Il macinino di Silvana Anelli | Prosa e racconti | Maria34 | Rosso Venexiano -Sito e blog per scrivere e pubblicare online poesie, racconti / condividere foto e grafica

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Il macinino di Silvana Anelli

 
La casa appariva innaturalmente vuota e silenziosa.
C’erano ancora alcuni mazzi di fiori che Elisa avrebbe portato al cimitero nei giorni seguenti. Dopo tutti quei saluti di cordoglio, baci, abbracci, lacrime, ella si sentiva svuotata. Non immaginava che la zia Angela, che non aveva ormai più parenti esclusa lei, conoscesse così tante persone e che  così tante persone le fossero affezionate.
Avrebbe dovuto raccogliere tutte le sue forze per trovare il tempo e qualcuno che l’aiutasse a svuotare l’appartamento. Era il compito più ingrato e la sola idea di ciò che l’attendeva le pesava come un masso.
Quella casa e tutto ciò che conteneva le erano molto cari.
La Spezia era per lei la vacanza, l’infanzia e la libertà.
Si guardava attorno, passando da una stanza all’altra, considerando quanti oggetti la zia aveva accumulato negli anni. Cosa avrebbe dovuto farne? Non poteva tenerli e non poteva nemmeno liberarsene, perlomeno non di tutti. Avrebbe dovuto fare una scelta ed era sicura che avrebbe richiesto tempo e sofferenza.
Accarezzava lentamente e con tenerezza oggetti che aveva visto usare tante volte dalla zia. Ognuno di essi le riportava alla mente situazioni e momenti della sua fanciullezza quando trascorreva l’estate in quella casa e con la zia si sentiva amata e compresa.
Ella trovava sempre il modo più insolito di trascorrere il pomeriggio, aveva sempre un’idea nuova e stimolante. Di solito la portava al mare e, poiché a Spezia non vi è spiaggia per i bagnanti, di solito andavano alle Cinque Terre. Viaggiavano in treno perché il nonno era stato ferroviere e la zia non pagava il biglietto. Così una volta era Monterosso, un’altra Lerici e qualche volta andavano a Porto Venere con la corriera. Per Elisa tutto ciò era nuovo, diverso, eccitante ed ogni volta viveva l’esperienza come un’avventura.
Alla zia piaceva Monterosso. Elisa , al contrario non amava andarvi poiché il sole tramonta troppo presto dietro i monti e questo le costringeva a tornare a casa prima del solito. Oltre tutto la spiaggia era tutta sassi e sdraiarsi a prendere il sole significava alzarsi tutti doloranti.
Alla zia non diceva nulla perché non si osava e poi le voleva troppo bene: ella era l’unica che apprezzasse tutto ciò che Elisa diceva o faceva. L’unica che le dedicasse tempo ed attenzione. Quando l’estate finiva, l’idea di tornare a casa sua era insopportabile.
Entrò in camera da letto. La luce soffusa filtrava dalle persiane leggermente abbassate e tutta la stanza aveva l’aspetto delicato che Elisa ricordava. Il copriletto rosa  antico era quello di sempre, ancora in buono stato. Sul cassettone, sopra un grande centrino ricamato vi era una piccola cornice. La fotografia ritraeva Elisa, che allora era adolescente, seduta tra la madre Anna e sua sorella, la zia Angela. Tre donne sole ma sorridenti, sedute di fronte al mare in un pomeriggio assolato di fine estate. 
Si voltò verso la finestra. La poltroncina era al solito posto, affianco al tavolino rotondo su cui la zia posava sempre gli occhiali e l’ultimo libro che stava leggendo.
Fu allora che Elisa vide il macinino. Non era certo al suo posto e non poté fare a meno di domandarsi come mai quell’oggetto si trovasse lì. Si avvicinò  e lo prese tra le mani.  Non aveva l’aria di essere stato usato molto ed era ancora in buone condizioni. Stava pensando di riportarlo in cucina quando la sua attenzione fu attirata dal cassettino sul fondo che appariva non ben richiuso. Lo aprì solo per richiuderlo. Forse non lo avrebbe mai fatto se fosse stato chiuso bene.
La sorpresa fu grande. All’interno, ripiegato più volte, vi era un foglio di color rosa scritto con inchiostro azzurro perché un po’ sbiadito. Lo aprì ed iniziò a leggere quella che sembrava essere una lettera.
“Cara Angela, angelo mio, se stai leggendo questa lettera è perché io non ce l’ho fatta. Sai quanto ho odiato partire per questa guerra che ritengo assurda e che mi ha portato lontano da te. Dio solo sa quanto avrei voluto che tu non dovessi mai leggere questa lettera.
 Ripenso a tutti i nostri progetti, ai sogni di un futuro insieme nella casa dove mi stai aspettando. Ripenso agli oggetti che abbiamo comprato insieme e che avremmo voluto usare insieme. Ti lascio tutto. Voglio per sempre immaginarti come ti ho vista nella nostra casa. Avrei voluto dividere tutta la mia vita con te, nel bene e nel male. Per me essa non ha senso senza te! Ma così è andata. Tu sai quanto ti amo ed ora sai che ti amerò davvero per sempre.
Amore mio, ora mi devi ascoltare bene: proprio perché ti amo più della mia vita, desidero che tu sia felice e prego perché l’avvenire ti sia benevolo. Mi auguro che tu trovi qualcuno che ti stia al fianco, che si prenda cura di te, che ti ami come ti ho amato io. Non posso pensarti sola a trascorrere la vita senza la gioia che dà amare e sentirsi amati, senza che essa abbia un senso. L’amore è l’unica cosa che dà un senso a questa nostra umile esistenza.
Se vivrai la vita che sognavamo per noi, non importa se lo farai con qualcun altro. Vivi ed ama come avresti voluto fare con me. Solo così posso avere pace e perdonarmi per non essere riuscito a tornare da te.
Avrai per sempre il mio amore, Angela.
Addio, angelo mio. Tuo per sempre, Aldo.”
Elisa era in piedi, pietrificata dalla lettura di quella che le appariva essere la più bella lettera d’amore mai letta. Spesso si era domandata come mai la zia non si fosse mai sposata e non aveva idea che avesse avuto una storia d’amore così importante. Si guardò intorno immaginando che la casa di cui si parlava nella lettera fosse la stessa. Di sicuro lo era perché la zia aveva vissuto lì da sempre.
Per Elisa ora sarebbe stato ancora più difficile disfarsene. Rimise la lettera, ripiegata, nel cassettino del macinino da caffè considerando quanto la zia fosse stata riservata poiché mai le aveva parlato di quella storia. Inoltre non riusciva ad evitare di pensare a quanto fosse stata insolita la scelta di un tale nascondiglio.
Elisa prese il macinino e lo mise nella sua borsa.
Ora sapeva che quello sarebbe stato per sempre un oggetto da cui non si sarebbe mai separata.
 
                                                               Silvana   Anelli
 
 

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