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Se mi ospita il silenzio

 

E' solo canto
che nell’intimo m’intona
mentre nell’ombra,
mi ospita lo scranno.
E mi abita il silenzio
che come goccia batte,
sul giogo e sulle tempie.
E’ di un fonema muto
il mio pensiero arduo,
intrappolato dalla solitudine che bagna
negli angoli più stretti,
di un’anima senza perimetri perfetti.
Ma c’è la luna,
insegue sul viale il mio pensiero
e con le dita del suo alone,
deterge il pianto di una capinera.
Mi assale a volte, lo stralcio di un dolore
quando l’assenza invade,
preme questo cuore.

Zeus e il pianto di Europa

Come posso non pensare a te
quando la tempesta sferza l'isola
e la tua voce di tuono irrompe e spaura?

Sotto la luce dei fulmini
corro
da Elafonissi a Fragokastelo
invocando il tuo nome
col peplo che mi frusta la pelle
e i piedi scalzi
io, Europa, la regina di Creta
col volto rigato di lacrime

Oh, Zeus dove sei?
Dov'è il tuo amore indecente e candido
dov'è la sfrenata passione dei sensi
dove sono le risate di gola
lo sguardo serio della libidine
i nostri giochi infiniti?

T'invoco Zeus, ma non come dio padre
t'invoco come amante, amore, amato
il toro bianco che m'ha rapita
l'aquila che m'ha posseduta
il padre dei miei figli

Oh tu, splendente, potentissimo tra gli dei
figlio di Crono e di Rea
tu che sconfiggesti i Titani
e salvasti i tuoi fratelli squarciando
il ventre di tuo padre

tu, che regni sugli Olimpi e sugli umani
tu che punisci e grazi
tu che mi volesti
dove sei?

Batto i pugni sulla sabbia
mentre la tempesta s'allontana

e piango ancora
 

La festa della mamma

S'incartocciava il regalo di nascosto
in un avanzo di foglio rimediato
immaginando la tua gioia
per un gingillo
poco più grande di una noce

Un bacio per uno, il resto dentro al cuore
di prima mattina, il merlo alla grondaia

scartavi poi le rose che papà
aveva fasciato alla meglio per le scale

Io non capisco se ancora sei pensiero
o già ricordo
ma il tuo grembiule è al gancio

e ti rifaccio il letto tutti i giorni

Fammi giocare

quando vado al parco
gioco con gomez
gli lancio lontano
un bastone,
di scatto corre veloce
prendendolo al volo
così gioca felice
per ore.
stanco riposa
sopra i miei piedi
e lo accarezzo
dalla testa alla coda.
nel silenzio dei faggi
ti penso mia musa,
fammi giocare
con i tuoi capelli
come fa il vento,
fatti disfare
la frangetta ribelle,
inventa giochi d'amore.
lancia un bastone
io sarò gomez.
 
renato finotti.

Lacrime

come acqua
acqua che calma si racconta
nel tranquillo veleggiare dei miei pensieri

Di quando valeva la pena e per piovere si faceva il ballo.

Io che avevo un bottone di baco
e una seta di rose rosso ardente.
Un paio di scarpe da clown gialle
e occhiali da sera grandi e scuri.
Una vecchia Olivetti portatile
e un treno già al ritorno.
La tessera del Genoa e un fondo di vin bianco.
Un genio d’amico che suonava al piano
canzoni d’amore senza il do e il fa.
Un vecchio avvocato. Una maniglia segnata,
una bici diabetica, un cumulo, un cirro,
un estratto, un cammello col re Baldassarre.
Mia Nicol dissi e Gioconda rispose.
Mia Wendy, la prima signora... la più bella.
Volavano via i tre moschettieri.
Rin tin tin, il mio jojo, l’azzurro del mare
il sette di coppe e lo sguardo di te
che mi uccidevi il cuore.
Il bosco di note e il tempo che passa.
Una lampada di Aladino
dentro un cappello a cilindro.
Non sapevo che la primavera
durava solo un secondo.
...ma io volevo soltanto scriver la poesia
più bella del mondo.
... Io volevo soltanto scrivere
una poesia...
Ora vi presento la mia nonna Abelarda.
La mia sposa solitaria.
Il padrino che mi sposò.
La legione straniera.
Mio fratello che vende la merce
al mercato ambulante
e Simbad che vende il nipote cantante.
La puttana Carlotta e il suo cane bassotto.
La mia giubba di cotta di maglia
e contro il destino continuo la guerra.
Ma riposa chi sogna nel sogno. 
I bimbi ad esempio,
così quando sogno, fingo anch’io...
Le banche ai conti del business
all’accademia del furto, canto,
del cigno il “Simon delle sirene”
che pianse al monte Calvario.
Se tu volessi sposare il commissario, dissi,
il carro è al ponte e la speranza allo scoglio del mare.
Il si del cane e la demenza. La lista del ricercato
e poi tu, bottiglia di rum a un concerto lontano.
Vuoi sapere la lezione al coma profondo?
Non puoi pensare diverso è la canzone
della barca sul mare. E della foresta incantata
le lacrime a piovere
quando valeva la pena.
E della pagina di una poesia
che parlasse del mondo.
Della penna intinta nell’inchiostro
colato e iracondo…  

E pensare che io che volevo soltanto

scrivere
...la poesia più bella del mondo.

 

Vorrei...

Vorrei gioire nell'attimo che incrocio il tuo sguardo,
vorrei tuffarmi nel tuo cuore avvolto da quell'aura misteriosa..
il vento accarezza i  miei capelli e mi ricordano le tue mani e quando veramente mi stai accanto
tutto quello che vorrei dirti si dissolve nell'aria..
Forse sono troppo immatura per te... forse non sono ancora pronta... ma almeno potevi lasciarmi il tempo di crescere..

Il significato del vento

La Signora

I
Ero rimasto solo nello scompartimento, quando la Signora, che doveva appena essere salita su quel treno, apparve dietro il vetro dello scorrevole e guardò se v’era corrispondenza tra i numeri a fianco della porta e quello della poltrona prenotata, stampato sul talloncino beige che reggeva all’altezza del seno come fosse presbite.
Una volta assicuratasene, appoggiò la mano inguantata dello stesso colore del biglietto sulla maniglia d’ottone e, senza sforzo alcuno, il battente scivolò all’indietro riportandomi per una frazione di minuto alla realtà sonorizzata del marciapiede ferroviario.
Dietro il finestrino del corridoio un signore biondo grigio, alto e corpulento, sbarbato perfettamente, dopo averla baciata sulla guancia, si stava chinando a raccogliere la valigia della moglie, di cui potevo scorgere solo il cappellino fiorito ed una sezione del viso.
Anche la donna appena entrata indossava un cappello, a tese larghe, color sabbia come i guanti, che si intonava deliziosamente con il tailleur nero fumo che finiva sotto le ginocchia. Dallo stesso pendeva un velo che poteva solo farmeli indovinare, i lineamenti del viso.
Mi alzai, arrossendo leggermente per non essere stato pronto come avrei invece voluto, e con lo sguardo chiesi il permesso di poterle alloggiare la valigia sulla reticella all’altezza del copricapo. Sedette.
Non era molto alta, direi anzi di statura più bassa di quella media delle studentesse che avevano pochi istanti prima svuotato la cabina, ed i fianchi, pur se strettamente inguainati dalla sottana, mi sembrarono anch’essi un poco ridondanti rispetto ai canoni di snellezza anoressica che già imperava da un decennio.

Era un sogno

 
Ti ha cercato
il vento mia musa
e ti vide in volto,
non aveva parole
eri con altri amori
poi smarrito
si perse nell’infinito
nel grande silenzio
dei cieli.
Il vento ha lasciato
solo polvere
fra le mie dita
e la mia voce
un eco lontano
e gente in riso.
Io non credo,
ricordo ieri
le tue ondate di luce,
io ci credo ancora.
Era solo un sogno.
domani rivedrò
il tuo sorriso fine.
 
           Renato Finotti
 
 
 

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