Paolo Rafficoni "San Galgano" |
Suave, mari magno turbantibus aequora ventis e terra magnum alterius spectare laborem; non quia vexari quemquamst iucunda voluptas, sed quibus ipse malis careas quia cernere suavest. Suave etiam belli certamina magna tueri per campos instructa tua sine parte pericli; sed nihil dulcius est, bene quam munita tenere edita doctrina sapientum templa serena, despicere unde queas alios passimque videre errare atque viam palantis quaerere vitae, certare ingenio, contendere nobilitate, noctes atque dies niti praestante labore ad summas emergere opes rerumque potiri. Lucrezio - De Rerum Natura ( E' dolce, mentre nel grande mare i venti sconvolgono le acque,
guardare dalla terra la grande fatica di un altro; non perché il tormento di qualcuno sia un giocondo piacere, ma perché è dolce vedere da quali mali tu stesso sia immune. Dolce è anche contemplare grandi contese di guerra apprestate nei campi senza che tu partecipi al pericolo. Ma nulla è più piacevole che star saldo sulle serene regioni elevate, ben fortificate dalla dottrina dei sapienti, donde tu possa volgere lo sguardo laggiù, verso gli altri, e vederli errare qua e là e cercare, andando alla ventura, la via della vita, gareggiare d'ingegno, rivaleggiare di nobiltà, adoprarsi notte e giorno con soverchiante fatica per assurgere a somma ricchezza e impadronirsi del potere.) |
Forse quanto sopra, rappresenta bene la prima fase della vita di San Galgano, una vita strana la sua, somigliante per certi versi a quella del più noto San Francesco.
Nato a Chiusdino nel 1148, la leggenda dice per intercessione dell'Arcangelo Michele, da Padre Guido e Madre Dionisia, Galgano Guidotti ha una vita dissoluta, prepotente e rissosa fino ad oltre i ventanni quando, per due volte, gli appare in sogno proprio l'Arcangelo Michele. Ha così inizio la conversione del giovane Galgano che inizia a predicare per Siena e dintorni fino a quando si ritira in una capanna che diventerà il Suo Eremo sopra il Monte Siepi. Si incontra con il Papa Alessandro III che lo benedice e lo incoraggia a costruire un'abbazia in prossimità dell'eremo. Torna all'eremo e, tra la disperazione della Madre e della fidanzata Polissena e lo scherno degli altri Cavalieri, compie l'unico miracolo noto: conficca profondamente la sua spada nella roccia (1180?) così da realizzare una croce con l'elsa. Muore a 33 anni il 3 Dicembre 1181 nell'anno della nascita di San Francesco. La leggenda vuole che alla Sua tumulazione fossero presenti i Vescovi di Volterra (Ildebrando Pannocchieschi), Massa Marittima e Siena e gli Abati Circestensi di Fossanova. Solo nel 1220 (o 1218?) fu iniziata la costruzione della grande Abbazia. I lavori di costruzione durano fino al 1268, quando venne ufficialmente consacrata dal Vescovo di Volterra Alberto Solari. Un fatto sopra ogni altro: nel 1550 il Commendatario Girolamo Vitelli arrivò a vendere (dopo i gioielli e chissà cosa altro) il tetto in piombo. Poi cento anni di grande splendore fino al 1364 a cui seguì la lenta decadenza data dalla sventurata pratica della Commenda. Un fatto sopra ogni altro: nel 1550 il Commendatario Girolamo Vitelli arrivò a vendere (dopo i gioielli e chissà cosa altro) il tetto in piombo. Nonostante alcuni tentativi di ripristinare il convento alla fine nel 1789, dopo che la Rotonda di Montesiepi fu elevata a Pieve, la grande abbazia venne sconsacrata e lasciata definitivamente alla rovina. Edificata tra il 1182 ed il 1185, sopra alla capanna sulla collina ove San Galgano visse il suo ultimo anno di vita e proprio lì dove aveva infisso la Sua Spada nella roccia, la Rotonda di Montesiepi fu originariamente la Tomba del Santo, che fu sepolto a nord della spada come a vedere, attraverso la porta di ingresso, Chiusdino. Un'ultima occhiata alla grande abbazia o perlomeno a ciò che resta della stessa, e tramite una delle statali che si inoltrano nel territorio della bassa maremma ci si incammina alla volta della costa. E qui è uno spettacolo della natura che si presenta con il suo paesaggio in maniera continuativa, anche tramite la mano dell'uomo, che sapientemente nel corso di centinaia di anni ha modellato il territorio senza però snaturarne il contenuto alla luce di una antica saggezza contadina. E' una continua scoperta, tra le colline intersecate da corsi d'acqua, e da costruzioni tipo quella che segue, il molino delle Pile, un posto magico al cospetto del quale si respira un'atmosfera di altri tempi. Il molino delle Pile è stato per tanti anni il famoso "Molino Bianco" pubblicizzato in milioni di confezioni di prodotti alimentari. Lo si deve quasi scovare, prima del bivio per Chiusdino, un'insegna anonima, quasi timida e nascosta a ridosso di una curva, una stradina di campagna e improvvisamente eccolo di fronte, in mezzo alla natura. Momenti di sereno trascorrere del tempo, riportato ad una dimensione umana e contadina, di cui si sono perse le tracce, peraltro le parole non possono pienamente riportare la magia di un soggiorno tra quelle mura e lungo il corso d'acqua che lo fronteggia. Ma tutto il tragitto che da Siena si snoda fino al mare è uno spettacolo di grande bellezza, con momenti particolare, come quando lungo la strada si apre la vista a momenti come quelli rappresentati nella foto che segue, argilla rossa Senese modellata dal tempo, dal sole e dalla pioggia. E poi finalmente si arriva al mare, lungo la costa del Tirreno, a ridosso della pineta che costeggia la strada statale 322 delle Collacchie, che da Marina di Grosseto arriva fino a Castiglion della Pescaia e più su ancora Punta Ala ed oltre. Un momento, uno dei tanti di questa nostra incredibilmente bella penisola Paolo Rafficoni
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