agosto 2009 | Rosso Venexiano -Sito e blog per scrivere e pubblicare online poesie, racconti / condividere foto e grafica Rosso Venexiano -Sito e blog per scrivere e pubblicare online poesie, racconti / condividere foto e grafica

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agosto 2009


Il chiacchericcio delle piccole cose - Miresol

Non sempre è dato di scegliere quello che si è: poteva capitarmi di essere poltrona o letto, culla di sogni o di ricordi, potevo essere finestra che si spalanca verso il cortile o il cielo, oppure porta che si apre e si chiude su partenze e ritorni. Non mi dispiace questa esistenza da piccolo oggetto, ma avrei voluto nascere come biglia di vetro, sferico mondo per un gioco da bimbi, o anche penna nera d’inchiostro. Mi sarei consumata, corpo stinto e ormai inutile, ma avrei lasciato la mia anima scura su un foglio bianco.

Il destino, il caso, il dio delle cose di casa mi hanno invece voluto semplice molletta di plastica: due metà simmetriche, un apri - chiudi, apri - chiudi, senza variazione di gesti. A che servono due mollette? A stendere giorno dopo giorno, più o meno, gli stessi teli; qualcuno se ne va, logoro, a volte noi duriamo di più. E in fondo è lieve trattenere quello che gli uomini indossano, panni che avvolgono la nudità indifesa oppure...

Chiudendo piano la porta - Miresol

La casa è in penombra, le tende tirate, come sempre negli ultimi mesi. Sua madre l’accoglie ciabattando, lo strofinaccio in mano. Non fa altro che levare la polvere dai mobili, lucidare, sistemare in modo ossessivo quei maledetti centrini. Stanno lì da tempo immemorabile, sono durati più di suo padre, sapranno sopravvivere anche a loro.
- Perché sei arrivata in ritardo? Pensavo che ti fosse successo qualcosa.
- Ma no, mamma, dai. Lo sai com’è al lavoro!
- Ti ho chiamato e il cellulare era spento. Non so mai dove sei, non vieni mai a trovarmi.
Anna non risponde. E’ il tono lamentoso a irritarla, l’ostinazione con cui la madre si barrica tra queste quattro mura, da quando è rimasta sola. Difficile farla uscire, suscitarle un sorriso, come se continuare a vivere, fosse tradire.
Non riescono proprio, loro due, a condividere il dolore. Lei rinchiude dentro il silenzio i ricordi, la madre si aggrappa alla propria sofferenza, ne fa...

Un'altra storia - Miresol

Non sono una leonessa, non lo sono mai stata.
- Acqua cheta - mi chiamavano per il mio silenzio, ma non logoravo ponti, non consumavo rocce, erano onde che scavavano e incidevano lontananze solamente in me.
Mi ero abituata a tacere fin da piccola, osservando le labbra di mia madre, quando diventavano una linea dritta, avara, intesa a combattere un dolore o solo la fatica quotidiana dell’esistere. In quei momenti avevo imparato a sparire, dietro quel muretto, vicino a casa. Allora era ancora il tempo dei prati ed erano tutti miei da bambina. Mi nascondevo nel mio solito angolo e in silenzio scavavo. Mi piaceva affondare le mani nella terra, sentirne il calore, raccogliere i sassi. In quei momenti mi sentivo ricca e ogni volta disperdevo i miei tesori, tanto sapevo che li avrei ritrovati il giorno successivo. Ma più di tutto mi piaceva guardare le formiche trascinare, in fila, piccole briciole, mi divertivo a sentirle camminare sul palmo o tra le dita....

Buon viaggio - Miresol

E’ un sole pallido, opaco, di fine inverno che non rischiara ma intristisce. Comunque oggi per Laura è indifferente; la pelle è un muro tra sé e il mondo e non chiede calore, gli occhi bassi scrutano solo ostacoli sul suo cammino, non desiderano luce.
Trascina il trolley per il marciapiede in direzione della metropolitana, ha lasciato dietro di sé una casa troppo silenziosa.
Non può dirsi una fuga la sua; si scappa da qualcosa o qualcuno che ti cerca, non ti lascia andare, si aspetta da te qualcosa. Il suo matrimonio, invece, è finito da un pezzo. Parte per non continuare a vedere lo stesso paesaggio dalla stessa finestra, per sostituire parole nuove a quelle che si ripete dentro da troppo tempo, insistenti.
Qualcuno, non ricorda più chi, ha detto che amare vuol dire farsi custodi dell’altro. Si prende in consegna e si protegge qualcosa di prezioso; non c’è mai stato nulla di questo nella sua storia, o forse sì, ma si è logorato, così i due custodi...

Ritrovare il vento - Miresol

È impietoso oggi lo specchio: mi rimanda un’immagine incerta, avvolta su se stessa, chiusa tra spalle troppo strette. Ed è veloce oggi la mente nel calcolare il tempo che, strato su strato, si è depositato sul mio corpo, avvolgendolo. Occhi opachi senza fondo, mani secche, screpolate, rughe sul viso e una figura che incede più curva e incerta bastano a stabilire un inventario. Si fissa il mio pensiero su questo volto, annota il declino con rigore da contabile, soppesa la sconfitta e sorride con ghigno obliquo.

Vorrei addomesticarlo, parlargli di ciò che resta, dei desideri che ancora vibrano dentro il fiato, della dolcezza che pian piano negli anni ha preso il posto della rabbia. Ma è ostinato il mio pensiero, si diverte a conficcare chiodi nei ricordi, a farli rivivere dolorosi, a girarli e rigirarli premendo sulle ferite, a investirli di luce vivida per poi gettarli nel buio indistinto, come vuoti a perdere.

In questi momenti è fondamentale...

Quanti corpi può avere una donna? - Miresol

Aspettava seduta al tavolino di un bar, là nell’angolo della piazzetta. Si era a fine agosto ma la morsa rovente del caldo non dava segni di cedimento.
Socchiudeva gli occhi stanca, snervata, più che impaziente; la sua abitudine stupida di arrivare con una buona mezz’ora di anticipo ad ogni appuntamento, il vizio ostinato di lui che in ogni occasione doveva farsi attendere.
Così era rimasta intrappolata dentro quella giornata, dentro quel tempo, quasi incatenata a quel tavolino, obbligata a pensare a ciò che era prima, a quello che sarebbe stato poi.

Si sistemò meccanicamente la gonna, sfiorando involontariamente il ventre, avvertendo subito un senso di disagio. Cercò di mandarlo via, di ignorarlo, ma l’attesa esasperava ogni sensazione.
Il suo corpo dorato, armonioso, intatto fino a poco tempo prima, l’aveva tradita.
Quel corpo non era più il suo … dentro era cavo, dentro non c’era più un utero ad accogliere, dentro era solo un...

Le parole uscivano dalla penna - Miresol

Le parole uscivano dalla penna … arrotolandosi, grasse, pastose, colme, assaporando il suono con la punta della lingua e poi con tutta la bocca. Le parole ingorde, impudiche, lascive, senza vergogna, spalancavano le gambe, si esibivano in profferte di quasi amore o in cerca di consensi. Le parole, sì le parole, scuotevano le poppe, ondeggiavano sui tacchi, avvolgevano i capelli in riccioli, esibivano labbra scarlatte, si muovevano sulla pagina con le loro scollature. Volevano essere prese le parole, solo per la voglia, senza fare differenze, erano pronte ad accogliere qualsiasi sguardo, qualsiasi mente, qualsiasi mano.

Altre, invece, scorrevano su pagine grigie, sottovoce come torrenti in secca, erano acqua evaporata, rovi, cespugli scheletriti, il ricordo di se stesse; erano il dolore che non si dice, la sorgente da sempre ammalata, la ripetizione di giorni qualsiasi, mormoravano rassegnate queste parole, sbiadite, anonime, insignificanti, andavano a...

Rosa bianca d'autunno - Miresol

Mangeranno sotto il porticato, è un settembre caldo questo, un ultimo regalo dell’estate.

Giulia si è infilata un paio di jeans leggeri e l’aria convinta di chi è al posto giusto nel momento perfetto. Del resto di che lamentarsi? La famiglia di Alberto l’ha accolta a braccia aperte fin dal primo momento. Da loro si respira sempre quest’aria cordiale e non mancano mai nel pranzo della domenica i nipoti, l’arrosto, la torta, gli abbracci. Alberto ci tiene a partecipare a questi raduni, almeno una volta al mese. Una famiglia solida la sua e genuina, come il profumo di pane appena sfornato. Quando si dice il pane, qualcosa di necessario che non dovrebbe mai mancare. Pane, amore e fantasia. Una vita felice. E davvero appare soddisfatto il suo compagno quando torna a casa e dovrebbe esserlo anche lei, in questo porto sicuro che sa di buono, di tranquille certezze, come le rose del giardino: rosse, quasi opulente, piene, anche in questo settembre che non vuole...

Il volto di Sonia - Miresol

Ore 7.30, Lambrate, bar della stazione, sono arrivata in anticipo. Mentre bevo senza fretta il mio cappuccino, osservo volti, capto discorsi, rubo indiscreta la vita degli altri.

“Lo sai che mi chiamo Sonia, allora non dirmi cara, lo vedi che mi fa arrabbiare. Ti prendi troppa confidenza. È vero, ci conosciamo da tempo, ma tra noi non c’è mai stato niente, forse ti piacerebbe, mi accorgo da come mi guardi”.
La ragazza al tavolino ha voce risoluta e gambe lunghe, magre, fasciate dai jeans stretti e sbiaditi. Sta parlando con un uomo, lui mi dà le spalle e non gli vedo l’espressione, né lo sento rispondere.
“Questo nome l’ha scelto mia madre, perché non perdessi i sogni. Io non sono come l’Annina, non mi accontento di poco Così ho smesso il lavoro al locale, ogni sera stessa vita di merda, portare drink ai clienti, sentirmi chiamare cara, sì come fai tu adesso, magari farmi toccare il culo”.
Ha un viso allungato, Sonia, dai tratti forti...

Biblioteca Racconti

Una nutrita raccolta di Racconti, frutto dell'attenta lettura e della conseguente segnalazione da parte della Redazione del Salotto Culturale Rosso Venexiano che le ha approvate. Molteplici le tematiche e i canoni di una esposizione straordinariamente curata e accorta dagli Autori che vi proponiamo con sincero apprezzamento e orgoglio. Autori che riescono a renderci partecipi e coinvolti con la loro capacità dialettica, che riescono a plasmare le parole, i periodi, in sintesi il prodotto della loro fantasia e del loro ingegno, consentendoci di assaporare al meglio il frutto della loro creatività.

 

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