Al-barquq | Prosa e racconti | Andrea Occhi | Rosso Venexiano -Sito e blog per scrivere e pubblicare online poesie, racconti / condividere foto e grafica

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Al-barquq

Al centro dell’Anatolia, in quell’area equidistante dal Mar Nero ed il Mediterraneo, fui rapito dal mio precario equilibrio, sottratto alla spessa fune della realtà, dal tuo sorriso e dalla tua pelle, lo ricordo ancora. Incantato dai camini delle fate di Zelve, privi del fuligginoso fumo del carbone, ma dotati di vulcanico fascino, mi smarrii tra i colori sbiaditi e sabbiosi che le prime ombre sinuose del tramonto mutavano in rosa. La polvere dorava il sole che sfiorava bassi vigneti e alberi d’albicocco che verdeggiavano alla base della Uzumlu Kilise. Con le spalle volte a oriente lasciai la Zelve Yolu con direzione Goreme, circondato da quel paesaggio che ritenevo potesse essere proprio ed esclusivo della superficie lunare, quando in quel fiabesco silenzio, un asino soggiogato dal peso di due gerle ricolme di quei dolci e piccoli frutti arancioni mi si fece incontro, al fianco di una figura il cui corpo era avvolto da un drappo di cotone verde e nero ed il capo, da un turbante verde. Ricordo che nello sfiorare il nostro cammino, i nostri sguardi verdi si seguirono per quella frazione di tempo necessaria ad esprimere tutto ciò che le lingue non avrebbero saputo descrivere. Le nostre schiene si erano allontanate di qualche passo nelle opposte direzioni quando la tua voce mi obbligò ad arrestare il passo ed a volgermi verso di te. “Al barquq!” Con le braccia tese verso di me, mi porgevi alcuni frutti. “Al barquq!”, ripetesti con una velata stizza, poiché non capivo che mi stavi porgendo i frutti come omaggio. Mi avvicinai a te e mi parve di cogliere un fuoco di felicità nei tuoi occhi. Le mie dita sfiorarono le tue. Presi un frutto. Lo assaporai come fosse l’ultima albicocca della terra. Con eleganza scopristi il capo e la tua chioma nera si liberò. Quattro occhi verdi che si incrociano tra le fate è una coincidenza impossibile: solo la magia l'ha potuta rendere reale. Mi prendesti per mano sino alla Geyikli Kilise dove con affanno mi spogliasti avidamente, con sacrilego desiderio. Sulla tua pelle brillava la polvere che si impastava al sudore. Bellissima, nuda, affamata di vita e amore, di quell’amore immediato, istantaneo, che nulla chiede se non il tempo di uno sguardo violento, un fotogramma. Rimasi lì, pietrificato, come soldato di terra, ad osservare e proteggere i tuoi tesori. Non dimenticherò mai la tua al-barquq, di velluto e zucchero ambrato, non dimenticherò mai il mio amore: assaporo ancora le albicocche con la stessa emozione. Sono trascorsi 32 anni da allora.

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