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B come Briciola

 accosti la sedia
piano
senza far rumore
con delicatezza

sul tavolo è rimasta
solo qualche briciola
che spazzi via
con gesto misurato

tutte - tranne la più grande
che fai rotolare
tra il pollice e l'indice
con attenzione

fuori,
stride un incongruo gabbiano
che s'accontenta di un fiume
e non cerca il mare


Sei qui allora

 sei qui allora
dietro al mio sguardo
                    alla chiostra dei denti dischiusa
nel gesto della mano
nel sogno che mi inarca il bacino
sei qui

fragrante delle essenze del tuo giardino
magico labirinto in cui mi perdo
                               [e mi ritrovo


Frettolosi amplessi.

quel mio stupido gannire
ed il tuo uggiolare
di quando nudi facevam l'amore
subito dopo esserci scoiati
coi lazzi storpi su fesse questioni.
franti con la lingua disseccata poi
riderci in faccia il piacere ch'era stato
felici che la carne
il suo pasto aveva avuto.
t'infilavi uno straccetto sopra nulla
mi tiravo su i jeans con le mutande
reciproco zip a te dietro io davanti
e quel gesto bello del riavviar capelli
nell'abbraccio di saluto appena mesto
mi ricordavi dolci momenti e quanti
riuscivamo a contare in capo d'anno
tra strappi della tela quotidiana
ancorché l'ansia la gola ci serrava
erano belli e la vita brava.

Orecchini.

Pendule stelle
ad accompagnar la linea
perfetta dell'ovale eburneo
titillano si poggiano
lievi ondeggiano.
furano lo sguardo e
beve la pupilla e cola
la vista per il collo
indugia sulla clavicola
sulla seta fine
che lo lega al petto.

Appeso ad una nuvola.

l’immagine impressa nella mente lacerata
percorsa da lampi, spogliata da ogni orpello, nuda
si raffigura ogni volta che credi di aver vinto la partita
contro quel figlio di puttana che ti attende sornione, il tempo
è così che l’inganno si disvela, lottando contro i mulini a vento
senza la corazza della finzione la tua anima si presenta inerme
il cuore non regge all’agone e cerchi scampo nella poesia
 la ragione ti cerca e trova di te solo l’immagine
mentre sei lassù, appeso ad una nuvola
 

dove ho conosciuto gli indiani?

Quando ero piccola
abitavo in una città piccola
e il mio papà lavorava
in una miniera grande

la mia famiglia
era una famiglia povera
e nella mia casa piccola
non c'erano libri né giornali

la televisione e il cinema
erano per noi un lusso
i vicini erano lontani

io giocavo sempre
in un prato grande
con un mio amico piccolo
con arco e freccia
di un ombrello vecchio.

ma adesso che sono grande
mi chiedo: dove ho conosciuto
gli indiani?

Di nuovo primavera

L’anima
alla finestra
dal chiuso
si rivolge al vento
il canto
e l’ombra dei pini
trafiggono il momento esteso
che appare fragile e falso
mentre cadendo la foglia al di là
poggia rumore silenzioso

di primavera

A come Arco

L'arco sta.
Imperturbabile, indefettibile,
continua a ritagliare il cielo azzurro
-oh, così azzurro-

Raggrumato intorno alla chiave di volta,
al cuore del suo segreto,
là dove si scaricano le spinte di contrasto,
sta.

E la figura che si staglia tra i piedritti
diventa idea platonica dell'essere,
materia di luce ed ombra,
proiettata all'infinito.

 

Una macchia bianca

La sua camicia è una macchia bianca sul letto. Lei la ignora: infila nel cassetto la biancheria pulita, mette la borsa nuova sul ripiano più alto dell’armadio, apre la finestra e cambia aria alla stanza. Va a sedersi davanti allo specchio.
E’ bella, oggi; sembra quasi che il trucco di ieri sera le sia rimasto addosso. Ora può girarsi, raggiungere il letto.
Prima sfiora il colletto e accarezza le maniche, poi se la preme sul naso, sulla bocca. Sorride: che stupida. Va all’armadio e cerca una stampella libera. Si sforza di non guardare il telefono anche se è lì, sul comodino.

Con gesta delicate appende la camicia nell’armadio, in mezzo alle altre, quasi a volerla nascondere.  Raggiunge il bagno.  Una doccia le farà bene, la aiuterà a ripulire i suoi pensieri, lavando via tutta la confusione di questi giorni. Chiude gli occhi e si lascia scivolare addosso l’acqua quasi fredda. Meccanicamente si versa lo shampoo sul palmo della mano, inizia a frizionare leggermente la testa con la punta delle dita… le sue dita sulla schiena, quella pressione lieve eppure ferma, decisa. Il calore del suo tocco, delle sue labbra sulla pelle. Le mani sulle mani, il respiro nel respiro... Un brivido la percorre, spalanca le palpebre imperlate di gocce. Respira affannosamente, gli occhi fissi contro le piastrelle. Allunga la mano verso il sapone. E’ liscio e freddo, improvviso le arriva l’odore intenso della vaniglia. Metodicamente lo passa su ogni centimetro del suo corpo: i piedi, le gambe, il ventre… E poi le braccia, il seno. I capezzoli turgidi, la pelle tesa. Il suo corpo addosso, i desideri annullati nel suo profumo, nel suo odore. Le ombre lunghe della sera che invadono la stanza; e dietro le tende socchiuse tutto il resto del mondo…

Moebius

Camminando in tondo
Feci il giro del Mondo
Quivi tornando
a Me.

C{E}

Eppure in questi mesi è come se io fossi vissuta in una bolla ripiena di torbido liquido;
Son qui come Ungaretti dei soldati diceva...sugli alberi le foglie.

Son qui anche se a tratti lunghi silente.

C{E}

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