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blog di Franco Pucci

Chi di spada ferisce...

parole incise con il temperino
lame fendenti il suo cuoricino
a prima vista la sua semantica
mi appariva davvero romantica
 
così mi son detto è proprio amore
versi che vanno diritti al cuore
poi mi sono infilato gli occhiali
ho letto: erano frasi molto banali
 
deluso pensai ora vado a dormire
oppure il mio drink altrove a finire
troverò  di certo aperto qui vicino
un altro bar, un altro tavolino
 
dove bevendo la mia solitudine
inciderò, come di consuetudine
questo pensavo al bar lì sul molo
non mi accorgevo che non ero solo
 
sentivo occhi  bucarmi le spalle
di colpo voltai lo sguardo alla calle
non v’era nessuno però una voce
diceva “sono come Cristo in croce
 
incidi su me le tue oppressioni
e non ti curi delle mie emozioni”
sono sicuro, non c’era nessuno...
una lacrima rossa sul mio tavolino
 

Cin Cin

cin cin
 
il nostro amore era come champagne,
un coppa piena di parole dolci e di promesse
che come bollicine d’aria rendevano frizzante
ora è finito e non abbiamo più niente da dirci
le bollicine sono svanite non ha più sapore
senza parole è rimasta solo aria
brindo al silenzio con
un bicchiere
d
a
c
q
u
a
senza bollicine

E' tempo di acquerello.

schiacciato tra due toni di blu prepotente
il rosso del cuore si fa viola per lo sforzo
cianotico è il respiro del grigio dei polmoni
il nerofumo di un’anima in disuso fuoriesce
da una bocca spalancata ad urlare il silenzio
 
eppure primavera incombe e vorrebbe
toni gentili, tinte pastello e acquerelli delicati
sentimenti lievi e soffici veleggiare il cuore
verso azzurri cieli puntati di batuffoli bianchi
e l’anima sorridente plauderebbe al bel dipinto
 
così vorrei fosse questo momento dove i colori
hanno l’aggressività e la forza di un Van Gogh
crudi e incombenti violentano, mi tolgono respiro
bruciano gli ultimi fuochi dell’anima in attesa
e sibilando pezzi di cuore cercano nuovo ritmo
 
da tempo la tela che ho davanti è strappata
l’apatia ha vinto, mi ha tolto di mano i pennelli
una tavolozza a me sconosciuta e mai gradita
ferisce e imbratta con violenza di forti colori
il trascorrere plumbeo di queste ultime giornate
 
appenderò queste tele ferite al muro dei ricordi
rimarranno lassù, volgari ricettacoli di polvere
tutto è pronto anche la nuova, gentile tavolozza
attende tele vergini per riempire con dolcezza
di colori acquerello l’arrivo della primavera
 
l’anima sta cercando la cornice adatta
 

Il cuore oltre l'ostacolo.

davvero credevi di poter andare oltre?
povero cuore, hai evitato da sempre
trascini con te da tempo gli affanni
e a nulla son valsi cerotti ed inganni
 
ora ti lamenti, ora imprechi alla sorte
cerchi smarrito di aprire quelle porte
che nella vita hai serrato incosciente
oltre le quali il domani incombente
 
ti aspettava per metterti alla prova
e ti avrebbe offerto una vita nuova
ma hai preferito inseguir la paura
scegliendo la strada a te più sicura
 
così ora rimpiangi, ora sei nel dolore
con la tua ignavia hai spento il colore
che avrebbe potuto cambiare la vita
il sipario è calato, la recita è finita
 

Presenze.

sudore gelato lungo la schiena
e’ dietro di te la presenza aliena
la voce che stride deflora il silenzio
nascondi la testa prevedi lo strazio
 
nessuna minaccia, il tono pacato
sorriso sghimbescio, fare affettato
siede a te accanto, tende le mani
tu le respingi, invochi il domani
 
lei di rimando ti chiede che vuoi?
tu mi hai cercato, non son fatti miei
ogni qualvolta ti afferra la pena
tu mi rinneghi, mi volti la schiena
 
eppure ti servo pei giochi perversi
per farti più bello, agli occhi diversi
un uomo sensibile, con tanti misteri
che parla coi vivi, già morti da ieri
 
mi giro nel letto un urlo mi strozza
di nuovo la luce i miei occhi carezza
lenzuola bagnate, che importa se poi
l’aliena presenza non è più tra noi
 
spengo la luce, ma sul comodino
dalla foto sbiadita mi fo l’occhiolino
ritornano i brividi lungo la schiena
son proprio io la presenza aliena
 

Briciole d'amore.

no, aspetta
non buttare quelle briciole
abbiamo  pasteggiato
del nostro amore
bevendo calici di fiele
mangiando orride parole
distruggendo ogni sapore
 
no, aspetta
non buttare quelle briciole
metà mi appartengono
me ne ciberò allora
quando la tramontana
porterà l’inverno
nel mio cuore
 

Ho tolto il tappo, non é ancora aceto.

Il primo strato che incontri é quello dei ricordi più dolorosi. Se riesci ad abbattere il muro che hai costruito per seppellirli. Vengono a galla, risalgono la superficie dell’ignavia che li ha tenuti lontano dal tuo cuore evitandoti sofferenze e si mostrano così al mondo, nudi. Ora che hai rotto gli argini, mi dico, vai avanti non fermarti. L’emozione è forte, i ricordi tentano di sommergermi. Dove sei stato fino adesso? Perché proprio ora? E’ come aver tolto il tappo ad una bottiglia di vino che stava andando in aceto. Mi mancava il cavatappi, mi sono risposto. Poi ho convenuto con me stesso che era una delle mie solite scuse. Che grandi cazzate si inventano gli uomini pur di non ammettere i loro errori! Mi sono messo a scrivere.

Ti ho mai raccontato...

abbiamo parlato a lungo io e te, ieri sera
l’aria era fredda ma preannunciava primavera
seduto lì sul molo, la voce un sospiro
raccontavo di me prendendomi un po’ in giro
 
ti ho detto di quando, senza colpo ferire
ho visto tutto il lavoro di una vita scomparire
i gesti, le abitudini i sogni mai repressi
finire appallottolati come carta dentro i cessi
 
case, guadagni, successi sul lavoro
andarsene beffandosi del mio nuovo disdoro
l’amore quello no, quello l’ho ancora accanto
è rimasto nonostante affogasse nel pianto
 
forse ho meritato davvero la lezione
sbagliavo e non provavo alcuna emozione
così, mio caro amico stasera ti racconto
di come prima o poi ti si presenta il conto
 
se tutti i tuoi averi hai speso senza freno
del gusto della vita perderai l’ultimo treno
ora perdona se ti annoio con la filosofia
rimani accanto a me ti prego, non andar via
 
ho rivolto la preghiera ormai tardi, inutilmente
ha sciolto le sue ali, volando pigramente
il gabbiano che alla sera mi tiene compagnia
e ascolta sorridendo ogni mia piccola bugia
 

L'altro.

ti ho visto
nudo, rannicchiato
tra le anguste pareti
 
un dolore lancinante
la testa tra le mani
in attesa
 
un silenzio soffocante
mi sono rannicchiato
anch’io tra quelle pieghe
 
accanto a te
spogliato di ogni affanno
nudo come te
 
attendo senza sapere
quanto durerà l’attesa
lento hai alzato lo sguardo
 
mi sono visto
e il silenzio si è rotto
in un fragore di cristalli
 

Fatemi spazio.

fermati, ascolta
 
[sibilo compresso
aria che cerca spazio
polmoni in apnea]
 
fermati, ascolta

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