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A ruota libera (Cap. 9 - Parte 2)

Venerdì 13 gennaio
 
Sono sicuro che all’appello ci saranno tutti, alle 21.45 più o meno, nei pressi del bar. Un posto ideale per riunirsi la sera, prima di decidere cosa fare. Soprattutto facilmente raggiungibile anche da chi abita in periferia o provincia.
Arrivo per primo, come al solito.
La puntualità è proprio da ingegneri, direbbe Piero, mio amico e compagno del servizio di leva, dall’alto della sua personalità dissociata, scombussolata, e incasinata. Dopo circa 10 minuti tocca a Carlo ed Elisa, infine a Luigi e Monica.
Stamattina, in ufficio, lei ha fatto in modo che fosse lui a proporsi di andare a prenderla, con la scusa che le loro palestre sono vicine. Non ho quindi insistito per suggerirmi come accompagnatore, né mi sono fatto avanti per cercare di cambiare i loro programmi a mio vantaggio. Nonostante, devo riconoscerlo, la speranza d’un dopo cena ‘a due’, lontano da occhi e orecchie indiscreti, da passare in totale intimità, sarebbe certo stato non solo poco gradito, ma soprattutto più semplice da realizzare.
“Come è andata la palestra?”
“Sono distrutta…” mi risponde Monica, guardando di sfuggita Luigi, cercando nel suo sguardo una conferma che nessuno in realtà le ha chiesto.
Le donne sono così, tutte. Complicate all’inverosimile, indecifrabili come null’altro a questo mondo.
“E io allora che dovrei dire, dopo due ore di spinning!” il solito sbruffone venticinquenne di Luigi.
Si intromettono prima Carlo, poi Elisa.
“Beati voi, io sono uscito dall’ufficio neanche un’ora fa. Che stress, non ce la faccio davvero più.”
“Non ne parliamo, prima o poi faccio saltare in aria la palazzina aziendale. Non vedo l’ora che torni Raffaello da Ginevra domani! Lo combino nuovo nuovo” ribadisce provocatoria e sfrontata Elisa. Che tipa... Li guardo entrambi e non riesco a non pensare, mentre loro continuano a parlare del più e del meno, a quanto accaduto in azienda negli ultimi giorni. Elisa è esattamente come l’ho soprannominata: una ‘scheggia impazzita’, che trafigge qualunque cosa raggiunga. In tutti i sensi. Indomabile e schizzata come poche persone ho conosciuto in vita mia. Carlo invece, un tipo sornione, calmo, diplomatico e timido all’inverosimile, che di questo passo l’unico risultato che potrà raggiungere sarà quello di fare la faccia dello stesso colore della sedia su cui siede in ufficio, circa dodici tredici ore al giorno. Ma senza raccogliere, purtroppo per lui, né grandi soddisfazioni lavorative, in termini di gratitudine dai nostri comuni capi, tanto meno cospicui compensi economici per tutte le ore di straordinario mai retribuite.
Contento lui, contenti loro, contenti tutti. Mi reinserisco attivamente nella serata, Monica è la più attenta e spesso, nonostante ancora non mi conosca bene, riesce a capire, a percepire quando con la testa sono altrove. Con i miei pensieri, con le mie fantasie, con tutto ciò che mi allontana di solito da dove realmente mi trovo.
 “Ehi, per favore, non parliamo di lavoro. Non lo sopporto quando sono in ufficio, figuriamoci di venerdì sera” cerco di essere convincente. Realmente mi secca e mi innervosisce dedicare attenzione al lavoro quando sono fuori, per i fatti miei. Carlo sorride, rassegnato, come se per lui questa regola non riuscisse proprio a valere. Gli altri invece, mi danno man forte.
“Claudio ha ragione: non parliamo più di lavoro” Elisa è caustica.
“Dai, decidiamo dove andare. Claudio, tu hai organizzato la serata, quindi stabilisci anche verso dove muoverci.”
Monica ha cominciato a pressarmi, con quel suo fare appena accennato, ma comunque incisivo.
“Proporrei una delle pizzerie di Piazza del Ferrarese, in centro, che ne dite?”
“Sì, ottima idea!” replica Elisa, entusiasta, tanto per cambiare.
Il resto della comitiva è d’accordo. Pre-esame superato.
“A proposito, ma tua cugina Francesca?”
“Bravo Claudio, hai ragione. E tua cugina, Monica, che fine ha fatto?” aggiunge Luigi molto maliziosamente.
“Eeeh mia cugina… Si vede che non la conoscete. Mai puntuale, e più incasinata di sempre. L’ho chiamata prima di uscire, mi ha detto che ci avrebbe raggiunto. Di più non potevo fare.”
“Non preoccuparti, ci penserò io a metterla a posto, non appena si fa vedere.” Luigi ormai si è fissato, deve averla a tutti i costi e non si fa scrupoli né di Monica né di ciò che i restanti presenti potrebbero pensare del suo agire deciso. Imbarazzante, in alcuni frangenti. Ci muoviamo, ma riesco a convincere Monica a venire in auto con me, insieme a Carlo ed Elisa. Luigi punta al sicuro dopo cena con Francesca, sebbene personalmente ignori su quale base, quindi preferisce portarsi la sua di auto. Dopo si vedrà. Ci sediamo in pizzeria, e pochi minuti dopo ci raggiunge come promesso anche la cugina di Monica. E’ molto carina, ma ormai ho puntato altrove.
La serata si instrada sul binario giusto, sia per me che per Luigi. Monica mi si siede vicino, lui invece non riesce a fare lo stesso con Francesca, e alla fine questa si rivelerà una mossa vincente. Il gioco di sguardi a cui danno vita per cercarsi di continuo, adesso convince anche me che il loro dopo cena ci sarà di sicuro. Lo stesso che invece, non posso dire nel caso mio e di Monica.
E’ difficile come preda, mi ci vorrà più tempo perché accetti di restare sola a due. Tra l’altro, deve avere il tempo sufficiente per vincere la resistenza psicologica dell’essere colleghi. Eppure più le sto vicino, più mi convinco che potrà essere mia. Non lo so perché, ma so che riuscirò a farla cadere. E quando sarà avvenuto lei saprà ricompensarmi di tutto e in tutto degli ‘sforzi effettuati’, e del tempo investito. Risate, aneddoti aziendali, fesserie di tutti i generi, e la serata decolla alla grande. C’è un gran affiatamento, nonostante tutti ci si conosca poco o niente, se non per quanto siamo riusciti a fare in ufficio, soprattutto nelle pause caffè. Per Francesca, che con noi poi c’entra meno di niente, vale lo stesso discorso. Si è ugualmente inserita, a suo agio, nello spirito di gruppo. In più, come per Luigi, i suoi anni di differenza da noi più anziani non si fanno sentire, in nulla.
Le ore volano, è venuto il momento di tornare. Luigi, da gran marpione, subito incalza Francesca con una sfacciataggine che Carlo non può che invidiargli.
Tra l’altro a Carlo, Francesca piace, e parecchio, sebbene sia abbastanza più giovane di lui. Eppure per una come lei ci vogliono ragazzi sfrontati e sbruffoni, proprio sul modello di Luigi. Carlo al suo posto soccomberebbe in frazioni di secondo, perché ha tutto un altro stile, più posato, più rispettoso, e troppo timido, quasi d’altri tempi a volte. Per questo lo capisco quando, nonostante tutto, in parte vorrebbe riuscire a essere qualcun altro.
Magari proprio il Luigi della situazione, il cui modo di fare, a esser sincero, è per molti versi simile al mio. Come prevedibile lui e Francesca torneranno da soli, ma a questo punto sono quasi certo non subito a casa. La tempesta ormonale che si sta sprigionando per i vicoli della città vecchia, lungo la strada del ritorno, dai loro fare sinuosi e provocatori, in un misto di corteggiamento e passione a stento repressa, ancora soltanto accennata, è avvertibile da chiunque li guardi anche solo per un attimo. Tubano in attesa di incontrarsi da vicino.
Molto vicino…
 Monica ci scherza sopra, neppure tanto velatamente. Io invece, resto su una linea che sono sicuro sarà più vincente con lei. Nonostante possa essere un pit-bull quando voglio qualcosa, o qualcuno, l’esperienza mi ha insegnato a saper attendere il momento giusto. L’attimo propizio per affondare il colpo e rischiare al minimo un rifiuto che comunque, in queste circostanze, deve sempre essere messo in conto. Anche con Monica, quella della paziente calma, e della ricercata dosata assenza, sarà la strategia giusta.
 

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