Cristina | Prosa e racconti | miresol | Rosso Venexiano -Sito e blog per scrivere e pubblicare online poesie, racconti / condividere foto e grafica

Login/Registrati

Commenti

Sostieni il sito

iscrizioni
 
 

Nuovi Autori

  • Gloria Fiorani
  • Antonio Spagnuolo
  • Gianluca Ceccato
  • Mariagrazia
  • Domenico Puleo

Cristina

Cristina.
C’erano curve una volta sotto i tuoi abiti, la morbidezza del seno, la sovrabbondanza dei fianchi, quel dondolarsi buffo, a metà tra seduzione e la sua presa in giro.
Tu eri dentro il tuo corpo e ti muovevi quieta, coi polpacci forti, le mani da contadina, mani che amavano immergersi nella terra, facevano nascere piante, toglievano pietre, mani ruvide che cercavano il ruvido dell’esistenza per accoglierlo in grembo.
Avevi dita senza anelli, il mignolo leggermente storto, ti ho visto riempire vasi, svegliare alla vita vecchi semi, ridere di un orlo scucito, perché non aveva importanza. E poi ridere in quei giorni di ottobre, quando Pino ritornava dalla vigna, con tutti i suoi progetti sul vino sensazionale che avrebbe fatto proprio come una volta. Era il tuo modo di volergli bene, un burlarsi leggero che solo da te Pino era disposto ad accettare. Lui, che un tempo era vissuto di libri, quelli degli altri e i suoi, aveva finito per ritirarsi sui colli, a inseguire una tenacia dei gesti, dopo essere stato deluso da troppe parole. Parole che ritornavano dentro i discorsi la sera intorno alla grande tavola, oppure fuori, seduti sulla panca, la vista verso il Venda. Eravamo soprattutto io e lui a discutere, gesticolando, tu ci guardavi quieta, con l’aria un po’ sorniona, come un arbitro che vuol sottrarsi al suo ruolo.
La notte scendeva lucida di stelle, Pino fumava e io vi ero grata di quell’ospitalità senza preamboli. Quando avevo bisogno di far tacere le voci nella mia testa, scappavo da Milano, correvo da voi, cercavo di rendermi utile nel mio modo impacciato che ti ricordava tanto Pino. Me lo dicesti una volta. “Forse per questo ti sono così affezionata” aggiungesti dopo, la voce calma, lo sguardo sorridente.
 
Ma arrivò quella sera a dividerci; a volte basta un’ombra sul viso a segnare una frattura, a erigere muri che non si riescono più ad abbattere.
“ Vogliamo un figlio, forse sono già incinta” , mi confidasti, poi Pino si avvicinò e mise il suo braccio protettivo sulle tue spalle; un gesto che gli era abituale, ma ora era accompagnato da uno sguardo che inevitabilmente, inesorabilmente, mi escludeva.
“La sacra famiglia, anche loro hanno ceduto, si sono arresi” mi sorpresi a pensare sarcastica, senza riuscire a gioire per quella notizia.
Ti avevo conosciuto quando avevi già smesso la tua vita nomade. Nata in un paesino di campagna, cresciuta dentro un clima troppo austero, avevi dato forma alla tua ribellione andando via a diciott’anni. Eri convinta che solo le piante dovessero avere radici, che fosse mancare al proprio destino starsene a languire per sempre in qualche posto. In questo tuo agire, generoso e forsennato, avevi rischiato di perderti, poi avevi incontrato Pino, avevate preso in affitto quella casa lì sui colli e le tue mani avevano riscoperto il loro amore per la terra, coniugando libertà a concretezza.
Allora che cosa più di un figlio avrebbe potuto portare a compimento un tale sogno? Perché pensare a questo come a un tradimento?
Forse perché per la prima volta mi sentivo davvero inutile e mi era difficile ammetterlo; io che avevo sempre sostenuto di non volere figli, mi ero accorta di avere un corpo vuoto, un ventre disabitato, mentre tu vivevi pienamente il tuo.
A fatica mi congratulai con voi, sentendomi falsa, ma qualcosa dalla mia espressione doveva essere trapelato e la serata fu più silenziosa del solito. Il giorno dopo, con una scusa, me ne andai.
 
Rimasi quasi un anno senza vederti, in quest’intervallo solo una telefonata. Avevi una voce inerte, la udivo appena, come se un vento gelido ti soffiasse contro. Nei tuoi discorsi non accennavi più a un figlio, né mi parlavi delle tue piante o di altri progetti. Pensai che questo dipendesse da me, da come mi ero comportata.
Così ritornai da voi, un giorno, senza preavviso. Pino era a un convegno, la vita in collina, con i suoi ritmi ripetitivi, incominciava a stargli stretta.
Ti osservai, mentre ti facevi avanti sull’aia per accogliermi con i vecchi jeans troppo larghi, il camicione informe. Ti chiesi se eri dimagrita, mi rispondesti “Di poco” . Eppure era forte l’impressione che mancasse il tuo corpo sotto quel vestito, che una parte di te fosse andata altrove.
Anche la casa pareva deserta, vi regnava un ordine che non era mai stato tuo, derivato non dall’amore per gli oggetti ma dal loro progressivo sottrarsi: così erano scomparsi i vasi alla finestra, i mazzi di erbe aromatiche in cucina, la vecchia radio, glorioso cimelio, che aveva funzionato fino a due anni prima. Quante domande avrei voluto farti, ma il tuo riserbo mi scoraggiava, così mi limitai ad abbracciarti forte, prima di partire.
Telefonai solo dopo qualche mese, mi rispose Pino.
Seppi da lui che avevi perso il bambino, che eri stata male, ti eri depressa, ma sembravi esserne uscita, poi all’improvviso avevi scelto di allontanarti, non sopportando più né lui né il posto. Un giorno non ti aveva trovato più a casa, sul tavolo solo un biglietto con poche parole e questo era tutto.
Adesso l’edificio era stato messo in vendita e presto anche lui se ne sarebbe andato. Stupidamente gli domandai del vino. “In fondo era solo una stronzata” replicò sprezzante. Gli chiesi il tuo indirizzo, mi disse che non lo sapeva e in ogni caso tu non volevi essere rintracciata.
 
Sarà, ma non ne sono sicura, come non penso che uno se ne vada tutto in un colpo, si comincia pian piano a sottrarsi agli altri, a quelli che più si ama, finché  l’affetto non diventa sofferenza o distanza incolmabile
Negli anni ti ho cercato, ma non sono più riuscita a trovarti. Così oggi sono tornata sui colli a rivedere la casa; i rampicanti che una volta si aggrappavano discreti, ora ricoprono tutta la facciata, quasi a impedire l’accesso.
Per un attimo mi è sembrato che tu fossi dietro quelle finestre e stessi ridendo, poi ho strisciato la mano contro il muro e nel graffio che mi sono fatta ho sentito una tua carezza.
 

Cerca nel sito

Cerca per...

Sono con noi

Ci sono attualmente 3 utenti e 6152 visitatori collegati.

Utenti on-line

  • Antonio.T.
  • Ardoval
  • ferry