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Only you

Ho rovesciato lo zaino sul letto. Un disastro, non potete immaginare quanti ricordi vi fossero stipati lì dentro! Al confronto la borsetta di mia moglie mi appare come un lindo ed ordinatissimo archivio di analisi ospedaliere. Mi siedo sul bordo del letto affranto, mentre mi domando con insistenza: ma perché cazzo l’avrò mai fatto? Adesso mi tocca fare ordine…e questo mi mette in angoscia. Già perché per me “mettere in ordine” significa passare meticolosamente in rassegna tutto il contenuto e decidere: -questo lo tengo, questo lo butto-e allora l’analisi del ricordo si spinge nel profondo e vecchie cicatrici riaffiorano, dolori sopiti, dimenticati fanno capolino sogghignando dal marasma disordinato in cui erano sepolti pochi istanti prima. Figli di puttana! Perché non li eliminati l’ultima volta, quando ho fatto pulizia? Oddio è stato talmente tanto tempo fa che non me lo ricordo neppure più. Comunque è da farsi. Prendo un bel respiro e…vediamo, potrei incominciare da quel paio di calzoncini corti con uno sbrego sul sedere…ah, sì..ora ricordo, me lo sono fatto quando ho scavalcato il cancello della villa nel Quartiere Maggiolina di Milano dove regolarmente a Maggio penetravo per rubare le prime rose da portare alla mamma…(giustificavo così il mio essere diciamo così un po’ discolo)…ma e quell’armonica? Guarda, guarda, proviamo…suonerà ancora? Pochi lamenti striduli, sfiatati, polverosi escono dallo strumento. Eppure è stato il primo strumento che ho imparato a suonare, frequentavo le medie, ricordo, in quel “lager” così chiamavamo a Milano  l’Istituto Parini.. e un mio compagno mi iniziò all’utilizzo del piccolo ma efficacissimo strumento. Lui sì che era in gamba, d’altronde veniva da una famiglia di musicisti, che nel tempo ebbero un discreto successo. Era Paolo, sì Paolo Ciarchi. Quanta polvere! Quasi quasi rimetto dentro tutto così, come viene viene, alla rinfusa. Ora la mia attenzione è catturata da un vecchio vinile, un quarantacique giri così sbeccato che probabilmente non emetterebbe alcun suono, neanche a rianimarlo con masterizzazioni o recuperi digitali avanzatissimi. Però la copertina della custodia è ancora visibile: “Only you” cantata dai Platters….improvvisamente tutto gira intorno a me , il respiro, gli oggetti, la stanza , lo zaino tutto sospeso in aria fluttuante, galleggia in una scena assurda, come se la forza di gravità fosse improvvisamente sparita, come se fossimo su una navetta spaziale…ma forse è così. La voce dei Platters mi trapana il cervello, ecco apparire il mio primo “filarino”, i miei primi vagiti di piccolo uomo in calzoni corti, le prime prove di “tempeste ormonali”, il cortile, i giornalini, i miei quindici anni..un vortice che aumenta di velocità gira, gira….Cado. Pesantemente. I miei quasi cento chili non perdonano…ora sono supino sul letto, sudato come mai in vita mia…eppure poco fa ero lì, in cortile, mano nella mano con lei, la ragazzina tredicenne che mi guardava e canticchiava in un inglese improbabilissimo:
 

“Only you can make this world seem right 
Only you can make the darkness bright 
Only you and you alone 
Can thrill me like you do 
And fill my heart with love for only you”..

 
E’ tutto il giorno che mi aggiro per casa canticchiando questa vecchia canzone, con uno strano sorriso ebete stampato sulle labbra. Non ho dato risposte convincenti ed esaurienti alla mia compagna che ha pensato immediatamente ad una demenza senile incipiente. In realtà ho deciso dentro di me di non ripetere mai più il gioco assurdo dell’immaginaria pulizia di primavera dei ricordi rinchiusi negli zaini polverosi dell’anima. 
No. Troppo pericoloso, rimbecillisco.
 
 
 

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