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andante con colla vinilica, cinema d’annata ed alcune prospettive d’altro leso futuro

rops1.jpg

pornokrates, 1878 - félicien rops

vado
via col vento
cercando di centrare
il centro esatto del tempo che rimane
che ha forma di destino a mix di temporali
nel sogno di un letto sfatto e della tua buona pelle
che odora della stravaganza dei petali del tuo miglior mistero
nel sangue della follia di questi giorni destinati alla ricchezza del killer
giù verso i baratri della totale subdola distanza del sole
dove conto i minuti che rimangono nella tenerezza

vado
solo nel fuoco
nelle vesti del soldato
precipitando nel solito vortice
dei tuoi seni dai grandi capezzoli scuri
duri pugnali per le mille ferite disseminate nel mio mondo
che è mondo complesso di labirinti e mostri e disastri di soluzioni
ma che sa donare tutti gli istanti del tuo movimento di attrazione e ferocia
nei denti che scintillano e colpiscono così bene nell’affondo
nella distesa della mia feconda e suprema ultima resa

vado
nei tuoi abbracci
elencandoti tutti i desideri
uno ad uno mostrando la validità del perdersi
mentre cerco l’anima nel triangolo infernale del tuo inguine
salvandomi soltanto per queste labbra indemoniate che si nutrono di te
nelle gocce di questo tuo miele che distilli di brace come liquore per gli dei
della lingua che scava nelle pieghe della più regale delle mie voglie
provando di sacralità ogni volta questa specialità di morte
nello stupore mai confuso del più morbido risorgere

 

Lieve di canto

Frale di vano amore
vive nel colmo di due ali al cielo
il verso e il canto
Ultima nota che vibra
quel tuo silenzio spento
tra le rime dell'anima.

A.M. 2 Novembre 2009

Non è l’ora buona questa per vivere un nuovo giorno.

(ad Alda Merini - memoria per l’arrivederci)
 
Sarebbe stato meglio un sogno
dissennato di piccoli passi nel parco
appena affranta dalla vita malandata
con le ossa negli occhi
la criniera pendula ammansita
leonessa di parole.
 
Sarebbe stato meglio
un vino un fumo un uomo caro
un verso audace
nella pace
quella che ti lascia una fiamma spenta
 
- una voluta grigia ti conserva agli angeli -
 
separa l’aria
e fissa gli occhi alla metà che voli.
 
 
 

L’Uomo in blu / 2

Ed ecco l’America sotto i loro sguardi ...ecco l’Italia!.. La mostrava al figlio con orgoglio e passione, sorvolando il Mediterraneo.

- Ecco l’isola della Sardegna! ...ecco il Tirreno! ...la costa italiana! ...Napoli non si vede laggiù a destra! ...ed ecco, questa quì sotto è proprio Roma!

L’aereo argentino scese sulla pista come un grosso uccellaccio, ad ali aperte e il becco a scavare il solco dell’estrema rotta. Riportava in Patria un espatriato partito anni fa in disperata ricerca di fortuna nell’eldorado d’America. Riportava un uomo con dentro un’ansia rinnovata di superazione e di gloria, un uomo ricco di tante amare sconfitte subite a denti stretti, ma mai battuto. Era andato via con un povero bagaglio a mano, tornava con qualcosa di molto prezioso: un figlio. Un pezzo di cuore ardente. Un "crack", uno che sapeva portare palla, dribblare, calciare di destro e di sinistro e fare gooool! Tanti gol, decine e decine di gol! Un Maradona II, ecco!..

Misero piede a terra, e l’uomo in blu volle prostrarsi a baciare quel suolo per lui sacro. Il figlio gli rimase in piedi, imbarazzato tra le occhiate, con le due borse sulla spalla. Attraversarono la dogana come stranieri, come extracomunitari, così come alcuni africani, una mezza dozzina di arabi, tre o quattro cinesi, due indios ed un apolide. Il cognome italianissimo dell’uomo in blu per l’agente di guardia al casello non contava un centesimo d’euro. Inutile il battibecco patriotardo, una perdita di tempo e basta. Così dovettero correre con le valigie in mano per cercare di prendere il treno locale che li avrebbe portati alla stazione Termini.

Correre con quel peso non era un compito facile. L’uomo in blu cominciò a sudare e poi ad ansare, sbuffando e schizzando saliva.

Se

Lirica di Vittorio Fioravanti
dedicata ad Irmgard Barth
* Stoccarda, 6 aprile 1934
+ Stoccarda, 31 ottobre 1996

Se non t’avessi incontrata

Se in quell’ora
in quell’angolo
ci fossimo passati accanto
senza sfiorarci

Se non t’avessi seguita

Sarebbe bastato un gesto
e t’avrei sorpassata
me ne sarei andato via
da un’altra parte

Se non m’avessi risposto

Se le tue parole
si fossero disperse nell’aria
ed io non t’avessi capito

Se non ci fossimo conosciuti

Se quell’ora fosse trascorsa
senza comprenderci

Se ci fosse subito stato
appena un addio

Se non avessi visto nascere
quel tuo strano sorriso
il tuo sguardo nel mio
le tue mani tra le mie dita

Se non avessimo confuso
quei nostri respiri

Se non t’avessi incontrata

Se

Novembre 1996

Odo sogna

di Odo Tinteri

buon compleanno Mara

Photobucket Rieccomi a cercare di scrivere i miei sentimenti verso di te, di farti sentire tutto l'amore che ho per te.
Diciotto anni fa ancora non ti avevo abbracciata, non ti avevo nemmeno vista, solo un vuoto grande dentro me, mi sentivo derubata e sola, già mi mancavi.
Mara, quante volte hai voluto sapere della tua nascita, i primi filmati, quel tuo arrivare all'improvviso, lo scompiglio e la mia paura.
Ricordo tutto sai?
Quel 31 ottobre era un giovedì freddo e piovoso, ricordo che stavo male, pressione alta, lo sai che la tua gestazione è stata sempre a rischio, tanta è stata la paura di non poter arrivare alla fine, paura di andare incontro a un'eclampsia
La rottura delle membrane mi ha colto all'improvviso, non era così che doveva andare, e non così presto!
Durante il tragitto verso ospedale pensavo a una mia collega, ricordando un aneddoto poco simpatico, non ridere, ma veramente per me era un incubo.
Vilma era nata il 2 novembre, come consuetudine di reparto in queste date si regalavano dei fiori, peccato che la caposala arrivò un con un enorme vaso colmo di crisantemi!
La festeggiata scoppiò a piangere e a urlare, a nulla servì rassicurarla del fatto che in Giappone era il fiore dell'amore, Vilma continuò tutto il giorno a singhiozzare disperatamente.
Ecco io non volevo farti nascere il 2 Novembre!
O prima o dopo, questo era garantito.
Per tutta la notte abbiamo parlato in silenzio io e te, cercavo di aiutarti ma il mio corpo non voleva lasciarti uscire, geloso e possessivo ti voleva per sempre dentro di se.
Alla fine stremata e delusa mi arrendevo al secondo taglio cesareo.
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un soffio e poca carne

 
Vapori di uomo
in zolla tornano eternità.
Già Paradiso
con l'aria e con i silenzi.
Ed è pietà di magra fiamma
memoria che tace.
La morte sporca la vita
di dolore,
strappa l'ultima cellula,
umilia la luce e le pietre,
rompe sangue che matura.
Un soffio e poca carne
lasciano amore di mare
e tramonti
a riparo di bacio d'ali.

 

Grande Poetessa

Ti Ricordo così...
Le più belle poesie
si scrivono sopra le pietre
coi ginocchi piagati
e le menti aguzzate dal mistero.
Le più belle poesie si scrivono
davanti a un altare vuoto,
accerchiati da argenti
della divina follia.
Così, pazzo criminale qual sei
tu detti versi all’umanità,
i versi della riscossa
e le bibliche profezie
e sei fratello a Giona.
Ma nella Terra Promessa
dove germinano i pomi d’oro
e l’albero della conoscenza
Dio non è mai disceso né ti ha mai maledetto.
Ma tu sì, maledici
ora per ora il tuo canto
perché sei sceso nel limbo,
dove aspiri l’assenzio
di una sopravvivenza negata.
 
Alda Merini, da "La Terra Santa" 1983
Ci Mancherai

 

Gli occhi di Alda

Erano belli i tuoi occhi
Alda
dolci come quelli dei cani abbandonati
dolorosi come il lamento degli agnelli
la vigilia della Pasqua
caldi come un nido trattenuto tra le fronde di un castagno

nascondevano sotto le ciglia
urla e risate blasfeme
incubi
solitudini precoci
il cuore umano dei mutanti

arcani
vibravano di luce cristallina
di desideri oscuri
per le strade labili della mente
nel buio che ingoiava la tua carne
impazienti nelle tue sere giocate a carte con la pazzia
in uno slargo di sole
in un sonno d'altri tempi

ammaliavano
stanchi di una travagliata vita
scossi di torpore
nascosti come rospi sotto i sassi
nello sbattere lento delle tue parole appese al vento
lame di luce percossa
naufraghi e viandanti in notti di fine inverno

gemevano alla luna
in eco al suo latrato
feriti
celati tra le ombre
fiochi di lacrime che ti rigavano il viso
nascosti in un vecchio specchio delle brame
languidi come amanti esuli

raccoglievano smarrite dolcezza
agri di amori perduti
i tuoi occhi di fiaba sussurrata
che oggi hanno visto il paradiso.

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