dove prima c’era il sole. Sembra uno squarcio di cielo con delle nuvole.

Poi con del colore giallo, tracci una linea sinuosa che parte dal vertice inferiore del triangolo e prosegue verso il basso dividendo in due parti il quadro. Insisti un paio di volte su questa linea mossa. L’effetto finale è simile a quello di un fulmine che si delinea da un cielo cupo.

Il quadro ora è terminato. Lo senti vivo, lo giri e con un pennarello ci scrivi il titolo. “La caduta di Icaro”.

 

Appoggi il cartone contro il muro e lo osservi. Ti sembra che tutto il piacere e l’ansia che hai provato nel farlo sia scomparsa nel vuoto.

Sì il quadro ti piace. I colori e la trasformazione del soggetto sino alla sua più completa astrazione ti convincono, il lavoro è creativo ben eseguito e piacevole, però rimane dentro di te una sfumatura d’inquietudine una sottile ombra di malessere.

Esci dalla camera, vai sul balcone. Il paesaggio ti accoglie silenzioso e immobile lì davanti a te. Assorbi la sua forma, le sue valenze cromatiche, i sui pieni e vuoti, le sue luci e le sue ombre. Ti sembra di doverle esprimere sulla tela e di non riuscire a farlo; chiudi la porta ed esci in strada. La folla ti colpisce, ti lasci assorbire dal suo vagare. Vaghi senza una meta precisa, poi più tardi all’imbrunire, la sera ti coglie mentre sei ancora sulla strada.

 

                                                                                       * * *

 

Una pittura, o dir si voglia un quadro, o meglio per dirla alla grande un dipinto, nasce dentro di te. Tu forse non lo sai, ma tutti gli elementi che lo compongono sono lì presenti in te ormai da tempo. Pronti per essere riportati alla luce, quasi come se fossero dei reperti archeologici, e forse, nel tuo inconscio lo sono.

Il processo che si compie è inconsueto, strano, quasi illusorio. Agli inizi ti sembra di seguire una tenue intuizione. Hai una vaga idea in testa, cerchi di seguire una traccia, un percorso che in qualche modo hai ipotizzato. Ti sembra, ma forse non lo è, che da un idea, da una particolare sensazione, da una emozione, tu possa eseguire e realizzare il tuo dipinto.

 

Inizi il lavoro pieno di buone intenzioni. Il soggetto, la forma, i colori, li hai ben chiari nella tua mente. Prepari il disegno, poi inizi a posare i primi colori. Dico a posare, proprio perché sono i primi colori quelli che ti serviranno come termine di paragone per determinare i successivi.

Prosegui solerte completamente catturato dal tuo lavoro. Il tempo perde la sua dimensione, ma tu non te ne accorgi. Il mondo muta attorno a te, ma tu sei completamente assorto, la tua attenzione è focalizzata sul tuo lavoro.

 

Poi proprio quando il tuo dipinto sembra raggiungere l’esatto risultato che ti eri prefisso, ebbene proprio in quell’istante ti rendi conto che il quadro “vira” e ti sfugge di mano. Assume, da questo momento in poi, una sua personalità, ed è lui che conduce il gioco.

Tu continui a dipingere in preda ad un ansia che non sai definire, ma avverti a tratti, come una lama di luce di un faro che taglia con il suo fascio di luce il buio della notte. Stravolgi le forme, rifai il disegno, capovolgi le tonalità dei colori, in preda ad un enfasi che non provi negli altri momenti della tua giornata.

La tua mano corre veloce, quasi quanto il tuo pensiero. Il pennello crea delle forme ben delineate. Lingue di colore escono da queste forme.

All’improvviso, poi, come al termine di una tempesta, tutto si placa, si esaurisce. Ti ritrovi ad osservare il dipinto come un qualsiasi spettatore esterno. Quasi non lo riconosci più, ma sai che ora è finito, non reggerebbe un tratto, o una sfumatura di colore in più. È completo nel suo arcano equilibrio.

 

Tu non sei null’altro che un mezzo, un tramite che opera per via di uno strano processo, posando su di una tela delle forme e dei colori. Agisci come un medium tra il tuo mondo interiore, e il mondo esterno reale, ma non sai, e non saprai mai dov’è l’origine di quest’opera pittorica.

La tua firma, seguita da quel piccolo segno posto alla sua destra che designa l’anno in corso, altro non è che un esile testimonianza dell’uomo che ha aiutato a concretizzarsi e librarsi nell’aria una leggera e iridescente bolla di sapone.

 

Cerca nel sito

Cerca per...

Sono con noi

Ci sono attualmente 2 utenti e 5139 visitatori collegati.

Utenti on-line

  • Ardoval
  • Antonio.T.