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Rondini

sono arrivate all'improvviso
sebbene attese impazientemente
con quel profumo d'Africa
che noi abbiamo in mente.
come dardi sfrecciano
sfiorano l'erbe fresche
dei campi mézzi d'acquerugiola
che la stagione abbondante dona.
e su nel cielo ripulito ora
nell'odore di lavato appena
timpano dei garruli richiami
eccitate per il volo la caccia
o semplice gioia di vivere
si librano in veloci aeree esibizioni.
 
 

Cercavo le parole

Cercavo le parole da dirti
frugando tra pensieri confusi
rovistando tra desideri delusi
e nella scarpa stupita ho trovato
 un piccolo sasso, chissà lì da quanto
a rovinare il mio passo convinto
su questa strada beffarda e stonata.
 

Io c'ero

Sai chi c’era quel giorno? Ebbene, te lo voglio proprio dire. C’ero io. Si, proprio io, quel giorno che il sole picchiava duro e il vento... benedetto signore, che vento quel giorno! Sensazioni di giorni che faranno epoca… Il vento di Genova poi... è un vento che noi conosciamo, eppure ci prende ogni giorno alla sprovvista. Che piova o non piova, da sempre noi, siamo abituati a quel vento. E ogni giorno dal vento ci lasciamo sorprendere... noi genovesi. Ah, e quel giorno eravamo molti e non soltanto genovesi, anzi viene da dire: tanti... troppi. Il corteo si staccava per chilometri e chilometri. Pensa, si parla di qualcosa di chilometri e chilometri. Ottocentomila persone ammucchiate a camminare. Ottocentomila facce sudate. C’era aria di festa lì in mezzo ai nostri passi. Trovavamo che fosse un modo di rispondere. E dunque si rispondeva e si urlava in tutte le lingue, urlavamo per le cose essenziali, vitali per il mondo (e non dimenticarti mai amico mio, che il mondo siamo noi), ed infatti eravamo noi e io c’ero caro amico mio. Peccato che non c’eri anche tu. Saremmo stati insieme senza saperlo e adesso lo saremmo sapendolo.
Il corteo si muoveva lento e molto spesso non si muoveva neanche. I bambini sulle spalle dei papà, le mamme attente a cosa pioveva dal cielo. Da tutta Europa e dal mondo (ma ti rendi conto?) un appuntamento naturale, come innaturale invece sarebbe stato l’andamento delle cose. E adesso che ci penso, forse quel vento eravamo proprio noi sotto quel sole che ci teneva caldo. E sotto quel sole ci sentivamo al sicuro.
Ricordo la città. Era divisa in tre. Da Levante si poteva arrivare, ma non da Ponente, (per via dell’aeroporto e da Bolzaneto per via della caserma della polizia), ma come un muro, si poteva scavalcare dai monti.
Tu non conosci Genova, avremmo scavalcato insieme se ci fossimo conosciuti allora, ed il corteo era una grande festa di bandiere colorate. Eravamo convinti che non sarebbe successo nulla (e si sappia che l’ala dura è sempre stata lontana dal cuore di quel corteo).
Bene amico mio, al pomeriggio del giorno prima c’erano già stati i primi scontri, gestibili se vogliamo. Ma il sentore c’era. Si sapeva già come si muovevano, già si sapeva come si sarebbero mossi, ma forse qualcuno doveva, o forse qualcuno voleva, che le cose avessero un diverso andamento.

La dimensione del sogno

la dimensione del sogno è la quinta
:
né spazio né tempo
 
perché là dove si sale
e si è
là è dovunque e in nessun luogo
è sempre e mai
 
non c'è nessun quando
e nessun dove
 
noi siamo ovunque ci sia gioia
e amore
siamo dove si ride
e gli occhi s'intorbidano di passione
siamo dove c'e' corpo e cuore
 
e non siamo altrove

Cielo e terra

.

foto di tonino bisceglia

.

( Sulle note di Surrender di Omar Akram )

.

Morbido
è quel pendio
dove il pensiero si lascia catturare
e intanto il mondo ignaro si dimena fuori.

Vento sui crinali
respiro
fino in fondo all’anima
libertà che il gelo dell’inverno spazza via.

Attimi … come note
sole che mi veste
intrecci di silenzi pieni
e soffice tepore.

Cielo e terra
si fanno amici e amanti
mentre le mani
l’Amore fanno con i fili d’erba.

Delicati soffi sulle palpebre
socchiuse il sogno inseguono
profumi che catturano
primavera … si fa presto gioia sulla pelle.

tiziana mignosa
aprile duemiladieci

http://www.youtube.com/watch?v=mz2gDKuFzns
 

 

Davanti a un dipindo di Jan Van Eyck

La vita dipinta
nella casa di Evian,
il the bollente,
la pipa che alza
un filo sino alla cima
della libreria.

Evian ha ciabatte
di carminio e di giallo,
scuote la testa
davanti sua moglie.

I coniugi Amolfini
si tengono per mano,
lei ha la pancia
come la donna di Evian.

Un bicchiere di porto
tra un tramonto nazista
alla finestra di vetro colorato
e un posacenere d’argento.

Evian non sa
o fa finta di non sapere
che è mio quel figlio
mentre con la sua
puzza d’avorio
accavalla le scheletriche gambe.

Il dipinto di Eyck
mi rende stucchevole,
il ricordo di quel tradimento
di rosso porpora
e menta sulla bocca
della moglie di Evian.

Lei sorride
con due denti storti
e una mano che tocca
il bracciolo della sua poltrona.

Il cappello
dell’uomo del quadro
mi distrae dalla voglia
d’andare via
da questa casa
che puzza di varecchina.

Oceania

Ho chiuso
la mappa dell'Oceania
e allontanandomi
ho accompagnato
un forte desiderio di spazio.
Se pensi
che abbiamo lavorato la creta
ieri montavamo
transistor ai congegni
oggi sui piani e le pieghe del pianeta
soltanto byte.
Si vedono segni
di ambizioni enciclopediche
con la curiosità che lentamente
leviga la lente.
Se penso che veniamo dal niente
eccomi sui rilievi dell'interno
dove riavvengono
le riesumazioni degli assassinati.

La città al di sotto dei pendii
si concentra nel golfo
la distanza distillata dai rumori
restandone attento in ascolto
è lenta,
lentamente percepisci
la grande sfericità del mondo.
Le rivolte segnano
la deriva dei continenti
e l'eco delle brutalità
van cercando
protezione dai tormenti,
i bambini
gridano nel bosco
passa il tempo
e provi attrazione
in presenza di un battito di ali
o di un respiro.

Vorrei trovarmi
ovunque si sorrida
ovunque
si trovino simpatie
e nascano
correnti di tepore tra due.
Vedo gente
di cui penso,
possibile che non abbiano idee
nei gesti che fanno
e che senza alcun compenso
compiono?
Anche
trasportandoci la catastrofe
l'apocalisse non guarirebbe
il passaggio
nemmeno di un attimo
del presente.
Saremmo comunque
stati sempre
e nel vuoto resteremo
presenza.

Per adesso
si dia credito alla voce
ancora

per domani.

el tempo ciapà vanti xe bon pei soti

Quando vegnerà beo
El ceo xe verserà,
me vesto de festa.
Doman, se se pol far, farò.
Doman xe vederà,
an cuo,come el tempo
so gnognoeo e me fermo
sora a bagoina a pensar:
"che el tempo ciapà vanti,
xe bon pei soti".
 
 
Il tempo che s’avvantaggia
è buono per gli zoppi
 
Quando verrà il bel tempo,
il cielo s’aprirà,
mi vestirò di festa.
Domani se si può fare, farò.
Domani si vedrà,oggi,come il tempo sono malinconico e mi fermo sopra un bastone da passeggio
a pensare: “CHE IL TEMPO CHE S’AVVANTAGGIA  è buono per gli zoppi.”

Per Giada

La tua mano a forma
di piccola stella
 verso la mia,
in cerca di calore.
Ho tante cose da raccontarti,
anche se vivo solo
da tredici primavere.
Apri gli occhi curiosi ed increduli
di tutti questi volti,
di tutti questi colori.
Sorridi, senza i dentini,
disarmata
ma troppo piccola per essere ferita.
Stringiti forte alla mia mano,
con questo contatto
ti voglio trasmettere
e regalare un po' del mio amore
per questa vita.
Sei il futuro, sei quello che verrà,
ma non un illusione.
Non hai amari ne gioiosi ricordi,
potrai costruire il tuo oggi
senza malinconia,
sognare il domani senza rimpianti.
Ora che ti ho presa in braccio
e ti sei addormentata,
respiro il tuo profumo,
m'immergo nell'infanzia che il tempo m'ha rubato,
ma senza solitudine. Non sono sola.
Pacata e serena, ti accomodo nella culla,
un'ultima occhiata ai tuoi occhi chiusi,
e socchiudo la porta che hai aperto nel cuore.
Fai sogni d'oro,
E ama, piccola dolce Giada, ama più che puoi.
 
Caterina Manfrini

A volte, spesso, sempre.

A volte ho cercato di recidere
quel filo sottile che separa la ragione dalla follia.
A volte racchiusi i pugni contro il petto
ho giocato a fare il matto.
A volte ci sono riuscito, c’è chi mi ha creduto.
A volte l’ho anche riconosciuto
nascosto nel cono d’ombra di una falce di luna.
A volte ho giocato con lui a rimpiattino
accasciandomi a terra piegato in due dalle risate.
Spesso mi sono riso addosso.
Sempre ho pagato l’istrione di turno.
 
 

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