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Pregiudizio

Un canale di rabbia
 è l'eterno divenire
dell'esperienza in pregiudizio.
Nel suo farsi trascina popoli
in danze feroci di vendetta
e io non sono nessuno.
Sono l'uno nel tutto
e il tutto è in me,
l'immunità?
Nemmeno a pensarci.

Scivolo

infinite insidiose infiltrazioni
gocciolii rivoli pozzanghere
 
sull'asfalto
            la luce si scompone
ed io scivolo scivolo scivolo
per un tempo infinito
in questa sinfonia di grigi
che m'annega
 
altrove mi dicono
del biancore della neve
del ghiaccio che riluce e splende
ma qui oggi
è solo piombo e ferro scuro
- un'armatura di malinconia
 

Il cielo

Il cielo è viola
viola sbiadito riflettente, flesso smalto esangue
non ascolta
l’occhio fisso, muto
 
è questo il giorno, della gloria
della
consolazione
 

incontro al buio

non è facile
aprire la bocca al destino
cara amica mia

forse sarà per la prossima vita
se mai ce ne sarà un'altra

ma adesso stringimi con le tue parole
tienimi un poco
posami sul tuo corpo fatto di sera
sarò un velo di lino intriso
che muove al respiro
appena

 

Ero morto

dai, facciamo che eri morto...

così mi sono visto,
là steso sul mio letto
le braccia lungo i fianchi
il vestito ormai stretto

gli occhi sono chiusi,
ma il tratto è più sereno
(il sopracciglio é inarcato
potevo farne a meno)

la neve che incorona
la mia capigliatura
come campana suona
l’arrivo in dirittura

così, un po’ per gioco
o per sadico diletto
mi accosto a poco a poco
ai bordi del mio letto

ti scrollo con dolcezza
ma non mi sono accorto
che dici con chiarezza,
non vedi che sei morto?

dai, giochiamo…

Ultimo antenato comune universale

 
Certi batteri ingaggiano dei peli
in lotte che ricordano
una scherma con i peni.
Ma sebbene siamo in vena
di paragoni osceni,
la coniugazione batterica
solo superficialmente uno la associa
alla commistione genetica
nella pozza frocia
degli sperma sul ventre.
L'una va da orgasmo a organismo, mentre
l'altra il viceversa.
 
Invece è per lo stesso
meccanismo che la salvaguardia
della specie si affida a tali colpi
bassi, al basso ventre, o alla
distrazione di chi abbassa la guardia.
Un po' com'è successo
davanti alla Gran Guardia, quando
cercavamo la scritta sulla base
della statua della donna
incinta focomelica
(il figlio poi è nato sano)
e in quel mentre sbirciavo un po' più in basso
e un poco più lontano, sul Listone.
 
Cercare l'amore e farlo vuol dire
riprodursi; ma anche no,
per esempio evitare di propagare
i propri fattori di trascrizione
e/o il silenzio della modificazione
dell'istone, della metilazione
dei cromosomi, in un'azione sterile, immune,
perché negarlo. Tu comunque non sei l'anello
mancante, sei piuttosto come me un altro discendente
dell'ultimo antenato comune universale.
 
Queste cose dovrei dirtele in un'altra
lingua che abbiamo in comune, invece
guarda, ne approfitto
perché mi guardi a bocca spalancata,
rimani zitto, attonito, allora
ricerco la comunione delle lingue,

Magazine, mensile stampabile

 

 

pag 1 -  pag2

 

 

Mensile a cura della Redazione di Rosso Venexiano
numero 11 realizzato da Manuela Verbasi, Immacolata Cassalia, Anna De Vivo

Lo riceverete tutti alla casella di posta usata per l'iscrizione in versione pdf stampabile.

 

Associazione Salotto Culturale Rosso Venexiano

Soci sostenitori anno 2010

Sono aperte le iscrizioni all'Ass.ne Culturale.
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Fortunatamente i giorni

Fotunatamente i giorni
corron via veloci
e non mi lasciano
il tempo di pensare
Ma le notti son lunghe
e i sogni ben
armati
di desiderati rinnegati
ricordi.
Non voglio rimpianti,
ma m'inseguono come
rabbiosi cani.
Non voglio lacrime
ma non versarne è
peggio.
Pugnalate astratte assai più dolorose di quelle
fisiche
trafiggono.
Difficile scansare il
                           colpo
Se l'avversario è il tuo
                          cuore

Cosa mi resta

(Cosa mi resta di te?)
sono qui a guardare le tue ciglia
abbassate sulle mie mani vuote
ti cerco ti chiamo
metterò da parte le mie voglie
e i miei sogni.
Una conchiglia vuota sulla risacca
solitaria
senza sole
spinta su e giù dalle deboli onde
ed è già sommersa nella rena grigia
calpestata da un passo ignaro.
Cosa mi resta di te?
un soffio impetuoso
disperso lontano.

Non colti a distanza

 Andiamocene per scale di sale
a dar vita ai nostri passeggi più eclettici,
dissi allor quando al pranzo qualcuno
- mia madre ritengo – pose sulla tavola a sfamarci
solo un pensiero che trovammo monco;
 
- Che c’è, Giordano, la biglia nel solco di sabbia lisciata
non arriva al traguardo? e il sette per otto, quanto fa?
Perché chiedi, tu che leggi qui ed ora, o domani se capita?
Lo sai che fu il monco pensiero che giunse per primo
- fors’anche ne conosci l’abbrivio:
 
monco era perché dal grano
aveva una diversa farina;
la gramigna di ogni morso perduto.
 
Così ci necessitò una noce e del pane
una al giorno per la nascita dei giorni a venire.
Poi la cerca smise la noce prima del pane
allora dovemmo le alici
era un lusso di carne, era gioia:
una al giorno per la nascita dei giorni a venire
- gli stessi giorni che il futuro ostentava: le secche sommerse.
 
Sorridemmo alla vita
che comunque non ci colse a distanza.
 
Da che, quel mio figlio di cui dissi le attese, e dedico rapiti tremori,
quello che cresce di braccia e torace mentre lì mi riposo
quello che ho temuto sognare un uomo che va
quello che ai miei tranci espone una sazietà sospetta
proprio lui che non chiede le noci e le alici,
mi vince
 
l’oggi di durezza più uguale a doversi la tavola
come ai monchi pensieri.
 
E pure domani
sorrideremo alla vita
che comunque non ci coglie a distanza.

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