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Cè posta per noi di Rosso Venexiano

Gentile redazione di Rosso Venexiano
ci presentiamo: siamo Emanuela, Barbara, Flavia e Simonetta, le quattro figlie della poetessa recentemente scomparsa Alda Merini.
I tristi rintocchi funebri delle campane del Duomo di Milano pesano ancora sui nostri cuori mentre ricordiamo quello che raccontava di noi:
«Ho avuto quattro figlie. Allevate poi da altre famiglie. Non so neppure come ho trovato il tempo per farle. Si chiamano Emanuela, Barbara, Flavia e Simonetta. A loro raccomando sempre di non dire che sono figlie della poetessa Alda Merini. Quella pazza. Rispondono che io sono la loro mamma e basta, che non si vergognano di me. Mi commuovono»
Nonostante le parole della nostra amatissima madre siamo onorate di comunicare che in sua memoria abbiamo fortemente voluto la realizzazione del sito internet www.aldamerini.it.
Un’antologia in ricordo di Alda, un elogio "all'ape furibonda", alla sua figura di scrittrice e madre perché «Niente per una donna è più simile al paradiso di un figlio che le farà sognare l’amore per sempre…».
Saremmo grate se voleste pubblicare un articolo sul vostro blog e un link nella pagina dedicata a nostra madre https://www.rossovenexiano.com/alda-merini dar voce a nostra madre, alla sua follia e alla sua dolcezza, per farla parlare ancora perché non venga dimenticata. 
 
grazie davvero e ancora davvero complimenti
 
Flavia

Nato in Italia

Sono nato e cresciuto in Italia,
l'Italietta nostra di sempre,
stivale da calcio in culo e camminare
col sudore rappreso e un fazzoletto al collo,
mille volte delusi noi mai fuggiti,
eterni viaggiatori di idee incomprese
da giustizieri al potere a schiacciar
l'idea sinistra, che da sempre paventa.

Girata in lungo e largo da truppe dispotiche
torme teutoniche e lavorata bene
da chiunque la passasse col cappello in mano
a domandare mendico o sudando
e nell'altra il solito manganello a rispondere.
Perseguitata sempre da correnti a caso
da politici tecnici dell'ultim'ora,
proseliti, garantisti, demagoghi del nulla.

Ieri col coraggio di Dio e spinto dalla giornata
di desertica canicola e sole, camminavo
nel calore estivo di questo millenovecentoventicinque.
Occhiali da sole lui sul lungomare e camionette
a sputar improperi d'urli e cori.
Canottiera di bimbo col gelato in mano
che stringe l'altra al padre voltato da parte.

Sguardo irriverente il mio che guardo il mare
nell'assolato odore d'acre salsedine mista ai tempi
con l'ultimo sorso di granita appesa al labbro
e un inno inutile nell'aria una specie di alalà.
Un sorriso appena accennato il suo
dell'indisponente in camicia nera
con torbido potere mi puntava contro
(dietro al bimbo del gelato)
e chiodava gli anfibi al passo.

Le palme urlavano Tripolitania bell'abissina
con le fronde verso il porto come bandiere.
E ora il padre prende in braccio il bimbo
gelato e tutto e allunga lesto il passo
sull'italico lastricato d'intenzioni perdute
sempre eternamente depresse.
Evaporato il ghiaccio tra le mie labbra
dal quale non volevo disfarmi,
fermo un istante il tempo e raccolgo il che fare...

Dalla camionetta un cassone di insulti
al comunista, all'anarchico, al brigante
del chi se ne frega, che il duce Benito è solo lui
e via così... cantilena nuova già stantia ormai.
Mancavano pochi passi al manganello
che il grigio mi è vicino che gli giro un pugno al viso
e cade mentre gl'altri rotolano già dall'inutil carretto
e mi sono addosso e giù calci e pugni e svengo...

Tanto mi picchiano che mi sveglio sotto casa
piena di auto... un'esagerazione d'auto, piene di colori
col vestito nuovo proprio di ieri, perfetto e pulito
con la mia cravatta della domenica
e una signora che domanda se sto bene, io che dico si
e mi allontano che sto benissimo

solo un po' spaesato

Leggo la locandina e la data di ieri,
mezzo Dicembre duemilanove,
eppure non sono invecchiato, pure pettinato
che mi guardo allo specchio della vetrina
e mi vedo. E sul giornale che non conosco
leggo il primo ministro contro il presidente
e c'è una foto a tutta pagina
una camicia nera tutta d'azzurro perfettamente intonata
un sorriso il suo dell'indisponente
in un torbido potere che sfugge.
Verso di me, un padre in occhiali da sole
e un bimbo per mano nato e cresciuto in Italia.
 

Un'Italietta la nostra di sempre, a cui spesso
basta solo un gelato...

Elegia dell'Ultimo Giorno

ormai è passata come tutte
le cose dell’aldiqua prendila come
un sogno anche se sogno non è
questo nell’ultimo giorno avrò da dirti
fratello a me nella carne e nello spirito
marchiato a fuoco
ma tutto questo doveva accadere ti dico
perché “si compissero le scritture”
ora m’incolpi del mio silenzio e
Tu dov’eri mi chiedi quando a migliaia
venivano spinti sotto le docce a gas
Io ero ognuno di quei poveracci in verità
ti dico Io sono la Vittima l’agnello la preda
del carnefice quando fa scempio
di un bambino innocente
Io sono quel bambino ricorda
“quando avete fatto queste cose ad uno
di questi piccoli l’avete fatto a me”
anch’io in sorte ho avuto una croce la Croce
la più abietta la benedetta
anch’io ho urlato a un cielo muto e distante
Padre perché
 
perché solo mi lasci in quest’ora di cenere e pianto
 
-
flymoon
 

Parli

Parli, tu parli, parli e parli, tu parli di oggi pomeriggio, del film, delle scarpe
tu
che il 7+5 l’hai fatto una ragione, contraddittoria peccatrice, succhia il vento di un sonno, poppa un riposo ino ino
di natura che dolce
m’accompagni ad esser condannato uomo di esperienze
accarezzami il petto, appoggia la bocca, la guancia
l'attesa
dormi, anche tu
sul mare, bonaccia, non vedo
nemmeno la barca tra i campi
tu, gli stramaledetti centri commerciali
ma quando il pennone, a gradini
i tuoi rose e tappeti, coperte, a pié pari

Cristo spogliato e deriso

 

in quell’altra disposizione/ .في هذا الموضع الآخرِ/ In that other placement

 in quell’altra disposizione
saprò la differenza con gli immortali
alla fine nel corpo redento
io mi sarò salvato per fede
o posso credere per natura
senza alcuna delle fragilità
delle separazioni possibili da sempre
e perché no morto
senza che io diriga nulla
vedrò la bella delle sacre
la Mamma della Palestina
da uno e nuovi lati
i suoi innumerevoli seni
la voce di richiamo
e capirò l’emissione vergine
ben dentro il mistero
e non avrò altro in cui credere
nessun’altra conoscenza
che sia di nuovo miserabile
come è nella vita
nessun’altra obbedienza
dalle parti invisibili
saprà tanto innamorarmi
per così scriverne la gloria
 

Michele Caccamo

 
 
In that other placement
I will know the difference with immortal beings
at the end in my redeemed flesh
I will be safe by faith
or I can guess by nature 
without any of the human frailties
of the all along possible separations
and why not dead
without my showing any way
I will see the Holy Lady
the Mother of Palestine
from one and further sides
her innumerable breasts
her voice of call
and I will comprehend
the virgin emission
properly inside the mistery
and I will not believe in anything else
no other knowledge
that is again paltry
as it is in lifetime
no other compliance
from invisible sides
will be able to make me fall in love
so to write about the Glory

(trad. Rosa Caccamo)

في هذا الموضع الآخرِ

ميكيلي كاكمو

.في هذا الموضع الآخرِ
سَأَعْرِفُ الاختلافَ بين الكائناتِ الخالدةِ
في النهايةِ
جسدي الذي غفَرَ خطاياهُ
سيُنقِذُني بالإيمانِ
أَو يُمْكِنُ أَنْ أَُدرِكَ بالفطرةِ
بدون أيّ نوعٍ مِنْ الضعفِ الإنسانيِ
لِطُولِ الفِراقِ المُحتَمَلِ
لماذا لم يَمُتْ ؟
ولمَ تظهَرُ عليهِ دلائلُ الموتْ ؟
سَأَرى السيدةَ المقدّسةَ
أُمّ فلسطينَ
مِن جانِبٍ واحدٍ و بعيدٍ
نُهُودُها لا تُعَدُّ ولا تُحصى
صوتَ ندائِها
سأُدرِكُ الإشعاعَ العذريَّ
في داخلِ السِرِّ
لن أُؤمِنَ بأيِّ شيءٍ آخرَ
ولا بأيِ عِلمِ آخرَ
لا فائدةَ منهُ
مثلُ العُمْرِ
ولا أيَّ التزامٍ آخر
مِن الجوانبِ المَخفِيّة
يقْدِرُ أنْ يُوقِعَني في الحبِّ
حتى الكتابةُ عنِ المجْدْ

 

Durante il buio in città

E se davvero fossimo introdotti
nelle suburbe
come l’ago della metro ricuce la città
a toppe di quartieri
sopravanzando i torelli dei sottopiani
al grido unico: più notte a gambe calme
meno tremori meno occhi ai fanali
dov’è che si potrebbe un lascito di calma
una seduta alle fontane
per dirsi ancora beviamo con la gioia dei fanciulli
spargiamo acqua in queste gole munte.
 
Anche di notte nei vicoli atterriti
roca e prudente la caligine
aspetta il vento.
 

Antologia!

Ciao a tutti,
recentemente sono stata a Roma per assistere alla presentazione della nuova antologia della "Giulio Perrone Editore". E' una raccolta di poesie e narrative creata con il materiale inviato (e segnalato) dal concorso <<Cose a parole seconda edizione>>da cui ne trae il titolo. Contiene anche una mia intitolata <<Se sei o non sei>>, già pubblicata su Rosso tempo fa.
Per chi fosse interessato a dare un'occhiata può sbirciare sul sito Giulio Perrone editore, o comprare l'antologia al costo di 15 euro. Penso ne valga la pena, da occasione di conoscere nuovi autori emergenti, un po' come noi.
Un abbraccio caloroso a tutti,
Stella

Divieto

Il sole non si può
guardare
Il sole non lascia intravedere
il suo volto
vero.
-Cosa nasconde?-
Si cela in lui
il segreto che
nessuno scoprirà
fino a quando
l'ultimo respiro della Terra
verrà a mancare.
-Quando dunque?-
L'impaziente
s'uccide
per placare un po' d'attesa
infima e placida.
 

Speculi specchi

Ho deciso,
per te scriverò ali e gabbiani
che sul mare planan volando
e suoi
i vecchi dintorni persi senz'orli
ritorti
eppur sempre verdi
ai miei anni, che dentro porto
volti e riavvolti
e perenni sempre ai miei gesti.

Vecchi,
ai miei quotidiani mentimenti e spesso
passilenti e nottetempi
o antichi pentimenti
da sempre dico miei 
come fiori amati
sfogliando foto a quinterni
dagherrotipi grigioseppia 
impoveriti sempre ai miei gesti.

Cammini marinai
e vecchi senz'onde,
nuotate perdute
e vele salpate e donne aspettate
eppur vivo sono... per sempre
e ancora.
Grido di gabbiani in volo, dicevo,
d'ali,
che guardo dal basso all'alto
mistando a vino
opachi euro sfuggiti
mai più (ahimè) giammai tornati.

Eppur sempresalto,
getti al mio ponte i sogni di gatto
che gatto son gatti

quei balzi di mare
e farsi guardare
e speculi specchi, latenti e schivi.
Concorro fuor tempo
oppure da sempre
occhi miei tesi
che io già sollevo e sempre,
che sempre con gli occhi nel cuore
in mano, da tempo io osservo
che mai e poi mai io
lisci piano e piano carezzi
i magici giorni che vivo con te...
 
amor mio.

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