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E Peggio Diventa Ogni Volta Che Parti

E peggio diventa ogni volta che parti,
mi si staccano interi brandelli di vita
e rimango incapace di pensiero ed azione

che non sian ricordare l'amore dovunque,
che mi ha preso ed avvolto come il caldo mantello
di quell'uovo materno che tutti piangiamo.

Ma poi meglio diventa ogni volta che torni,
sempre più nel mio cuore e più parte di me,
la mia vita si allinea alla rotta che tieni

e il tuo corpo si mischia al mio stesso respiro
per donarmi la gioia ed il senso più pieno
e percorrere insieme quel sentiero inatteso.

      loripanni

Nascosti nel tempo

Ignote speranze di bene
disperse
dimenticate
nei cuori inquinati dall'oro,
lasciate cadere senza valore
nei ciechi labirinti
delle ancestrali paure,
che dominano la carne umana
da secoli misteriosi di origine.
Coprono di viscide ossessioni
il manto oleoso
dell'odio,
che mascherato
da burattino bisognoso,
s'alimenta col fuoco della violenza
e nutre di vermi
le piaghe del dolore
saccheggiando la semplicità
rendendoci infinitamente vuoti.

Balla con me

Rotoliamoci nel fango
quasi avessimo quel buffo naso tondo
e setole rosee di durezza.
E dire che mi piacerebbe
è appena riduttivo,
m'annoia la perfezione
ché tutto soffoca e omologa.
Balla con me ora
facciamo a meno dei passi
ci prenda la musica e ci porti
dove sapere non occorre
e il vivere si compie.

Constance nel giardino delle ombre

Andavo spesso con Constance
nel giardino delle ombre
e le tenevo le mani
mentre piangeva.

Mi parlava dei suoi figli
e del marchese di Quensberry
e io ascoltavo mentre una gazza
luttuosa e scontrosa
beccava briciole dalla terra.

Nel laghetto anatre
nuotavano come fantasmi
nelle nebbie di un tempo
sospeso sulla dorsale
del conformismo,
ma di estetismo non si parlava
no, Constance non voleva.

Eppure suo marito era un genio
dal fascino magnetico
e io contavo le righe del suo palmo
perchè Constance
aveva paura del dolore.

E c'erano ombre
che a volte sbiciavano
le nostre parole
forse persino quella di Dorian
o di Lady Windermere.

Mi parlava della condizione femminile
ma io ero incantato dai suoi occhi
e da quel viso delicato
che sembrava di porcellana
così ci amammo
senza che Oscar avesse nulla
da eccepire
perso nei suoi romanzi
e dalla sue ombre
nel nostro giardino.

Ma io amavo Costance
e le portavo le bozze al giornale
mentre Wilde
navigava altri mari.
 

Il paradosso che salvò Ettore da Achille.

    Achille mostrava, piantato sulle gambe forti - saldo e roccioso - il torace ampio e formato, le spalle larghe, il busto eretto pronto al duello, il forte collo e il viso fiero, adirato, teso. La sua lucente armatura appena munta al metallo dalle mani di Efesto era una luna apparsa in pieno sole ad incutere terrore estremo. Ad un braccio il cupo scudo con borchie di bronzo e nella destra la lunga, acuminata asta da lancio. Alla cintola la spada pesante e rilucente.
    Spalle al sole, circondato da un’aura deiforme, così appariva al prode Ettore il capo dei Mirmidoni: una perfetta macchina da guerra, resa letale dallo sdegno per la morte del fraterno amico Patroclo.
 
    Alto anch’egli, non meno fiero e valoroso, il devoto figlio di Priamo mostrava le sue forme maestose e atletiche quanto il suo celebrato avversario.
    Ettore, spinto al sacrificio dall’ingannevole Atena, era conscio del vantaggio del quale usufruiva il Pelide: non avrebbe potuto abbatterlo se non per volere divino; non avrebbe potuto se la sua asta non fosse stata guidata dalla mano di un dio, non ce l’avrebbe fatta se Apollo non avesse usato il suo occhio, i suoi strali o più semplicemente assunto il suo posto in duello.
    Lo percorse un fremito che non volle chiamare paura pur avendola riconosciuta.
 
    Sulle mura di Ilio, Priamo, Ecuba e tutto il popolo di Troia osservavano i due contendenti nella piana antistante le porte Scee.

Preferisco non amarti

Preferisco non amarti
per abbracciarti ogni giorno.
Preferisco non amarti
per non farti mai cambiare.
Preferisco non amarti
per non vederti soffrire.
Preferisco non amarti
per non farti ingelosire.
Preferisco non amarti
per vederti solo sorridere.
Preferisco non amarti
per non odiarti mai
Preferisco non amarti
ma volerti bene
per tutta la vita.

Franco

foto di gruppo

di questa luce
che entra dalla finestra
e si intromette nei discorsi
di un tavolo o di una sedia

di quel suo passare
per la cruna degli occhi
come un filo di nylon

di tanto consumarsi
in questa bocca come un'ostia
che la lingua non stacca dal palato

di queste coliche di reni
o di un callo di una mano
e di tanto altro in mezzo che non so dire

come essere felici al ristorante
perchè davano due primi

Voglio tenere un diario

Voglio tenere un diario
-disse Robinson Crusoe-
Per dominare il mio abbattimento.
To master my despondency.
Che mi tenga lontano dal pensiero
predominante e ossessivo
della mia condizione di naufrago senza speranze.
 
Quando lo rileggo la sua voce
Mi giunge come un odore fresco
Che mi guarda con occhi e gesti compagni.
5-1997

Heautontimoroumenos (pronuncia consigliata Totò Merùmeni)

Conosco la terra dei fiori feroci che ti ho raccolto.
È la serra spontanea della mia mente-orto.
L’enigma-magma di cui sono il giardiniere.
E io stesso mi semino
le begonie del peccato
insieme ai gigli con gli artigli
e ai papaveri dell’oblio.
Io stesso li poto, li innaffio e li allevo
fino alla nausea e all’asfissia.
 
Io sono il vampiro di me stesso.
Spesso Narciso che si ama “a morte”.
Talvolta Medusa dalla testa avvelenata.
E friggo le mie meduse con l’olio già fritto.
 
L’anima prevale su ogni mio gesto
fino a darmi il rigetto e il disgusto.
Non sono Enea né Orfeo
ma mi son permesso di scendere
nel buco nero di me stesso per la mia autopsia.
 
Non voglio restare un giardino
che foglia e fiora per lumache impigrite,
lascivo di bava e catarro che frigge.
Ma c’è un’idra di palude che mi atrofizza.
E mi fanno male i capelli e le unghie degli àlluci.
 
Triste come l’indomani delle feste,
entusiasta come le mestrue vigilie.
Ogni specchio mi impone di guardarmi.
E mi trascina davanti a lui col fiato contrario.
Ma ho ripreso a parlarmi allo specchio nudo.
Devo migliorare l’immagine di me a me stesso.
 
Cristo ha trovato la forza
di resuscitare la domenica
dopo essere morto il venerdì.
Potessi nel dolore costruire
senza inabissarmi.
 
Io sono le mie ferite!
Ma tante volte mi butto per terra
come un bufalo che ha corso troppo
nella deserta steppa
in cerca di un filo d’erba.
 
  “Io stesso ero diventato per me un grosso problema” (S.Agostino) Leggi tutto »

"Celestion"

Grigio il cielo piombo di 'sto mattino piombo.
Oltre ai vetri delle finestre piombo.
Il suono lontano del tuono al rimbombo.
Piombo.
Il lampo che anticipa poi deflagra.
L'occhieggiar di spari-sibili e luci
dall'effetto stereo.
Girotondo concentrico m'assorbe
e come tal l'accolgo. Leggi tutto »

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