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La grande illusione

All’acqua! All’acqua! Si gridò.
 
Seppure in pochi alle grida, 
si fu ratti come argentee sogliole.
Il guizzo ci prese del frenetico andare
le pinne magistrali rivolte al passato,
proiettammo verso il futuro l’algida tensione
alla ricerca della fonte maestra.
 
Qualora raggiunta avrebbe mai reso
giustizia attesa a cotanto fervore?
 
Eppure tutto portava là, alla fonte 
dove l’inizio ha un senso nonostante
l’acqua alla fine canti diversa canzone.
Le note fluivano come liquido immemore,
Dimentichi coscienti del nostro essere 
cantammo la lunga canzone della vita.
 
Muti come sogliole ci credemmo salmoni.
 
E alla fine arrivammo alla foce.
Ci parve il delta ma fu estuario? Nella confusione
di pinne e dorsi, boccheggianti, stremati
tre di noi con le rosse guance d’invidia morirono.
Uno solo sopravvisse, avea la pancia gonfia
non sputò nemmeno una lisca, l’infame 
l’indegno pasto lo sostenne fino al traguardo.
 
Fu lì, che in sussulto di indecenza, mentre
con voce stridula intonava la canzone della fonte,
il ricordo dello scempio compiuto richiamò
tre lische alla gola e soffocò.
 
Cantò da salmone ma morì sogliola.
 
L’acqua sconcertata non decise la sua parvenza
foce, delta oppure estuario? 
Nell’indecisione si inabissò nell’arido terreno
che con un singulto lussurioso tutta l’ingoiò.
 
Ripresi il canto interrotto, ma la voce non sortì,
spiaggiai muto come un pesce credendomi usignolo.
 

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