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La luna di Dachau

Li sento i calci del cavallo
il loro nitrire
il lavacro autunnale dell'orrore
il drago che taglia bionde chiome
in questa luna che balugina sbiadita
tra l'oleandro e il limone
qui a Dachau
 
si torcono del buio
gli zoccoli di cristallo
nel chiaroscuro di un lume
in un mistico plenilunio
d'ombra mai vibrate
 
spigolano le anime
meste in un cerchio d'ape
irriverenti nel loro essere carne
morbide d’amore
croci abusate nella pace del solstizio
 
appoggiata alle persiane
vedo pietre grezze
folli giumente
la fibra indegna degli illuminati
occhi di cani lupo
la vita parcheggiata al limitare del campo.
 
E una nera morte da invocare alla finestra
siamo solo transiti
appoggiati a uno spicchio di luna di talco.

rincorrere ...

 
Voglio cercare, trovare i miei passi,
sui sentieri persi in un’anima che rincorre
il suo silenzio.
Ho voglia di trovare la semplicità in quel bambino
di sempre, dove un sorriso,faceva gioire il mondo.
Sento le mani che mi attraversano il viso
piegato verso una scrivania piena di fogli,
le senzazioni che una musica mi dà
solo nel sentirla, portandomi lontano,
ricordandomi parole, momenti, a chi si ha nel cuore.
Sono le gesta umili che si muovono
alla ricerca sempre nel credo in cui tutto vive,
l’emozione di una pioggia leggera che bagna i vetri
della finestra sul cortile, mentre un pozzo si disseta.
Avrei voglia di gridare  a quell’albero,

Suggestione

Memoria

 

Il mondo dei balocchi ormai sommerso
nella cartella un pinocchio rotto
guarda in avanti infante in borderline
e passo dopo passo i sogni persi

ma li mantiene qui per ricordare
in cassaforte posti dopo il guado
cosa l'aspetta adesso solo spine
ed una barca posta sulla riva

con sguardo volto colmo di terrore
in mondo immerso dentro la tragedia
dei campi coltivati dalla morte

ricordi tramandati per memoria
per non dimenticare lo sterminio
anime inermi e occhi nelle fosse

Copyright © Lorenzo 27.1.10

L'importanza di non dimenticare

E' il "Giorno della memoria". Per spiegare il significato di questa ricorrenza  non abbiamo trovato parole più appropriate di quelle scritte oltre 20 anni fa da Primo Levi, superstite di Auschwitz, in un testo indirizzato ai visitatori di quel che resta di quel Lager. Un brano di straordinaria lucidità, che suona come un appello accorato e insieme come un monito severo.

La storia della Deportazione e dei campi di sterminio, la storia di questo luogo, non può essere separata dalla storia delle tirannidi fasciste in Europa: dai primi incendi delle Camere del Lavoro nell'Italia del 1921, ai roghi dei libri nelle piazze della Germania del 1933, alla fiamma nefanda dei forni crematori di Birkenau, corre un nesso non interrotto.

Non tutti gli italiani sono stati fascisti: lo testimoniano gli italiani che sono morti qui. Con noi testimoniano coloro che hanno combattuto contro il fascismo, dai martiri operai di Torino del 1923, ai carcerati, ai confinati, agli esuli, ai nostri fratelli di tutte le fedi politiche che sono morti per resistere al fascismo restaurato dall'invasore nazionalsocialista.

Eravamo partigiani, combattenti politici, scioperanti, resistenti catturati e deportati negli ultimi mesi della guerra. Eravamo ebrei, provenienti da tutte le città italiane, già discriminati dalle leggi antisemite di Mussolini. Eravamo ricchi e poveri, uomini e donne, sani e malati. C'erano bambini e vecchi alle soglie della morte. Tutti caricati sui vagoni, e la nostra sorte è stata la stessa per tutti: un campo di sterminio nazista.

Non era mai successo, neppure nei secoli più oscuri, che si sterminassero esseri umani a milioni, come insetti dannosi; che si mandassero a morte i bambini e i moribondi. Noi, figli cristiani ed ebrei (ma non amiamo queste distinzioni) di un paese che è stato civile, e che civile è ritornato dopo la notte del fascismo, qui lo testimoniamo. In questo luogo, dove troppi innocenti sono stati uccisi, si è toccato il fondo della barbarie.

Visitatore, osserva le vestigia di questo campo e medita. Fai che il tuo viaggio non sia stato inutile, che non siano state inutili tante morti. Per te e per i tuoi figli, fai che il frutto dell'odio, di cui hai visto qui le tracce, non dia un nuovo seme, né domani né mai.

Primo Levi Leggi tutto »

S’Inarca il Tramonto a Svanire

 
Squama scarlatto
l’orgoglio dei sensi,
nei tropici in fiamme
d’anime avvinte
in fiori perversi,
fra tormenti di labbra
e parole riarse.
 
Sono mani di nuvola,
a dipingere lunghe
le rotte dei sogni,
su sentieri di pelle
spalmati di neve,
verso la culla di rose
pronte a sbocciare.
 
Nel torpore dorato
dell’estasi in volo,
gridano gli occhi
alle ombre nel cielo,
con ciglia di piuma
a sostenere la notte,
sul rogo di acque
in alta marea.
 
Guardinghe, le ali,
s’avvitano in fuga
nella tua terra
matura di stelle.

I treni per Dachau - Binario 21

E' bianco stamane,
un lenzuolo d'inverno e pietà
sui volti di fumo.
Milano dorme il silenzio
sulle ossa stese alla banchina.

Il tempo di un ultimo viaggio
e sarà cenere al velo opaco.
Cos'è la notte senza memoria
delle stelle spente
Artiglia indifferente
lunare abbaglio
inganno
che ancora venga giorno.

A.M. 27 Gennaio 2009©

Giorno della memoria

Vorrei

Vorrei avere più averi
più amore
più amori

Imparare a barare
ed a bere sapere

Vorrei
più che sembrare
apparire più vero
vorrei rimanere
e non solo lasciare
Vorrei eliminare
non sempre assembrare
Vorrei andare volare
Riposare e dormire
Vorrei ma davvero
davvero Vorrei
Ritrovarmi tra mani
un mattino me bimbo
che fui un tempo e rinato
riuscire a non dire
mai più in vita mia
Vorrei

 

Gli scomunicati della danza delle tarantole

I fuochi erano alti
le botti splillavano vino
le donne, dalle lunghe gonne
sollevavano i lembi per danzare.
Le bocche erano mature per i baci,
mentre Santa Madre Chiesa
guardava altrove;
le donne, dalle lunghe gonne
danzavano e il loro sudore
era desiderio antico.
Rosolava il vitello grasso
sul ceppo,
il figlio era tornato
e suo padre lo aveva perdonato.
Le donne dalle lunghe gonne
sfrenavano i desideri
dei guerrieri dai turbanti saraceni.
Scomunicati dalla chiesa d'occidente
chiedevano perdono,
ma le gambe nude
inducevano in nuovi peccati
e minori pentimenti.
Fu allora,
che il figlio tornato
mostrò suo figlio appena nato
e la musica cessò.
Le donne, dalle lunghe gonne
abbassarono i lembi
e coprirono le gambe
e qualcuna rimise le tette
da dove erano venute.
"E' mio figlio"
gridò il giovane
davanti al lauto pranzo
e suo padre
rinnegò la fede,
mentre Santa Romana Chiesa
benedisse un'altra crociata
per non ammettere d'aver sbagliato.

sterminio

 

 Svuotate le ossa
d'ogni arteria di vita,
s'è rifatta il sorriso
la morte
nelle reliquie d'ebrei.
Quanto sangue all'orecchio
del tempo,
quanto odio senza misura
dove furono i campi.
Fumanti camini
a sgombrare nuvole,
urla, campane.
Fra gli inganni fa concerto
l'orrore.

Mare nostrum

 
l'onda sulla secca
s'infrange e scroscia
nebulizzando salmastro
e chimiche sostanze aliene.
i pini marittimi scheletriti
oramai nudi grigi testano
l'effetto micidiale della miscela.
sormonta l'arenile e ritirandosi
ne trascina via e le correnti
veicolano la rena ed altro
lungo la costa.
in altri siti in anse quiete
fluendo lambisce deposita
ripascendo la riva.
la natura si spoglia e versa
ossi di seppia vuote conchiglie
piume e penne sulla battigia
che col tempo dissipa
l'uomo lascia vuoti gusci indistruttibili
di unguenti creme profumi
illusorie promesse di bellezza
salute e giovinezza.

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