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cose così

Mele

 
Nell'aria c'è profumo di torta di mele che tra qualche anno sarà nostalgia.
 

sei musica

 "conduttore ti presti
mi pugni ogni senso
e pregna parto
nel vortice."

Io quantistico

Lei, l'invito - nietzschiano o pindarico che fosse - a diventare ciò che si è non riusciva quasi a capirlo. C'era quel "ciò" che la lasciava perplessa. Come se si fosse un'unica cosa, una struttura coerente e coesa, una pietra dura.
Lei si sentiva piuttosto una particella delocalizzata, che di quando in quando un qualche strumento di misura costringeva in un nuovo stato, con le note conseguenze paradossali che ne derivano.
Avveniva poi in genere che lo stato in cui, per così dire, precipitava, fosse quello che più si confaceva al casuale osservatore - ansia di compiacere, direbbe semplicisticamente chi non fosse avvezzo alle teorie quantistiche.
Comunque, uscendo dalla metafora, che si sa, non regge mai ad essere tirata troppo, questo era quello che sentiva accaderle: di precipitare, a seconda dell'interlocutore, in un possibile sé, una possibile rappresentazione di se stessa, qualunque cosa si intenda con questa locuzione. Tutte ugualmente vere, s'intende, tutte autentiche, ma diverse e persino contraddittorie fra loro.
E di questa sua pluralità, di questo far dipendere la sua rappresentazione dall'altro, lei era, ma sì, diciamolo pure, orgogliosa.
 
 

8 x 8

tutte seta son di pelle
sorriso dolce occhi di stella
nascono così tutte belle
dalla caverna a quella stalla
fino alla cinta dalle bretelle
a loro per mano oppure a spalla.
 

Rincorrendo beltempo.

Torti ulivi costeggiano le prode
in limite alle vigne di pampini
verdi lucidi vestite a giugno.
ci corre in mezzo il capriolo

Cose Così [il sogno]

Nell'età in cui ripiego gli aquiloni, salto da una foglia di ninfea all'altra e provo ad arrivarti.
E' un lago fermo quello dei miei giorni, scacco verde rame, tra canne di palude.
Un tango figurato, senza musica dunque, il ballo a sera.

Boccheggio nel sogno in cui tu non sei ed io sono come ti sento. Non leggo il senso, di tre locali chiusi, di queste mie lacrime facili, fragili.

Soffia alla campagna ondata, vento e spettina. Scarnisce il vetro nell'occhio, il male dentro a satollarsi.

Ho la tua voce a farsi sciarpa bianca, strada in discesa al centro della schiena.

[con te sembra di stare sopra un'altalena,
ma forse va bene così]

Manuela

 

è nuova ghiera, la mastico a bocconi, la trituro

è la corona più bianca del mondo
che annerisce e crolla solo sotto
l'assalto di inossidabili spiritelli.
Pin, hai indovinato di chi parlo?
no, ma dai, è facile,
son chiostri antichi, frari  amici
nel nascere dolenti,
in lamenti e pianti.
per una vita un passaggio di leccornie
e poi radi o finti.
dubbioso sorridi, mordi ridendo
il labbro sul labbro,
poi scherzando  mostri lo smalto
di quell'esercito di fanti pronti
all'assaggio,finchè il tempo  non li ferma
in ponti fasulli
seguitano
a masticar dolcezza
o digrignano rabbia.
 

Si prega di non tenere chiusa questa chiesa

Si prega
di non tenere chiusa questa chiesa
Dove si prega
di non lasciare chiusi quei pensieri
Annidati
in tutte quelle menti a chiave chiuse
come avide vite
comode
e il grosso guaio della neve
se non si è a casa
per il prossimo natale

Teoria dell'estremo praticante.

Si, lo so! io sarò prosaico.
m'inuzzola gaiezza giocare
con verbi grassi e grasse rime
rincorrere di vernacoli le mode
dei motti detti solidi dialetti
voci di gleba a bassa lega stretti.
 
Che seppure è verità ripa non trova
poiché nessun che abbia sale in testa
vorrà con l'ira, ancorché giusta, replicar
a uno scherzo che molto rode ma
gli altri di risa fa goder e nulla cale.
 
La lirica più si specchia e si rispecchia
ammanta di bontà la sua maniera
rende graziose nane favole e concetti
maschera povere realtà minime banali
esalti miti insulsi in bella forma detti.
 
Poiché l'anima del cerebro si nutre
sede del vero del mistero e intelligenza
non nell'intestino o nella forma sciala
voglio testar che nulla è più eloquente
del frutto d'ogni dì che il praticante
mastica, in questa vita laida, snervante.

E' bastato un attimo...

Lasciare senza rimpianti tracce di noi sul cuscino,
arginare con indifferenza la nausea montante,
mistificare la solitudine come scelta di vita.
Tutto nell’attimo espresso dalla parola addio.
 
Grande la consolazione in tutto questo:
non ho sprecato fiato e parole.
 
Adoro la sintesi!
 

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