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Osso, parte 1

Era un assassino, era nato assassino. Si portava dietro questo peso, questo dolore. Aver ucciso la persona che più al mondo amava e forse quella che più al mondo lo avrebbe amato più di tutti... ne era sicuro.                                                                                
 - Si può amare tanto una persona senza averla mai conosciuta? – si chiedeva – Sentirla così vicina e allo stesso tempo lontana? Sentire il suo amore e nello stesso tempo il suo odio?-                                                                                                                     
Sarebbe stata una mamma fantastica, la migliore...lui lo sapeva. Ogni anno al suo compleanno ripensava a quanto aveva letto nel suo diario di ragazzina, le sue paure, il suo disagio ma anche la gioia di diventare mamma e il coraggio di voler tenere a qualsiasi costo quel bambino, anche se aveva 15 anni, anche se era una bambina che aspettava un bambino... il suo bambino.                                           Ripensava a queste cose lui, adesso che aveva la sua stessa età, che viveva la sua adolescenza ma che sentiva di non avere lo stesso coraggio che aveva avuto sua madre, il coraggio di lottare, di vivere a qualsiasi costo, di combattere, di cercare di uscire da quel mondo di merda, da quell’ambiente schifoso in cui viveva.  Aveva paura ma non lo faceva vedere, sembrava arrogante, un teppista, un duro. Doveva difendersi... doveva...e conosceva solo questo modo: combattere la violenza con la violenza, prendersela con tutti, odiare il mondo intero.                                                
Se la immaginava spaventata sua mamma quel giorno, ansiosa ma anche felice per quel bambino che finalmente dopo nove mesi stava per abbracciare. Ma lui non ricevette mai quell'abbraccio, lei morì ancor prima di poterlo vedere ...quel bambino.Lui non era come gli altri, lui era nato nell'odio e nel disprezzo di suo padre, dei suoi nonni, di chi non lo aveva neanche voluto vedere, era nato cattivo... e per questo non meritava l'amore di nessuno.
Rimase due giorni lì solo in ospedale, le altre mamme lo guardavano e versavano una lacrima per lui, gli regalarono vestitini e giochi. Enzo, suo padre, andava a trovarlo e lo guardava da lontano. Non aveva mai preso una decisione nella sua vita, né giusta né sbagliata, aveva sempre fatto quello che gli altri gli dicevano di fare. E adesso che lei era morta lui non sapeva cosa fare, quel bambino aveva rovinato la sua vita, aveva ucciso la ragazza che amava, la ragazza che poteva cambiare la sua vita.         Adesso lui vedeva tutto buio per sé; cominciò a desiderare la morte e la morte piano piano si impossessò di lui... rendendo la sua vita vuota e inutile. Fu sua madre a decidere per lui, quel bambino sarebbe stato il suo bambino, se ne sarebbe curata lei, sarebbe stata lei sua madre. Enzo pensò che questa forse era la soluzione migliore, sua madre avrebbe pensato ad altro e lo avrebbe lasciato in pace. Nella sua mente di ragazzino egoista e abituato al dolore, quel bambino poteva essere la sua liberazione
 

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