Scritto da © nello vittorio - Dom, 15/01/2012 - 18:03
Per caso t’incontrai in quel paese
ove mai pensato avrei m’innamorassi
quando saltavo tra quei fossi e sassi
e, lesto, preparai il mio maggese.
Trascorso abbiamo già cinque cinquine,
di cinquina la sesta già cammina
e tu rimasta sei quella Fatina
ch’io intravidi quel dì tra le tendine.
In questi cinque già passati lustri
migliore non potevi farmi dono:
Gioielli son dal viso dolce e buono
quei cinque che donato m’hai di Astri.
In tant’anni hai mutato solo gli anni.
Per il resto sei com’eri: Dolce e buona
come allora ,dolce sei tuttora e buona,
mutato manco t’hanno i grand’affanni.
In trent’anni andati via divenuta
sei maestra di bontate e dolcezza,
nell’alma tua racchiudi giovinezza
e resti la fatin ch’amor non muta.
Tanta tristezza mi riempie il cuore
il ricordo dei dì passati invano
quando ,dolce com’ora,piano piano
mi donavi te stessa a tutte l’ore.
Sol mi consola l’accresciuto affetto
e, le mie colpe un poco sminuisce
perchè, per te, l’affetto non svanisce
ma rafforzar lo sento nel mio petto.
Or mio è il tuo male se malata sei,
se piangi tu, nel cuore lacrim’anch’io,
se stanca sei, ahimè, stanco son io,
contento son pur’io se contenta sei.
Tanto m’hai dato , tanto poco ho dato!
Ah! se potessi indietro ritornare
amor d’amore tornerei ad amare
e sempre più vicino ti starei,
come al padrone il cagnolin fidato.
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