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Il più poetico cerchio di vita

E' amore che brucia
l'essere per giorni e giorni affamata
delle tue labbra.
Presa alle ciglia
da un sorriso già caldo,
contro le terrazze chiare
di un brivido,
apro al cielo
il più poetico cerchio di vita,
che fa della mia voce
colore d'asiatico tramonto.
Il cuore, come una grotta
di piacere, aspetta lunghe dolcezze
piene di segreti.
Vanno innocenti e pure le mani
a rosicchiare gli scettri della notte.
Nascono per migliaia di volte mareggiate
attorno a noi,
mentre le schiene spingono rugiade
ad altra sera, ad altro orizzonte.
Verso il destino ed il contemplare torrenti

Chiudo la porta

Spento ogni lume
zittito ogni clamore
chiudo l’uscio e del silenzio
esigo godere.
Nella stanza sola
pretendo rimanere per
spogliarmi dell’abito
della vecchia me stessa
e ricoprirmi con le sete
del mio nuovo io.
Fuori dalla porta sprangherò
ogni turpe pensiero
o stupida illusione.
Disseterò la mente
con l’acqua di nuovi
desideri,
attenderò che l’alba
arrivi e che la luce
mi illumini di giovani
speranze.

I giorni della merla

Un lavoro a "quattro mani"...

..un petalo di un fiore di cilegio...

La musica è dentro di me  e la tristezzMostra immagine a dimensione interaa è all'esterno.
le lacrime escono come niente,
per fortuna c'è la pioggia che mi accompagna..
il sole spunta all'improvviso e mi saluta, e illumina il mio viaggio di vita,
ed è proprio con la coda dell'occhio vedo
che un soffio di vento trascina un petalo sulla mia spalla.
un petalo rosa di un fiore di ciliegio...
sorrido,
in quell'istante mi sento riflettere in quel petalo,
che senza volerlo si fa trascinare dal vento della vita.
da come è salito sulla mia spalla se ne è volato via
per proseguire il suo viaggio.
purtroppo non sono libera come lui,
purtroppo sono acora imprigionata nelle catene dell'amore,
ma mi basta un petalo di ciliegio per cambiare la mia giornata.
soltanto per immaginare la mia parte libera... che vola nel vento.

Giulia Di Palma

Clandestino

Dopo il becero odierno intervento
del sindaco di Milano Letizia Moratti

Figlio indesiderato di nessuna madre
misconosciuto nel tuo dolore
approdato nella terra di nessuno
che stravolta da terremoti e paure
oggi recintata di nuova sicurezza
con arroganza pari all’ignavia
uccide quel che rimane della tua esistenza.

Posso offrirti solo la mia vergogna
anch’io da oggi figlio della tua stessa terra.

© Franco Pucci 2009

Ho talloni rosa e dita consumate sulle punte

Ho sempre avuto cura
dei miei piedi, fin da piccola,
quando, nudi e doloranti
li piantavo la sera nella terra
come fossero radici

E chiudi la porta

Così te ne vai.

La finestra aperta lascia entrare
il vento gentile della mattina.
Fragranze e profumi a me noti
alleviano il mio dolore.

Chiudi bene la porta quando esci.
Piano, per favore.
 

Frullo di gabbiano

Sottile,
 come  filo di riverbero
il silenzio  sussurra dietro un'ala.
Muove i cirri
 sul pianale d'infinito,
si corica , distende il suo ghermire.
 Percepisco il  frullo di  gabbiano
-solitario-
sullo scoglio che riposa
mentre l'onda indiscreta sopra il mare
fende l'occhio,
ed è come morire.
Si rincorrono i nembi all'orizzonte
descrivendo colline di corallo
sul tramonto quando piega il pomeriggio
e le ombre disegnano poi la notte.
La salsedine imbianca la mia pelle
imperla i relitti tra i capelli
con la luna che si immerge dentro l'acqua,
ondulata sorridente eterna Musa.

11 Marzo 2004

Hai sentito anche tu
quel brivido dentro
quando le strade di pianto
si riempirono 
e da Alcalà a la Mayor
di sangue
come fiume in piena
il letto fu Gran Via
che scorse profondo lungo la metro
poi risalì ad ogni stazione
e Puerta del Sol mai fu vista così
che la gente piangeva
e s'abbracciava... ricordi?

E qui il telefono suonò.
Milleseicento chilometri per dirmi
"Noi stiamo bene"
e poi un pianto prese il cuore
Soltanto tristezza. Profonda tristezza.
E scorse il pensiero al verde Retiro
alla Castellana... le passeggiate... il sole.

Duecento fiammelle che mai spegneremo.
Dentro di noi un profondo rimorso
un brivido che ci porta via.
Ancora una volta sbagliammo
da Malasana a Alonso Martinez
da Lavapies alla Latina
dal Rastro a Casa de Campo
avremmo dovuto poner 
en entredicho
ma troppo in fretta abbiamo aperto
le nostre braccia.

E questa mattina da Aluche e Moncloa
ognuno di noi dentro al cuore
ha un bus che triste riparte
...per Calle Melanconia. 
 

Era di Marzo

Era in una giornata come questa
dove la canizie del tempo morente
gelava anche gli ultimi sguardi
e la tramontana come scorpione
avvelenava le attese di tempi migliori.

Labbra serrate trattenevano a stento
parole affilate come sicari in attesa
di guadagnare la mercede promessa.
L’addio fu facile, ne bastarono poche
le altre si sciolsero al primo sole.

Rimasi lì, statua di ghiaccio e sale
la pelle bluastra a contemplare il delitto
mentre un ultimo refolo spezzava
con una eco di suono metallico
stalattiti cristalline appese alle mie ciglia.

Era di marzo.
 

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