La tazzina e l’ascia (ritratto di oggetti - 3) | Prosa e racconti | Anonimo | Rosso Venexiano -Sito e blog per scrivere e pubblicare online poesie, racconti / condividere foto e grafica

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La tazzina e l’ascia (ritratto di oggetti - 3)

 
            Immagino già il borbottio dell’ascia quando saprà dell’acquisto di nuove tazzine.
            La tazzina è un semplice insetto da labbra. Convoglia il bordo sull’unico lato del viso che ricalca. C’è senza dubbio una fuga inespressa nel manico, come volesse rimanere di stucco quando l’uso lo spinge nell’acqua. Che meraviglia il gusto della notte ripreso dal caffè e fornito del suo guscio di ceramica!, rimette l’universo nel suo cilindro: una vera magia… La tazzina esce così dalla tana dei bicchieri, quei temuti watussi di vetro.
            Si arrabbia di certo l’ascia, che da giorni sfibra con una richiesta di legno tutti i ceppi del circondario. Ruota a mezz’aria col sibilo della fretta. Incide sul fusto la caratteristica lisciatura della morte (la morte ama le scale, ma usa gli ascensori veloci dei corpi). L’ascia non produce scorie, non determina la perdita di linfa: in altre parole, il sangue del tronco non evade. Permane immoto come sorpreso nella sequenza dei colpi. Senza sepolcro, scopre i nodi come chimere.
            La tazzina è molto suadente. Ha una sincronia nel modo di porsi che forma la calma prima che l’anima l’avverta. La pelle vitrea è insieme gioventù e riflessi. Si distende come può: a volte rotola indifferente; in taluni pomeriggi pratica la posizione sîrsâsana e   potrebbe stare ore intere sullo sgocciolatoio con le sue anche alte. La tazzina è una ginnasta con due cerchi armoniosi.
            Che se ne possa accorgere l’ascia è un puro accidente.
            Vive in un cosmo relativo, fors’anche senza più un orizzonte da intagliare. Pur avendo dato assi al mare, l’ascia, che non ebbe altra vela, non potè cercare differente sorte che il patibolo. Fu la sua unica avventura di sangue oltraggiato. Quel bagno mefitico ritenuto capolinea di giustizia, decretò l’abbandono di qualsiasi velleità di strumento divino. Oggi, se esce all’aperto, si traveste da guitto e, sulle labbra la lama morsicata, tergiversa per sua naturale passione.
 
            La tazzina raccoglie solo il piacere e non vede sull’ascia come cola l’acciaio.  

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