Scritto da © amara - Lun, 27/02/2012 - 15:31
È strano come si misurino diversamente le distanze in momenti diversi , come l’economia dei gesti assuma differenti valenze.
Stamane, mi sono scoperta consapevole del gusto di consumare tempo nella ripetitività degli spostamenti legati ai gesti del quotidiano: portare stoviglie sporche dal tavolo al lavandino, buttare nella spazzatura cartacce e scatolette vuote, svuotare e riempire la lavapiatti; il tutto nel piacere di dilapidare passi portando poche cose per volta, anche un solo oggetto.
Tutto questo ripensando a poco tempo fa, quando l’economizzare gli spostamenti era una necessità e imparare a sintetizzare i gesti un obbligo.
Ho imparato a usare il grembo come un ripiano che fosse funzionale, anche senza le mani a trattenere le cose (servivano per le ruote) e, soprattutto, a pensare prima di fare, calcolando le traiettorie minime con la massima resa (utile anche dopo, su di una stampella e con soltanto una mano disponibile).
Cinque mesi di inabilità sulle gambe non sono poi una tragedia insopportabile , anzi, vivendoli nella maggior pienezza possibile nascondono doni inaspettati che ora, nella ritrovata disponibilità , si affacciano un po’ confusi, alla coscienza.
Come questo pensiero, come il piacere di sprecare passi.
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