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Su Chris Peters

E chissà cosa porterà il domani
a questi cuori infranti
a queste ossa rotte
che avvilite si sfiorano
cercando il brivido di un ultimo respiro.

Alexis
04.05.2010
Opera: Chris Peters, To Hold You Again, 2007

È incredibile come l'Amore riesca a mantenere la sua poesia anche in soggetti che potrebbero essere definiti "macabri".
A quest'opera di Chris Peters non manca nulla. Mancheranno forse gli occhi, la pelle, abiti che magari aggiungerebbero colore e decori al dipinto, ma toglierebbero spazio all'essenziale. E l'essenziale è il sentimento, anzi l'insieme dei sentimenti di cui essa narra.
L'affetto, la protezione, la cura dell'altro e la relativa angoscia per un futuro incerto non hanno bisogno di ghirigori aggiuntivi per essere espressi, non hanno bisogno di avere, di assumere delle apparenze... sì, perché solo di apparenze si tratterebbe.
Attraverso la rappresentazione dello scheletro umano si universalizza il messaggio ed il significato ultimo della rappresentazione. Tutti possono identificarvisi senza alcun ostacolo, proprio perché lo scheletro non ha occhi, non ha corporatura, non ha tratti somatici, non ha colore né capelli... è una sorta di anima materiale.

Giusto il tempo d'un sorriso

E d'un tratto m'accorsi
d'esser felice in fondo.
Così,
giusto il tempo d'un sorriso.


Ispirata dai versi finali del componimento di Maria Grazia Vai.

Alexis
03.05.2010

L'uomo-stella

Pensiamo all'uomo di Vitruvio. E pensiamolo mortalmente crocifisso, inscritto in quel cerchio ed in quell'angusto quadrato, i simboli di cielo e terra, piegati a misura d'uomo.
Quanto dovrà stare scomodo quell'uomo cui grava sulla testa tutto il peso del lato del quadrato e che non può neanche rischiare di abbassare le braccia per evitare che il tetto del mondo crolli su di lui inesorabilmente. Sì, un po' come Atlante. E che dire di quell'ombelico (del mondo, come lo definirebbe qualcuno) che realmente si fa perno del cerchio, dell'orbita che gravita attorno alla sua figura?
No, non credo sia molto comodo trovarsi bloccati dentro una ruota, invenzione geniale, per carità, ma non per viverci dentro. [Poveri criceti, a cosa li condanniamo!]
Ecco, con questa breve visione d'insieme abbiamo dimostrato quanto la perfezione vitruviana, successivamente rinascimentale, abbia rovinosamente posto l'uomo al centro del mondo. Egli è creatura perfetta e proporzionata in tutte le sue parti, ma quale sovrumano peso deve sopportare questo uomo perfetto per potere confermare ad ogni passo la propria (indiscutibile...?) perfezione? Di quante responsabilità si sono fatte carico quelle spalle dai muscoli doloranti, tremanti, tese come corde di violino e quella testa orribilmente schiacchiata dall'onere della coscienza? L'uomo virtuviano non è contento e lo si vede dalla sua espressione accigliata, dalle sopracciglia aggrottate. No, direi che non lo è per niente. E lo credo bene.
Ma se pensassimo quell'uomo, quello stesso uomo, conservato dentro una stella... sì, una stella a cinque punte, quella che tutti i bambini non riescono mai a disegnare perfettamente, quella forma libera, composta da triangoli, figure perfette e stabili, saldamente poggiate a terra, ma con la punta che anela e tende all'infinito... e che potrebbe anche raggiungerlo! Cosa direbbe, allora, quell'uomo? La cui testa non deve più sopportare il peso di nulla, deve solo permettere alla sua essenza di elevarsi e le cui braccia e gambe possono anche rannicchiarsi formando una palla, una palla infuocata... un Sole?

Danza Cosmica

Lento lo sguardo
s'appresta a varcare l'orizzonte.
Oceani di stelle
sommergono la Luna
che fluttua - mollemente -
sul mare senza tempo.

I recessi del Cosmo
vibrano dell'unico suono,
del canto dei pianeti in festa.
La Galassia balla e si dimena
come vergine
dall'origine dei tempi.

Alexis
30.04.2010

Abbiamo bisogno dell'Arte

Ed è così, guardandomi un po' attorno, che cerco di capire come va esattamente il mondo.
Basta uno sguardo, una parola, un pensiero, uno sfavillare del riflesso di luce sulla pupilla per aprire un mondo che nasconde meraviglie, ma anche terribili verità.
Viviamo tutti in uno stato di fittizia tranquillità, sempre pronti a sfornare un sorriso standard ogni qualvolta incrociamo per strada un amico o un semplice conoscente, sorriso che svanisce un istante dopo il saluto di commiato.
Perché, mi chiedo, perché? Perché nascondere le proprie nevrosi e nutrirle dentro il nostro organismo? Perché sentire sempre la necessità di falsificarsi per compiacere? E, attenzione, non ne faccio mica una colpa a qualcuno. Tutti siamo vittime di questo gioco di società. E non possiamo fare altrimenti.
La nostra vera anima, la nostra vera essenza, è custodita nella roccaforte di muscoli e di ossa e urla di continuo contro le tempie, contro le pareti della scatola cranica, fino a farci impazzire. E allora, io dico, perché siamo condannati a questo? A questo stato di perenne comparsata. Come ci siamo arrivati?
Evidentemente abbiamo sbagliato qualcosa, evidentemente c'è qualcosa che manca. La solitudine dell'animo umano è un dato di fatto, non una teoria pessimista e da depressi. Qualcuno, a volte, ci tende la mano, ci fa compagnia per un po' o per tutta la vita, ma il demone che si agita dentro ognuno di noi rimarrà sempre in parte celato. Abbiamo bisogno di esprimerci. Abbiamo bisogno dell'Arte.

Pablo Picasso, Donna allo specchio, 1932
 
Alexis
28.04.2010

Un sentiero

Un sentiero
scolpito sui viali del tempo
a segnare il destino
degli uomini stanchi.
Come un arco
che ascende alla volta celeste
per perdersi
tra gli echi degli astri
ed i pianti delle stelle.

Alexis
23.04.2010

Visioni notturne

Scende la luna
come latte
sul dorso di silenti montagne.
La sua luce bagna i visi
scolpiti fra le ombre
di una notte che non conosce età.
Solo stupore prova il viandante
che timido osserva quella forma materna.
E mentre colma il suo cuore di speranza,
nel suo seno, impotente, cadrà.
 

Katsushika Hokusai, Cascata
 
Alexis
18.04.2010

Di nero e d'oro [inseguendo Klimt]

Di nero e d'oro
si vestono le figure
che laguide s'agitano
su tele di rame ed argento.
Voluttà sottile
ne attraversa i ricami,
le vesti, gli ornamenti,
accarezzandone le carni
morbide come tessuti d'oriente.
 

G.Klimt, «La Giuditta»
 
Alexis
13.04.2010

La potenza di un sorriso

Le sue mani giacevano come morte sulle cosce scarne. I palmi si aprivano debolmente in una conca le cui dita formavano una foresta di rovi aguzzi. La pelle aveva ormai perso il suo roseo colorito e pareva un velo di seta poggiato su candide ossa sulle quali s'intrecciavano strade di vene e tendini.
Il volto mirava un punto che non guardava più da tempo. L'espressione attonita, malinconica, quasi assente, solcava le pieghe di quel fragile viso di ventenne che sembrava ormai appartenere ad un essere prossimo al passo estremo.
Negli occhi vi era il vuoto di un'esistenza mai compresa fondo, mai vissuta nelle sue trame più giocose e fertili, ma sempre osservata attraverso il filtro di uno spesso vetro isolante, insonorizzato. A soli ventanni, ella aveva già perso il gusto di una sonante risata.
Ma un giorno un raggio di sole colpì ostinatamente il suo volto.
Gli occhi, infastiditi ed irritati da quella penetrante insolenza, si socchiusero appena, corrugando le sopracciglia. Finalmente il grigiore di quel viso si vestì di colore, il colore di quegli occhi che sfavillavano dalle feritoie delle palpebre.
Il calore di quel raggio le pervase il viso e poi tutto il suo essere, sentì forte l'esigenza di muovere quelle dita intorpidite, di cui quasi non percepiva più la presenza. Il sangue cominciò a rifluire entro i canali inariditi del suo corpo, infondendole una nuova energia.
Prontamente si alzò e si recò alla finestra, i passi malfermi la condussero verso quel vetro che fu la sua prigione e, per la prima volta, sentì il desiderio di abbattere quell'ostacolo che l'aveva divisa dal mondo.
Con uno scatto ne aprì le ante ed una dolce brezza primaverile le accarezzò le gote. Adesso poteva sentire.
Sentiva il canto degli uccelli, le voci dei bambini, il soffio del vento tra le fronde degli alberi, sentiva il calore del sole ed i profumi del mondo.
Finalmente, a ventanni, ella scopriva la vita.
Adesso lei è nonna, le sue gote sono del colore delle pesche e la pelle è fresca d'estate, i suoi occhi, azzurri come il cielo, splendono sempre per i suoi piccoli gioielli, i suoi numerosi nipoti che le colmano il cuore e l'anima d'inifnito amore. Mai alcun pianto deturpò più il suo viso da quel fatidico giorno, poiché ella visse soltanto della potenza di un sorriso.
 
Alexis
12.04.2010

Vulcano in festa

E vorrei esplodere
come vulcano in festa,
vestire il mondo dell'arcobaleno
che mi muove dentro.
Vorrei dar forma a quell'amore
di cui la mia anima si nutre,
bevendo dal solo sguardo
di quel ridente sole.
 
Alexis
08.04.2010

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