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Sfiori

Sfiori con il ventre
-il mio-
pareti di sipari sull'infinito.
Sono effimeri perimetri
i vagiti della notte
- come rivoli d'amore-
tra i profumi e l'abbandono.
MI accarezzi i fianchi,
-le tue mani-
oh le tue mani,
parlano sulla pelle
-mentre le mie-
divagano sulle tempie
dei tuoi pensieri.
Mi parli della luna
- che sta a guardare-
lei, pallida intrusa
sul rovesciato cielo
che impera su di noi
dietro palpebre socchiuse
mentre si quieta,
-il mare-

Amarezza

E' supplica muta
quella che rivolgiamo alla luna degli inferi
che come vivente lama
seziona misteri e dolorosi inganni
narrandoci di notti insonni
e silenziose lacrime
distillanti fiumi di purezza virginale
persa per sempre ormai
 

Desiderio

Lungo le pieghe del tempo
vado cercando la bellezza
di profili accennati
di corpi evanescenti
di sospiri tremanti
 
Dentro minuti infiniti
Sfogliando attimi sospesi
 
Alternanza di ricordi
Impazienza di ripetizione
Bruciante Desiderio
 

Le forme di un addio

Le forme di un addio
si confondono tra uno sguardo distratto
e un treno troppo stupido per comprendere
 
Le forme di un addio
sono fredde gocce di pioggia
che scivolano con le lacrime
sul viso dell'anima smarrita
 
Le forme di un addio

Cercami

Cercami nel buio delle piovose notti
tu che vai sempre di fretta
convinto che la felicità ti sia dovuta.
 
Cercami nel fondo di una bottiglia
tu che sostieni tutto questo
convinto che la colpa non ti appartenga.
 
Cercami lungo il cammino luccicante

Come se

Come se guardando dentro un'istantanea
riuscissi a rianimare le stagioni andate
sorridendo all'amara malinconia
che un tempo toglieva respiro e vita.
 
Come se sognando un corpo in penombra
travolgessi la purezza sacra e puttana
nei sospiri mai sopiti e mal celati

L'eternità -lettera a mio padre-

E mi accorgo che il nostro tempo qui è così poco, mi rendo conto che una vita non basta per vivere davvero. Allora mi rifugio in mondi partoriti dalla fantasia, dai desideri.
Amo il lato astratto delle cose, amo quel che non c'è.
Danzo nella stanza di specchi e di pensieri e mi ci nascondo, alle volte.
Osservo, osservo volentieri il Mondo correre. Mi soffermo sui dettagli, sui minuscoli particolari quasi innotabili ad occhio nudo...ormai sono esperta, a guardare.
Mi ha sempre colpito la tua espressione alienata quando scolpisci. Apro il vecchio e cigolante portone del tuo atelier e ti trovo lì, a cavallo delle tue incredibili opere che non cessano mai di nascere. Stupefacente il tuo sguardo chiaro posato su di esse.
Ed essere lì, ad assistere a quel miracolo è incredibile, papà. 
Le tue creature dalle mille facce ed espressioni, sono loro i custodi di alcuni frammenti della tua essenza.
E davvero il nostro tempo qui è troppo poco, ma rammenti? L'arte è immortale e con essa cavalcherai i secoli. E' forse questa l'eternità.
Con affetto,
Caterina

Alessia al Virgiliano

Parco dove si fa l'amore
in auto disadorne
stanze di metallo e vetro
d'alberi centenari pareti
in forma umana. Vengono
Alessia e Giovanni in una 127
bianca: è il 1984. Zona
franca lontana dal male
il luogo è Napoli. L'incontro
avviene duale anche
con dei gabbiani il platino.
Lui vede Alessia trasfigurata
nel volto di Madonna barocca 
e trasale il tempo in una chiostra
ad incamminarsi tra fili d'edera,
disadorna via serale
dopo l'amore. Entrano nel
cerchio magico delle ragazzine
che dipingono il tempo
sui muri con murales d'amore
farfalle e fiori rosa. 

Alessia a pesca

Greto di fiume intravisto con la forza
degli occhi di Alessia, feritoia
sulle cose del pomeriggio in vacanza
a stellarla, tempo a risanare
in gurigioni fino al verde delle
acque già guardato in auto
con l'amato. Alessia in forma
di stella diurna, ancora rosavestita
a immegersi in acque di aprile
e nuotare con le dita in segno
di vittoria. Poi risalire, rivestirsi
e prendere una canna, lenza e amo
sedersi sul muretto e gettare l'esca:
ecco che tira: abbocca una grossa 
trota d0argento.
E' il 1984, la brace cuoce il pesce,
nutrimento di rinascita:
Alessia bacia Giovanni. 

I ragazzi di...Viale Caprera.

 Ero il più forte della “banda” di ragazzi di Viale Caprera, non fisicamente ma, il più completo per abilità di lancio, precisione, strategia e tattiche delle sassaiole, fantasia organizzativa. Forse dote militare ereditata da mio padre, militare di professione o acculturazione cinematografica guerresca, che in quei tempi, di feconda propaganda filo americana, riempiva le sale di tutta Italia.
Avevamo la “tana” dentro un cassone enorme, al centro di una altrettanto grande catasta di casse, contenenti pezzi di ricambio per i veicoli degli USA Army, stivate per comodità nella Piazza antistante la chiesa di Crocetta, senza controllo ne vigilanza, che ancora il clima era di immediato dopoguerra – occupazione. La M.P. girava in jep senza alcuna intenzione o voglia di imporre alcunché.
L’avevamo svuotata da dentro, accedendovi dall’interno della catasta, nei piccoli spazi- corridoi, che si lasciano nel mettere un parallelepipedo sull’altro. Aveva le dimensioni di una stanza di abitazione e ancora puzzava dell’odore dell’olio protettivo nel quale erano avvolti le migliaia di carburatori, che erano stati avviati, dagli adulti, al mercatino riciclaggio di Piazza XX Settembre.
Era Gino, “detto German” nome di battaglia e poi soprannome, il capo banda. Qualche anno più della media, più coraggioso e sfrontato di tutti, il meno soggetto alle remore familiari. Spesso violento, sempre scurrile nell’eloquio, che per noi era segno di emancipazione dalla pubertà.

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