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25 aprile. Lettere dei condannati a morte della resistenza

 
Giancarlo Puecher Passavalli, 20 anni, fucilato nel dicembre 1943
 
Muoio per la mia Patria. Ho sempre fatto il mio dovere di cittadino e di soldato: Spero che il mio esempio serva ai miei fratelli e compagni. Iddio mi ha voluto... Accetto con rassegnazione il suo volere.  
Non piangetemi, ma ricordatemi a coloro che mi vollero bene e mi stimarono. Viva l'Italia. Raggiungo con cristiana rassegnazione la mia mamma che santamente mi educò e mi protesse per i vent'anni della mia vita.
L'amavo troppo la mia Patria; non la tradite, e voi tutti giovani d'Italia seguite la mia 
via e avrete il compenso della vostra lotta ardua nel ricostruire una nuova unità nazionale. Perdono a coloro che mi giustiziano perché non sanno quello che fanno e 
non sanno che l'uccidersi tra fratelli non produrrà mai la concordia.  
A te Papà l'imperituro grazie per ciò che sempre mi permettesti di fare e mi concedesti. 
Gino e Gianni siano degni continuatori delle gesta eroiche della nostra famiglia e non 
si sgomentino di fronte alla mia perdita. I martiri convalidano la fede in una Idea. Ho 
sempre creduto in Dio e perciò accetto la Sua volontà. Baci a tutti. 
 
Giancarlo 
 
 
 
 
Giacomo Ulivi, 19 anni, fucilato nel novembre  
 
Cari amici, 
vi vorrei confessare, innanzi tutto, che tre volte ho strappato e scritto questa lettera. 
L'avevo iniziata con uno sguardo in giro, con un sincero rimpianto per le rovine che ci circondano, ma, nel passare da questo all'argomento di cui desidero parlarvi, temevo di apparire ‘falso', di inzuccherare con un preambolo patetico una pillola propagandistica. E questa parola temo come un'offesa immeritata: non si tratta di propaganda ma di un esame che vorrei fare con voi. […] 
Al di là di ogni retorica, constatiamo come la cosa pubblica sia noi stessi, la nostra famiglia, il nostro lavoro, il nostro mondo, insomma, che ogni sia sciagura, è sciagura nostra, come ora soffriamo per l'estrema miseria in cui il nostro paese è caduto: se lo avessimo sempre tenuto presente, come sarebbe successo questo? L'egoismo - ci dispiace sentire questa parola - è come una doccia fredda, vero? […] 
L'egoismo, dicevamo, l'interesse, ha tanta parte in quello che facciamo: tante volte si 
confonde con l'ideale. Ma diventa dannoso, condannabile, maledetto, proprio quando è cieco, inintelligente. Soprattutto quando è celato. E, se ragioniamo, il nostro interesse e quello della ‘cosa pubblica', insomma, finiscono per coincidere. Appunto per questo dobbiamo curarla direttamente, personalmente, come il nostro lavoro più delicato e importante. Perché da questo dipendono tutti gli altri, le condizioni di tutti gli altri Se non ci appassionassimo a questo, se noi non lo trattiamo a fondo, specialmente oggi, quella ripresa che speriamo, a cui tenacemente ci attacchiamo, sarà impossibile. Per questo dobbiamo prepararci. Può anche bastare, sapete, che con calma, cominciamo a guardare in noi e ad esprimere desideri. Come vorremmo vivere, domani? No, non dite di essere scoraggiati, di non volerne più sapere. Pensate che tutto è successo perché non ne avute più voluto sapere! 
Ricordate, siete uomini e avete il dovere, se il vostro istinto non vi spinge ad esercitare il diritto, di badare ai vostri interessi, di badare a quelli dei vostri figli, dei 
vostri cari. Avete mai pensato che nei prossimi mesi si deciderà il destino del nostro 
Paese, di noi stessi: quale peso decisivo avrà la vostra volontà se sapremo farla valere: che nostra sarà la responsabilità, se andremo incontro a un pericolo negativo? 
Bisognerà fare molto. Provate a chiedervi un giorno, quale stato, per l'idea che avete 
voi stessi della vera vita, vi pare ben ordinato: per questo informatevi a giudizi obbiettivi. Se credete nella libertà democratica, in cui nei limiti della costituzione, voi 
stessi potreste indirizzare la cosa pubblica, oppure aspettate una nuova concezione, 
più egualitaria della vita e della proprietà. E se accettate la prima soluzione, desiderate che la facoltà di eleggere, per esempio, sia di tutti, in modo che il corpo 
eletto sia espressione diretta e genuina del nostro Paese, o restringerla ai più preparati oggi, per giungere ad un progressivo allargamento? Questo ed altro dovete 
chiedervi. Dovete convincervi, e prepararvi a convincere, non a sopraffare gli altri, ma neppure a rinunciare. 
Oggi bisogna combattere contro l'oppressore. Questo è il primo dovere per noi tutti. 
Ma è bene prepararsi a risolvere quei problemi in modo duraturo, e che eviti il 
risorgere di essi e il ripetersi di tutto quanto si è abbattuto su noi. 
Termino questa lunga lettera un po' confusa, lo so, ma spontanea, scusandomi ed 
augurandoci buon lavoro”.  
 
 
 
 
Antonio Brancati, 23 anni, fucilato nel marzo del 1944
 
Carissimi genitori,  
non so se mi sarà possibile potervi rivedere, per la qual cosa vi scrivo questa lettera. 
Sono stato condannato a morte per non essermi associato a coloro che vogliono 
distruggere completamente l'Italia.  
Vi giuro di non aver commessa nessuna colpa se non quella di aver voluto più bene di costoro all'Italia, nostra amabile e martoriata Patria.  Voi potete dire questo sempre a voce alta dinanzi a tutti.  
Se muoio, muoio innocente.
Vi prego di perdonarmi se qualche volta vi ho fatto arrabbiare, vi ho disobbedito, ero 
allora un ragazzo.  
Solo pregate per me il buon Dio. Non prendetevi parecchi pensieri. Fate del bene ai 
poveri per la salvezza della mia povera anima. Vi ringrazio per quanto avete fatto per 
me e per la mia educazione. Speriamo che Iddio vi dia giusta ricompensa.  
Baciate per me tutti i fratelli: Felice, Costantino, Luigi, Vincenzo e Alberto e la mia 
cara fidanzata. 
Non affliggetevi e fatevi coraggio, ci sarà chi mi vendicherà. Ricompensate e 
ricordatevi finché vivrete di quei signori Matteini per il bene che mi hanno fatto, per 
l'amore di madre che hanno avuto nei miei riguardi. Io vi ho sempre pensato in tutti i 
momenti della giornata.  
Dispiacente tanto se non ci rivedremo su questa terra; ma ci rivedremo lassù, in un 
luogo più bello, più giusto e più santo.  
Ricordatevi sempre di me. 
Un forte bacione  
Antonio 
Sappiate che il vostro Antonio penserà sempre a voi anche dopo morto e che vi 
guarderà dal cielo. 
 
 
Albino Abico, 24 anni, fucilato nell'agosto del 1944 
 
Carissimi, mamma, papà, fratello sorella e compagni tutti, mi trovo senz'altro a breve distanza dall'esecuzione. Mi sento però calmo e muoio sereno e con l'animo tranquillo. Contento di morire per la nostra causa: il comunismo e per la nostra cara e bella Italia.  
Il sole risplenderà su noi "domani" perché tutti riconosceranno che nulla di male 
abbiamo fatto noi.  Voi siate forti come lo sono io e non disperate.  
Voglio che voi siate fieri ed orgogliosi del vostro Albino che sempre vi ha voluto bene. 
 

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