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Mario Benedetti - Cinco sueños / Cinque sogni - Vision Book di Ezio Falcomer e Antonio Nazzaro

  
Voce: Ezio Falcomer
Video: Antonio Nazzaro
Copyright: Accademia dei Sensi
 
 
 

En total, soñé cinco veces con Edmundo Belmonte, un tipo esmirriado, cuarentón, con expresión más bien siniestra, malquerido en todos los ambientes y tema obligado de conversación en las mesas de funcionarios o de periodistas.
En el primero de esos sueños, Belmonte discutía larga y encarnizadamente conmigo. No recuerdo bien cuál era el tema, pero sí que él me repetía, como un sonsonete: «Usted es un atrevido, un inventor de delitos ajenos», y a veces agregaba: «Me acusa y es perfectamente consciente de que todo es mentira». Yo le mostraba los documentos más comprometedores y él me los arrebataba y los rompía. Era en medio de ese desastre que yo despertaba.
En el segundo sueño ya me tuteaba y sonreía con ironía. Sus sarcasmos se basaban en mis canas prematuras. Generalmente, la broma explotaba en una sonora carcajada final, que por supuesto me despertaba.
En el tercer sueño yo estaba sentado, leyendo a Svevo, en un banco de la plaza Cagancha, y él se acercaba, se acomodaba a mi lado y empezaba a contarme los intrincados motivos que había tenido, allá por el 95, para herir de muerte a un comentarista de fútbol. Lógicamente, yo le preguntaba cómo era que ahora andaba tan campante, señor de la calle, y él volvía a sonreír con ironía: «¿Querés que te cuente el secreto?», pero fue precisamente en esa pausa que me desperté.
En el cuarto sueño me contaba con lujo de detalles que el gran amor de su agitada vida había sido una espléndida prostituta de El Pireo, a la que, tras un quinquenio de maravilloso ensamble erótico, no había tenido más remedio que estrangular porque lo engañaba con un albanés de poca monta. De nuevo insistí con mi pregunta de siempre (cómo era que andaba libre). «El narcotráfico, viejo, el narcotráfico.» Mi estupor fue tan intenso que, todavía azorado, me desperté.
Por fin, en mi quinto y último sueño, el singular Belmonte se apareció en mi estudio de proyectista, con una actitud tan absurdamente agresiva que no pude evitar que mis dientes castañetearan.
—¿Por qué me vendiste, tarado? —fue su vociferada introducción—. Te crees muy decente y pundonoroso, ¿verdad? Siempre te advertí que con nosotros no se juega. Y vos, estúpido, quisiste jugar. Así que no te asombres de lo que viene ahora.
Abrió bruscamente el portafolios y extrajo de allí un lustroso revólver. Me incorporé de veras atemorizado, pero antes de que pudiera balbucear o preguntar algo, Belmonte me descerrajó dos tiros. Uno me dio en la cabeza y otro en el pecho. Curiosamente, de este último sueño aún no me he despertado.

(da Mario Benedetti "El porvenir de mi pasado")

 
 
 

Cinque Sogni

In tutto, ho sognato cinque volte con Edmundo Belmonte, un tipo magro, quarantenne, con un’espressione più che sinistra, malvoluto in tutti gli ambienti e tema obligato di conversazione ai tavoli di funzionari o di giornalisti.
Nel primo di questi sogni, Belmonte litigava lungamente e furiosamente con me. Non ricordo bene quale era il tema, pero lui mi ripeteva, come una cantilena,: «Lei è un insolente, un inventore di deliti impropi», e a volte aggiungeva: «Mi accusa ed è perfettamente cosciente che tutto è una menzogna». Io gli mostravo i documenti piú compromettenti e lui me li strappava di mano e li rompeva. Era in mezzo a questo disastro che io mi svegliavo.
Nel secondo sogno giá mi dava del tu e sorrideva con ironia. I suoi sarcasmi si basavano sui miei prematuri capelli bianchi. Generalmente, lo scherzo esplodeva con una sonora risata finale, che ovviamente mi svegliava.
Nel terzo sogno ero seduto, leggendo Svevo, su una panchina della piazza Cagancha e lui si avvicinava, si accomodava di fianco a me ed iniziava a raccontarmi gli intricati motivi che aveva avuto, intorno al 95, per ferire a morte un cronista di calcio. Logicamente, io gli domandavo a cosa si doveva che adesso camminasse cosí arrogante, e padrone della strada, e lui tornava a sorridere con ironia: «Vuoi che ti racconti il segreto?», ma fu precisamente in questa pausa che mi svegliai.
Nel quarto sogno mi raccontava con tanto di dettagli che il grande amore della sua vita agitata era stata una splendida prostituta del Pireo , a cui, dopo un quinquennio di meraviglioso ensamble erotico, non aveva avuto altra soluzione che strangolarla perché lo ingannava con un albanese da quattro soldi. Di nuovo insistette con la mia domanda di sempre (a che si doveva il fatto era libero). «Il narcotraffico, amico, il narcotraffico.» Il mio stupore fu cosí intenso che, ancora sorpreso,mi svegliai.
Infine, nel mio quinto ed ultimo sogno, il singolare Belmonte è apparso nel mio studio di progettista, con un atteggiamento cosí assurdamente aggressivo che non potei evitare che i miei denti digrignassero.
—Perché mi hai venduto, idiota? —fu la sua rumorosa introduzione—. Ti credi molto educato e rispettoso, non è vero? Sempre ti ho avvertito che con noi non si gioca. E tu, stupido, hai voluto giocare. Cosí che non ti sorprenda quello che succede adesso.
Aperse bruscamente la valigetta e tiró fuori da lí una scintillante pistola. Mi sentii davvero spaventato, ma prima che potessi balbettare o domandare qualcosa, Belmonte mi scaricò due colpi. Uno mi ha colpito alla testa e l’altro nel petto. Curiosamente, da questo ultimo sogno non mi sono ancora svegliato.

(Traduzione di Ezio Falcomer)

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