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..un petalo di un fiore di cilegio...

La musica è dentro di me  e la tristezzMostra immagine a dimensione interaa è all'esterno.
le lacrime escono come niente,
per fortuna c'è la pioggia che mi accompagna..
il sole spunta all'improvviso e mi saluta, e illumina il mio viaggio di vita,
ed è proprio con la coda dell'occhio vedo
che un soffio di vento trascina un petalo sulla mia spalla.
un petalo rosa di un fiore di ciliegio...
sorrido,
in quell'istante mi sento riflettere in quel petalo,
che senza volerlo si fa trascinare dal vento della vita.
da come è salito sulla mia spalla se ne è volato via
per proseguire il suo viaggio.
purtroppo non sono libera come lui,
purtroppo sono acora imprigionata nelle catene dell'amore,
ma mi basta un petalo di ciliegio per cambiare la mia giornata.
soltanto per immaginare la mia parte libera... che vola nel vento.

Giulia Di Palma

Clandestino

Dopo il becero odierno intervento
del sindaco di Milano Letizia Moratti

Figlio indesiderato di nessuna madre
misconosciuto nel tuo dolore
approdato nella terra di nessuno
che stravolta da terremoti e paure
oggi recintata di nuova sicurezza
con arroganza pari all’ignavia
uccide quel che rimane della tua esistenza.

Posso offrirti solo la mia vergogna
anch’io da oggi figlio della tua stessa terra.

© Franco Pucci 2009

Ho talloni rosa e dita consumate sulle punte

Ho sempre avuto cura
dei miei piedi, fin da piccola,
quando, nudi e doloranti
li piantavo la sera nella terra
come fossero radici

E chiudi la porta

Così te ne vai.

La finestra aperta lascia entrare
il vento gentile della mattina.
Fragranze e profumi a me noti
alleviano il mio dolore.

Chiudi bene la porta quando esci.
Piano, per favore.
 

Frullo di gabbiano

Sottile,
 come  filo di riverbero
il silenzio  sussurra dietro un'ala.
Muove i cirri
 sul pianale d'infinito,
si corica , distende il suo ghermire.
 Percepisco il  frullo di  gabbiano
-solitario-
sullo scoglio che riposa
mentre l'onda indiscreta sopra il mare
fende l'occhio,
ed è come morire.
Si rincorrono i nembi all'orizzonte
descrivendo colline di corallo
sul tramonto quando piega il pomeriggio
e le ombre disegnano poi la notte.
La salsedine imbianca la mia pelle
imperla i relitti tra i capelli
con la luna che si immerge dentro l'acqua,
ondulata sorridente eterna Musa.

11 Marzo 2004

Hai sentito anche tu
quel brivido dentro
quando le strade di pianto
si riempirono 
e da Alcalà a la Mayor
di sangue
come fiume in piena
il letto fu Gran Via
che scorse profondo lungo la metro
poi risalì ad ogni stazione
e Puerta del Sol mai fu vista così
che la gente piangeva
e s'abbracciava... ricordi?

E qui il telefono suonò.
Milleseicento chilometri per dirmi
"Noi stiamo bene"
e poi un pianto prese il cuore
Soltanto tristezza. Profonda tristezza.
E scorse il pensiero al verde Retiro
alla Castellana... le passeggiate... il sole.

Duecento fiammelle che mai spegneremo.
Dentro di noi un profondo rimorso
un brivido che ci porta via.
Ancora una volta sbagliammo
da Malasana a Alonso Martinez
da Lavapies alla Latina
dal Rastro a Casa de Campo
avremmo dovuto poner 
en entredicho
ma troppo in fretta abbiamo aperto
le nostre braccia.

E questa mattina da Aluche e Moncloa
ognuno di noi dentro al cuore
ha un bus che triste riparte
...per Calle Melanconia. 
 

Era di Marzo

Era in una giornata come questa
dove la canizie del tempo morente
gelava anche gli ultimi sguardi
e la tramontana come scorpione
avvelenava le attese di tempi migliori.

Labbra serrate trattenevano a stento
parole affilate come sicari in attesa
di guadagnare la mercede promessa.
L’addio fu facile, ne bastarono poche
le altre si sciolsero al primo sole.

Rimasi lì, statua di ghiaccio e sale
la pelle bluastra a contemplare il delitto
mentre un ultimo refolo spezzava
con una eco di suono metallico
stalattiti cristalline appese alle mie ciglia.

Era di marzo.
 

Percorso

 può darsi che sia così
che ci sia un percorso una strada un sentiero
su cui siamo e camminiamo
                              in posizione eretta
scalciando sassi verso il ciglio erboso
immersi nella noncurante bellezza
noi e gli altri da noi
col fiato corto e gli occhi bassi

ma io sono di quelli che rallentano la marcia
che prendono il sasso in mano
                         e lo guardano a lungo
che alzano gli occhi alla vampa del sole

ma sappi che non l'ho voluto
non ho voluto niente
non ho voluto niente mai

solo, accade e sola sto
poco prima della svolta
dove la strada si perde e noi con lei

Un giardino d'inverno,una serra di vetro,una farfalla.

Il giardiniere dice che avrò fiori stupendi su cui posarmi a primavera. Dice anche che il tiglio è un bellissimo albero; avrò tanta ombra la prossima estate,quando le api sembreranno dervisci impazziti.
E’ iniziato a nevicare nel frattempo, le stagioni sembrano così lontane tra loro!
Dai vetri, gli scheletri degli alberi potati di recente imbiancano velocemente,come velocemente scende la sera. Il profilo di un pettirosso ingentilisce le scarne appendici di una pianta,mentre lui becca la gelida aria che lo circonda.
I lampioni tagliano a metà i fiocchi ancora incerti che si sciolgono , altri che toccano terra.
L’asfalto rispecchia il grigiore plumbeo di un cielo cieco, quasi ferroso.
Mi sento chiusa dentro.
Respiro profondamente il calore della stanza, senza però provare il piacere di essere a casa.
Resto attaccata ai vetri, penso che il tramonto nel frattempo stia facendo il solito arpeggio sotto la coltre ormai diventata compatta di nubi rigonfie, quasi minacciose.
Ti sento mentre annuso l'essenza di gelsomino che si diffonde come per magia, sui perimetri trasparenti delle pareti.
Mi siedo sui gradini di un’idea, accanto a te dove la neve non c’è mai.
Sorrido, ti piacerebbe assaggiarne il sapore; sa di purezza, di acqua limpida e incontaminata. Ti somiglia.
Lo facevo sempre quando nel mio bozzolo chiudevo gli occhi e alzavo la testa verso il cielo .
Assaggiavo i candidi fiocchi posati sul palato con un senso di inspiegabile piacere,come le tue labbra,quando mi dicevano che sapevo di fragola.
Mentre le volute di caldo si intrecciano,la mia immagine riflessa sembra guardarmi e dirmi che non sono sola.

Ti penso.

Sciola camminava

(Sulle note di Angelica di Paul Schwartz)
 

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