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Parli

Parli, tu parli, parli e parli, tu parli di oggi pomeriggio, del film, delle scarpe
tu
che il 7+5 l’hai fatto una ragione, contraddittoria peccatrice, succhia il vento di un sonno, poppa un riposo ino ino
di natura che dolce
m’accompagni ad esser condannato uomo di esperienze
accarezzami il petto, appoggia la bocca, la guancia
l'attesa
dormi, anche tu
sul mare, bonaccia, non vedo
nemmeno la barca tra i campi
tu, gli stramaledetti centri commerciali
ma quando il pennone, a gradini
i tuoi rose e tappeti, coperte, a pié pari

Cristo spogliato e deriso

 

in quell’altra disposizione/ .في هذا الموضع الآخرِ/ In that other placement

 in quell’altra disposizione
saprò la differenza con gli immortali
alla fine nel corpo redento
io mi sarò salvato per fede
o posso credere per natura
senza alcuna delle fragilità
delle separazioni possibili da sempre
e perché no morto
senza che io diriga nulla
vedrò la bella delle sacre
la Mamma della Palestina
da uno e nuovi lati
i suoi innumerevoli seni
la voce di richiamo
e capirò l’emissione vergine
ben dentro il mistero
e non avrò altro in cui credere
nessun’altra conoscenza
che sia di nuovo miserabile
come è nella vita
nessun’altra obbedienza
dalle parti invisibili
saprà tanto innamorarmi
per così scriverne la gloria
 

Michele Caccamo

 
 
In that other placement
I will know the difference with immortal beings
at the end in my redeemed flesh
I will be safe by faith
or I can guess by nature 
without any of the human frailties
of the all along possible separations
and why not dead
without my showing any way
I will see the Holy Lady
the Mother of Palestine
from one and further sides
her innumerable breasts
her voice of call
and I will comprehend
the virgin emission
properly inside the mistery
and I will not believe in anything else
no other knowledge
that is again paltry
as it is in lifetime
no other compliance
from invisible sides
will be able to make me fall in love
so to write about the Glory

(trad. Rosa Caccamo)

في هذا الموضع الآخرِ

ميكيلي كاكمو

.في هذا الموضع الآخرِ
سَأَعْرِفُ الاختلافَ بين الكائناتِ الخالدةِ
في النهايةِ
جسدي الذي غفَرَ خطاياهُ
سيُنقِذُني بالإيمانِ
أَو يُمْكِنُ أَنْ أَُدرِكَ بالفطرةِ
بدون أيّ نوعٍ مِنْ الضعفِ الإنسانيِ
لِطُولِ الفِراقِ المُحتَمَلِ
لماذا لم يَمُتْ ؟
ولمَ تظهَرُ عليهِ دلائلُ الموتْ ؟
سَأَرى السيدةَ المقدّسةَ
أُمّ فلسطينَ
مِن جانِبٍ واحدٍ و بعيدٍ
نُهُودُها لا تُعَدُّ ولا تُحصى
صوتَ ندائِها
سأُدرِكُ الإشعاعَ العذريَّ
في داخلِ السِرِّ
لن أُؤمِنَ بأيِّ شيءٍ آخرَ
ولا بأيِ عِلمِ آخرَ
لا فائدةَ منهُ
مثلُ العُمْرِ
ولا أيَّ التزامٍ آخر
مِن الجوانبِ المَخفِيّة
يقْدِرُ أنْ يُوقِعَني في الحبِّ
حتى الكتابةُ عنِ المجْدْ

 

Durante il buio in città

E se davvero fossimo introdotti
nelle suburbe
come l’ago della metro ricuce la città
a toppe di quartieri
sopravanzando i torelli dei sottopiani
al grido unico: più notte a gambe calme
meno tremori meno occhi ai fanali
dov’è che si potrebbe un lascito di calma
una seduta alle fontane
per dirsi ancora beviamo con la gioia dei fanciulli
spargiamo acqua in queste gole munte.
 
Anche di notte nei vicoli atterriti
roca e prudente la caligine
aspetta il vento.
 

Antologia!

Ciao a tutti,
recentemente sono stata a Roma per assistere alla presentazione della nuova antologia della "Giulio Perrone Editore". E' una raccolta di poesie e narrative creata con il materiale inviato (e segnalato) dal concorso <<Cose a parole seconda edizione>>da cui ne trae il titolo. Contiene anche una mia intitolata <<Se sei o non sei>>, già pubblicata su Rosso tempo fa.
Per chi fosse interessato a dare un'occhiata può sbirciare sul sito Giulio Perrone editore, o comprare l'antologia al costo di 15 euro. Penso ne valga la pena, da occasione di conoscere nuovi autori emergenti, un po' come noi.
Un abbraccio caloroso a tutti,
Stella

Divieto

Il sole non si può
guardare
Il sole non lascia intravedere
il suo volto
vero.
-Cosa nasconde?-
Si cela in lui
il segreto che
nessuno scoprirà
fino a quando
l'ultimo respiro della Terra
verrà a mancare.
-Quando dunque?-
L'impaziente
s'uccide
per placare un po' d'attesa
infima e placida.
 

Speculi specchi

Ho deciso,
per te scriverò ali e gabbiani
che sul mare planan volando
e suoi
i vecchi dintorni persi senz'orli
ritorti
eppur sempre verdi
ai miei anni, che dentro porto
volti e riavvolti
e perenni sempre ai miei gesti.

Vecchi,
ai miei quotidiani mentimenti e spesso
passilenti e nottetempi
o antichi pentimenti
da sempre dico miei 
come fiori amati
sfogliando foto a quinterni
dagherrotipi grigioseppia 
impoveriti sempre ai miei gesti.

Cammini marinai
e vecchi senz'onde,
nuotate perdute
e vele salpate e donne aspettate
eppur vivo sono... per sempre
e ancora.
Grido di gabbiani in volo, dicevo,
d'ali,
che guardo dal basso all'alto
mistando a vino
opachi euro sfuggiti
mai più (ahimè) giammai tornati.

Eppur sempresalto,
getti al mio ponte i sogni di gatto
che gatto son gatti

quei balzi di mare
e farsi guardare
e speculi specchi, latenti e schivi.
Concorro fuor tempo
oppure da sempre
occhi miei tesi
che io già sollevo e sempre,
che sempre con gli occhi nel cuore
in mano, da tempo io osservo
che mai e poi mai io
lisci piano e piano carezzi
i magici giorni che vivo con te...
 
amor mio.

Nello stesso cielo

Tra il rosso e l’arancio dell’iride
ci siamo noi
perduti nello stesso cielo
e tutti gli altri lontani
nelle nebbie del mondo

L'inno dell'incoerente

No perché, a volte, il pensiero umano è difficile da comprendere.
Tutti millantano una qualche forma di coerenza, con se stessi, con ciò che si è detto o fatto, con gli ideali che si tentano di perseguire... ma in realtà è umanamente impossibile attuare il concetto di coerenza, essa è tuttalpiù un ideale cui si aspira, come tanti dei valori assoluti assolutamente utopici, uno dei più limitanti, comunque.
Condannare il proprio essere a perseguire un sentiero in linea retta senza voltarsi mai indietro, a destra o sinistra, senza la possibilità di muovere un passo al di fuori di quel tracciato tristemente bianco, pallido ed apparentemente sicuro è la più grande prigione in cui le menti possano rinchiudersi. Favorisce l'accanimento, la chiusura e lo sviluppo di infiammazioni e pruriti che possono essere placati solo attraverso lo sfogo di una viscida e sottocutanea intolleranza, un sentimento sottile e tacito, caldeggiato ad ogni sguardo pieno di fantastica e meravigliosamente umana ipocrisia.
Quanto sarebbe bello, invece, dar sfogo alle passioni così come si presentano! Lasciarsi andare nelle fantastiche danze dell'emotività, passando dal riso al pianto senza curarsi di sembrare folli, spogliandosi di quella patina grigia e polverosa che ci rende tutti tristi omuncoli rachitici oppure obesi, patologicamente affranti, insicuri, orribilmente freudiani. Corpi emaciati ed avviliti da una psiche inventata ed esplorata dall'esterno, ma ben poco compresa nel suo intrinseco potenziale mitico.
E ci rifugiamo, ancora, in quella coerenza spoglia di virtù, in quel continuo svuotarsi, inaridirsi, spegnersi.

Il partigiano

Arturo Lenzi, un bell'uomo sulla cinquantina, funzionario nazionale del partito, grazie ai suoi trascorsi bellici nella guerra di resistenza e liberazione, capo squadra assaltatori, si era fatto nome di coraggioso fino all'incoscienza e godette e gode, ancora, stima e reputazione. Finita la guerra, lasciò il paese natio e tutte le conoscenze, per la politica. Neppure il suo amore giovanile, del quale aveva sempre serbato un nostalgico ricordo, si peritò di salutare, d'altro canto - alla macchia - aveva allacciato una relazione con la figlia del Comandante, che faceva da staffetta da e per la montagna, come portaordini. Ora era di ritorno, per assolvere un mesto dovere di esequie ma, pensò molto, alla sua vecchia fiamma amorosa, durante il viaggio da Roma. E giunto in paese, da appena un giorno, nella piazza principale, quasi fosse un appuntamento...
- Ciao Giulia, come stai? quanto tempo....e tua mamma?
- Ciao Arturo, ti ho visto in paese, ieri ma, anche se mi avevi visto, ti sei girato dall'altra parte.
- Bhe! sai, avevo appena saputo che avevi sposato Marco. Ricordi? lo consideravamo una nullità, anche tu, perché non aveva preso parte ...
- Quando sei andato in montagna, mi aspettavo notizie. Nulla per mesi. Che dovevo pensare? e poi, dicevano che ti era messo con la Jolanda, la staffetta, e lei in paese, si vantava di essere la tua ragazza. Non sei neanche tornato a casa, subito a Roma per il partito.
- Niente, niente, non voglio recriminare. Hai dei bambini, lo so e Marco ha un buon lavoro,. Insomma state bene e tua madre, la Maria. Era terribile, a quei tempi, sempre a farti la guardia.
Giulia, abbassando la testa e sorridendo:
- però gliela abbiamo fatta, ricordi? Te lo ricordi, quella notte ...
- Io non l'ho scordato mai, Giulia, mi ha fatto compagnia tutto il tempo della guerra e ancora mi torna in mente, con una nostalgia infinita. Sai, io non mi sono sposato...poi la politica mi ha preso tutto il tempo. Oggi sono qui per le esequie di Molotov, ricordi? il padre di Jolanda. Era il mio comandante nella Brigata Vallelunga.
L'imbarazzo cresceva in entrambi e nel tentativo di fugarlo, si guardava attorno e salutavano i passanti, indifferenti, anche a distanza. Giulia sembrò, un attimo, voler aggiungere qualcosa ma, restò interdetta, Arturo stava guardando qualcuno e gli porse, distrattamente la mano, come a volersi necessariamente congedare. Così si separarono con un attimo di titubanza, come un rincrescimento.
Arturo, che durante il breve incontro con Giulia, si era tolto il fazzoletto rosso dal collo riponendolo in tasca con le decorazioni da esibire nel corteo funebre, si stava risistemando mentre si avvicinava al suo sorridente interlocutore:
- Ciao Marco, come stai? Come va qui in paese? Ho visto Giulia, poco fa. E' ancora bellissima.
- Tutto bene, ah! Giulia, si stiamo bene tutti ,anche i ragazzi. Nell'ultima campagna di iscrizioni siamo aumentati del tre e mezzo per cento. Grande adesione e l'Amministrazione Comunale, funziona bene. Vieni, devi prendere posto in testa al corteo, vicino al sindaco agli altri e la Jolanda.
La lucida macchina nera, con il feretro, seguito da una donna corpulenta in gramaglie, il sindaco, un anziano dall'aria battagliera e Arturo con a fianco Marco, prese a passo breve a percorrere il corso principale, dalla sede del partito, dove era stata allestita la camera ardente, verso il cimitero. Seguivano un centinaio di persone e qualcuno faceva ala al passaggio del corteo.
D'improvviso, provenienti dalla parte antistante il corteo, si udirono dei botti, esplosioni di artifici, simili a quelli che si usava far esplodere per Pasqua.
- Cosa succede Marco?
- Deve essere quel bastardo del Camerata, oh scusa!
Intanto un gruppetto di giovinastri, correndo inseguita da due Carabinieri, risaliva i lati del piccolo corteo, sbeffeggiandolo con il lancio di buste d'acqua colorata.
- Mario, Camerata, bastardo. Poi facciamo i conti.
Gli gridava dietro Marco, evidentemente inferocito.
- Ma chi è? Chiese Arturo, di chi è figlio. Avete fascisti qui, ancora?
- Nessuno ti ha detto nulla? Neanche la Giulia?
- Cosa vuoi dire? cosa c'entra la Giulia.
- Ho sposato la Giulia che era incinta. Quel nazi skin, alto, con gli orecchini, è suo figlio e ...
- E...? Domanda inquieto Arturo.
- E' anche tuo figlio.
 
 
 
 
 

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