Quel brivido dagli occhi.
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La Nostra Passione
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Chiodo
Mi hanno picchiato nel muro
non ricordo più gli anni
a reggere un quadro fiorito
un prato con tanti papaveri
alla parete resisto arrugginito
per uno specchio coi fregi dorati
preferivo il tempo dei fiori
ma se non altro quelli che guardano
sono troppo presi da sè per levarmi.
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Solo parole
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Fantasia di pietra
Le scogliere, in Sardegna sono il mio libro di favole da sfogliare per cercare le immagini che hanno toccato la mia fantasia.
Di: Odo Tinteri
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Le mie ossa
"le mie ossa
bucate come miniere
passate per le scavatrici
così che la morte
tutta ci piomba
come nei sacchi"
Michele Caccamo
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I fiori dei morti
C'era un uomo che attraversava la strada all'altezza di Piazzale Clodio e aveva un crisantemo in mano. Con l'altra teneva per mano una donna orientale e non dicevano nulla, la pioggia li bagnava e loro educatamente affrettavano il passo per superare l'incrocio. Poi ho visto l'uomo avvicinare il crisantemo al naso per annusarlo ma la donna gli ha fatto cenno che non sta bene e l'uomo ha di nuovo posato quel fiore lungo, lunghissimo, bianco, a testa in giù, come fosse un ombrello. Li ho visti scomparire dentro un bar e ho immaginato il barista che alla vista del fiore si è grattato. I fiori dei morti vivono due giorni soltanto poi la pioggia se li porta via e così anche il pensiero dei morti ma non è sempre così. All'incrocio di prima, ad esempio, un automobilista suvmunito che andava di fretta ha iniziato a strombazzare perchè voleva arrivare primo. D'altronde siamo una società di arrivisti, lo dicono tutti, persino i giornali, la televisione. Aveva fretta di andare al Tribunale credo o forse a Via Teulada dove c'è una delle sedi RAI, la riconosci da un'enorme parabola. Il tipo suvmunito si è prodotto in un sonoro "mortaccitua". Un po' fuori sincrono devo dire, perchè ieri avrebbe avuto più effetto, più share diciamo così. Il tipo con il crisantemo non credo l'abbia sentito o forse già sapeva che dopo cento metri il Suv si sarebbe accartocciato come una busta in tetrapak di latte alta qualità contro quel semaforo. Anche i Suv, in fondo, se prendono il verso giusto fanno una brutta fine.
L'uomo crisantemo munito sarebbe uscito dal bar e con grande naturalezza avrebbe posato il suo lunghissimo fiore su ciò che restava del macchinone, magari sarebbe riuscito a incastrarlo nella vaschetta del radiatore per farlo durare qualche ora in più e poi avrebbe detto amen. Ma senza convinzione. Leggi tutto »
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L’Uomo in nero / 2
D’improvviso sul vetro dello sportello dello scompartimento apparvero le quattro rotelline d’un automobile. Fecero una giravolta e tornarono a strisciare sul vetro con un suono raschiante. Poi apparve il volto del bimbo che stringeva la piccola vettura tra le sue dita. L’uomo in nero lo vide, e d’immediato calcolò quanto inoffensiva fosse quella presenza. Ma non tralasciò di seguire i suoi gesti. Il bimbo lo guardò attraverso il vetro, facendo il rumore della sua Ferrari. Uno sguardo innocente che si tramutò in un sorriso. L’uomo in nero non seppe corrispondergli, e allora guardò fuori, dietro le spalle del bimbo. Ma non c’era nessuno. Guardò meglio: proprio nessuno. Allora si volse verso il finestrino, e lo chiuse, mentre il bimbo spingeva l’uscio scorrevole e metteva un piede nello scompartimento.
- Si può? chiese, per niente timido.
E l’uomo gli fece un verso strano col volto. Un sì o un no, o forse un non so, o qualcosa del genere. Il bimbo lo prese per un gesto d’affermazione ed entrò per sedersi a un lato dell’uscio rimasto aperto.
- Quì c’è posto. Molti posti liberi, disse ancora il bimbo. E tornò a sorridere, e a muovere sull’altra faccia del vetro la piccola Ferrari rossa.
L’uomo con la testa lucida e gli occhi oscuri lo guardò come un intruso, ma non disse che già. Poi diede un’occhiata all’orologio che teneva stretto al suo polso e si girò a guardare il mare. Il treno correva parallelo alla costa, rompendo al suo passaggio l’aria salmastra che saliva dalle spiagge popolate di barche e di reti. Leggi tutto »
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Quattrocento settanta
Lirica di Vittorio Fioravanti
Superficie incolore e silenzio
neppure un grido animale nel vento
un deserto vuoto di niente
rari arbusti affiorati per caso
rattrapito fiore notturno
nato già morto al mattino
L'orma d'un passo grave
un nudo corpo abusato
grumi caldi di sangue umano
fardello gettato via dilaniato
tra sassi e polvere grigia
d'un aspero dosso
d'oscuri rifiuti
dallo stesso assassino
Ennesima giovane figlia
d'una misera primavera
che non torna più a casa viva
negl'intricati sobborghi poveri
di Ciudad Juárez
Quattrocento settanta
donne ammazzate
un grosso numero
d'inaudito spessore
che strappa brividi
di greve furia impotente
e disperato rancore
Novembre 2007
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teatro
L’Ultima battuta
Una preghiera
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