Scritto da © Piero Lo Iacono - Sab, 09/02/2013 - 18:48
Poesia del fare in tempo
a fermarmi e a parlarle
prima che se ne vada
per non pagare il prezzo
delle parole ritardatarie
e di quelle riparatrici.
Intravedere le formiche della carie
prima che sia troppo tardi.
Decriptare la segnaletica
di un arcano cifrario.
I graffiti di una grafia
senza decifrazione.
Andare a spiare i dadi.
Mentre riposano.
Prima del loro responso.
Prima del destino.
Il destino fermato
prima che si avveri,
tra il dito e il grilletto,
prima dello strozzo,
prima dello strappo,
sulla punta degli artigli,
sul filo del taglio,
sulle labbra del buio,
prima che il phon
entri nell’acqua,
prima della scintilla,
ancora prima del dopo,
prima dello struscio
di un cerino sul muro,
prima dell’orgasmo di fuoco,
prima del rogo,
prima che il ciglio
si sfoghi con la palpebra
a velo d’aglio.
Un secondo avanti.
Una cicatrice prima.
Un centimetro in anticipo.
Vedere la crepa che precede il crollo.
Prima che la casa si riempia di spacchi.
E le pareti si slabbrino.
Capire il segno della frana.
Il disegno della maceria.
Il crisma della falla.
Il primo granello della valanga.
Spiare l’anticipo che sopravanza.
L’embolia dalle chiazze.
La piaga prima del decubito.
Il respiro trattenuto prima del grido.
La coppa di vetro poco prima
di sbriciolarsi sul pavimento…
Prima che il giglio s’invermigli.
E la passiflora sia sepolta
nel libro alla pagina 44.
Prima che l’allodola
cada in aria
uccisa da una spina di rosa
presa alla gola
nel vivo del suo inno al mattino.
Prima di non accorgersi più di niente.
Prisma dei prima di tutti i prima.
“Se a tempo non arrivi, a che ti giova il correre?” (J.De La Fontaine, Favole, “La lepre e la testuggine”)
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- Blog di Piero Lo Iacono
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