Giro di boa
Lirica di Vittorio Fioravanti
Hanno occhi umani
i gabbiani che affollano
la boa ancorata in aprile
Neanche si spostano
al fendersi l'onda
sotto l'ossuta prora
della mia vita vissuta
Compio l'ennesimo giro
remando ormai lento
per mantenere quel ritmo
che possa ancora per poco
sostenere il mio polso
Risalgo controcorrente
il canale percorso
sovrapponendo immagini
semisommerse nel fondo
della riva di fronte
I volti cari dei figli
le membra più amate
panorami di terre e di mari
di città e di quartieri
parole e suoni stranieri
il canto della mia gente
La mia solitaria regata
volge al traguardo
linea netta affilata
tracciata da quella sponda
ma non c'è intorno nessuno
ad attendere il mio finale
Forse neppure la morte
un teschio dietro la maschera
bianca di gesso
con una lagrima stanca
Fondamenta deserte
qualche passante sui ponti
turisti in piazza
io solo
Così non potrò mai sapere
l'ordine del mio arrivo
nessuno davanti a me
né dietro la scia di spuma
che sto lasciando da vecchio
sullo specchio increspato
dell'acque della laguna
Morirò sfinito sul remo
contro l'estremo pontile
e solo allora - forse -
s'alzeranno in volo i gabbiani
sull'ormai inutile boa
del tredici aprile
13 aprile 2003
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La bella poltrona.
Seppur buttata lì
accanto al cassonetto
in compagnia di vecchie
rotte cose abbandonate
avevi l'aria elegante
di nobile sventurata cui
la vita frettolosa incalzante
ha scompigliato il look.
L'architettura raffinata
polito solido il telaio e
di curva in curva ricercate
forme di bell'ingegno
aliena qui tra le modeste cose.
Qual destino ti condusse
così lontano dal tuo naturale
non squarci, né brutte piegature
solo brune macchie rapprese
rossastre, raggrumate
sullo schienale color ghiaccio.
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Masticare sogni
E non c'è che la vita
per masticare sogni
titillarsi l'anima
grattarsi la ferita
rimarginata appena e
gli occhi son solo finestre
aperte a volte, altre chiuse
polverose spesso
perché non t'abbia accecare
la luce della realtà.
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Libertà
Il vento di maestrale
spazza forte raso la battigia
granuli minimi ruzzolano
andandosi a comporre
onde dietro onde , quasi
circonvoluzioni cerebrali
all'asciutto del mare.
Un ramo contorto
nudo insabbiato fondo
trattiene un lembo rosso
tormentata banderuola sfilacciata
che frusta l'aria
per recitare una prece
e volar via altrove libera
dall'essere rifiuto.
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Più non si narra
Più degli eroi non si narra
in questa terra arida, ostile, secca.
Più delle grandi imprese non s'acclama
mentre il vento spira
sui contorni d'Africa.
Più dei viaggiatori e pellegrini
non si ode il canto,
delle meraviglie figlio.
Più delle grandi Dee
non ci si sofferma
ad ascoltare il passo.
Frastuono e caos
nell'odierno mondo regnan.
E piccola un'anima
a rimeggiar si presta.
Ippolito Caffi, Egitto - Karnak a Tebe, 1844
Alexis
12.10.2009
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Bimba
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