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Antonella Taravella e la sua poesia di “ruggine e miele”

 
Antonella Taravella e la sua poesia di “ruggine e miele”
 
“Vertigini scomposte” (Edizioni Smasher, 2009) è la seconda silloge di Antonella Tavarella, dopo l’esordio con “Gravida è la notte” (Lulù, 2008).
Avere fra le mani questa raccolta è come sentirsi rannicchiati all'interno di una parentesi quadra, sì, perché è proprio questa la prima caratteristica che salta all’occhio sfogliandone le pagine: i titoli dei versi sono tutti racchiusi fra parentesi quadre. Un modo per dire che la poesia è una pausa nello sporco del quotidiano o della propria anima?
Le atmosfere che circondano le poesie della Taravella sono spesso cupe, malinconiche, fredde. La scrittura si perde in lande desolate e nebbiose, prive della presenza fastidiosa degli umani. Le frasi sono una fuga verso gli anfratti del reale, verso un universo che poggia inconsapevole sul pericolo di un’imminente vertigine: “l’ombra mi freme/in collassi di nuvole” (p.55).
Il mondo che abita questi versi è spesso “friabile”, sempre in decomposizione, come la lingua che la poetessa utilizza, “screpolata parola”, parti del corpo, “[…]labbra/ sbavano memorie/frantumate d’inverno” (p.20) o ancora “scalfire nelle notti salate/la friabile dentatura” (p.17).

Il piacere dal seno

 
sempre vorrei poggiare
il capo sul tuo petto
abboccare i capezzoli
suggere sotto gli occhi tuoi
dolci amorosi e sentire ridestarsi in mente
quando copioso il latte ne sgorgava.
provare poi nel tempo
a mano a mano un sapore diverso
un brulicare di sensi ormai lontano
dal primo approccio al seno.
eppur seno rimane morbido sensuale
che il suo lindore glabro
libidinosamente fa salire un desiderio
altro dal poppare.
la vita mi dette la voglia di succhiare
ora la rendo facendoti godere cosicchè
un altro desiderio nascerne potrà
una bocca nuova s' aprirà
sull'aureola vellutata e
un capo liscio da una mano carezzata
godrà di quel calore appassionato
che renderà nuovo un piacere usato.
 

Vita di superficie

Ho perso da tempo 
l'innocenza
ma mi è mai servita?
Ho perso un po' d'amore
per la strada
e seminato di parole
il rancore
eppure ora amo.
Ho perso risa e gioie
occasioni e saldi
ma ancora vivo e rido.
Vero è che non ho perso
altro che il superfluo.

Poecanto

 
è forse un brivido
un lamento o una malia
che t'avvicina spesso
a pensieri di follia
graffi profondi che versano
e mai rimarginano davvero
perché lungo è il cammino
verso l'anima che vesti
di colori sempre diversi
sbiaditi oppur sgargianti
qui e là sporchi di sangue
tuo e spesso d'altra gente
che la speranza è solo
un blando detergente.

Arcobaleni

Dimmi allora - chiede lui
dove si trova la pentola d'oro,
sotto quale di questi mille

  a
      r
         c
           o
            b
            a
           l
        e
     n
  i

che si riflettono
negli specchi argentati,
politi
dagli sguardi?
 
E non sarà forse - risponde lei
che cercando quella
abbiamo
perso di vista questi,
lo spettacolo meraviglioso
dei sentieri
su cui Iride porta
i messaggi degli dei?
 

Ritmo notturno

danzano lente ore notturne
sgorbi di nero su bianche lenzuola
parole si inseguono cercando incontri
scrivono la fatica di essere uomo

danzano lente ore notturne
quando l’amore ha ritmi pacati
dolce sorpresa il battito del cuore
vola il pensiero ma lenta è la mano

danzano pigre ore al mattino
occhi ormai stanchi anelano il buio
sprazzi di luce feriscono le ciglia
l’anima affonda nel nirvana del nulla

danzano liete ore nel sogno
vestito a festa partecipo al ballo
accanto a me sprimaccia il cuscino
un vecchio canuto insonne da tempo
 

Lejos

Come un lupo mi aggiro
nella notte
saturo di coscienza
nell'attesa di spegnermi
e separarmi da figure parole eventi
 
dove sono i tuoi fianchi?
 
felice la mano
si poserebbe
lieve
calda neve
sui tuoi colli addormentati
 
moriria feliz
a tu lado
mi amor.

Sotto questo cielo blu

La notte mi difende
come sempre.
La sua mano
copre il mio cuore
come un sorso d’acqua
un sonno ristoratore
o un gatto che fa le fusa.

Scrivo in versi
quasi sempre appollaiato
sul lato oscuro della via.
Ma a volte,
tra le curve ripide
e il pendio, mi trasformo
e scrivo ballate infinite
frasi tra musica e rime.
E da sempre,
mentre scrivo
ascolto canzoni…

il mio segreto.

Scorrono le dita
sulla tastiera che quante cose
ha scritto per me.
Quante ore dedicate
ai miei lunghi viaggi
al mio girovagare assorto
alle mie voglie più recondite.
Sfogo naturale
…scrivere.
Esorcizzare questo mondo
inutile e ingiusto
che di questi “in”
si potrebbero inondare
questi fogli di parole
e altri panegirici.

Ebbene…

stanotte scrivo per te
amica mia.
Importante scritto
dirai tu
da questo di fine duemilaquattro
ad un’amica lontano.
Come una mano aperta a salutarti
o un fazzoletto sventolato
o una serie di tempeste
in mari di predicati
oggetti suoi complementi
e soggetti
…qui posati.

Da dove cominciare?
Magari che ero un gracile ragazzino
un mattino in una stanzetta.
Una chitarra da suonare
cantandoci sopra qualcosa.
Oppure che lì
trovo un vecchio libro
di canzoni tradotte
testo a fronte

“Canti di rabbia”
o qualcosa del genere
di un certo Dylan Bob
che se mi giro
da qualche parte qui
magari ritrovo
anche adesso.
dietro a qualche fila sovrapposta

le tue rinunce senza nome

mi pesano  le tue rinunce senza
nome
le ombre cinesi dei tuoi
nemici
le euforiche ricadute dei sensi

La bellezza

Vincevo
coglievo le cadute
al volo per rialzarmi.
 
Indietro volti e mani
occhi di fine viaggio
occhi di inizio.
 
Ascesa senza ali
quindi le viole
i profumi, gli amori.
 
Tutto per niente
per niente in cambio mai.
Per la bellezza.

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