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Saffo - A me pare uguale agli dèi - traduzione di Salvatore Quasimodo

A me pare uguale agli dèi 
      chi a te vicino così dolce 
      suono ascolta mentre tu parli 
      e ridi amorosamente. Subito a me 
5    il cuore si agita nel petto 
      solo che appena ti veda, e la voce 
      si perde nella lingua inerte. 
      Un fuoco sottile affiora rapido alla pelle, 
      e ho buio negli occhi e il rombo 
10  del sangue nelle orecchie. 
      E tutta in sudore e tremante 
      come erba patita scoloro: 
      e morte non pare lontana 
      a me rapita di mente. 
 
      [da Lirici greci, in Poesie e discorsi sulla poesia, Mondadori, 1971] 
      [trad. di Salvatore Quasimodo]

Saffo e Alceo di Alma Tadema
 
Il testo greco di questa poesia - forse la più nota della celebre poetessa di Lesbo - è in realtà frammentario. La traduzione di Quasimodo gli ha dato dunque un impianto unitario che manca nell'originale, ma che consente di apprezzarne la forza travolgente. "Questa lirica è stata considerata, fin dall'antichità, come una riuscita descrizione dei segni fisici che si manifestano per la passione amorosa. Saffo descrive tutto ciò che prova alla vista della persona amata" (Bertinetto / Del Popolo / Marazzini). Il testo può essere suddiviso in due parti. Nella prima (vv. 1-4) appare l'amato, che sembra quasi un dio a chi l'osserva. Nella seconda (vv. 4-14) sono descritti gli effetti che questa visione causa nella donna. E qui l'impressione iniziale si capovolge: a una serena contemplazione subentra il tumulto dei sensi; l'amore non è felice ma tormentoso e quasi prossimo alla morte. Proprio questo induce a pensare che nella lirica si esprima il sentimento della gelosia: i sintomi della passione, dunque, sono generati sì da amore, ma da un amore non ricambiato.
 
 

Biografia di Saffo

Nata a Mitilene (secondo altri, più probabilmente, ad Ereso), nell'isola da Lesbo, Saffo appartenne ad una famiglia aristocratica, come indica il nome del padre, Scamandronimo, e il fatto che il Marmor Parium, una cronaca epigrafica del terzo secolo avanti Cristo, riporta che, per i suoi sentimenti politici, fu esiliata in Sicilia in una data che cade tra il 604 e il 598.
 
La sua posizione aristocratica la portò ad essere maestra di un tiaso, una comunità socio-rituale in cui le ragazze di buona famiglia venivano istruite nelle arti, nelle lettere e nei riti domestici, per diventare buone spose;è per questo che le divinità più spesso nominate nelle sue poesie sono Era, dea delle nozze, ed Afrodite, dea dell'amore.
 
Sposata al mercante Cercila di Andro, la poetessa ebbe una figlia e probabilmente giunse alla vecchiaia, se in un frammento la poetessa lamenta l'inarrestabile declino fisico.
 
Di Saffo ci restano parecchi frammenti recuperati dai papiri e, dalle note dei conterranei e dal geografo Strabone che la definì "una cosa meravigliosa" si conferma il fatto che fosse riconosciuta come la più grande poetessa antica, per la armoniosa chiarezza e semplicità con cui descrive l'amore e le sue mille sfumature. 
 
Per Saffo e le sue allieve l'amore è cantato come una "dolceamara invincibile serpe", che sconvolge l'animo con la felicità ed il dolore al quale è impossibile resistere.
 
Le sue poesie hanno alimentato numerose leggende che la vogliono perennemente innamorata di giovani donne e dedita ad amori che sono definiti "saffici".
 

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