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cose così

Coriandoli in anime

Colori
e primavere
si fiondan filanti
sugli asfalti di foglie

Son già morte
od agoniche
per noi maschere uniche
che mai nei carnevali
lanciamo crudeli
coriandoli in anime

Terrestre

Associazioni di scadute tendenze
associabili a ritorte incisioni
Mi associo alla perduta speranza
Dissociandomi dalla mancata presenza
Cosi disperdimi i sensi all' orgiata frenesia
come di biscotto la resina della schiena
smuove la cavalcata ossea del brivido
Accostami all' angolo d' ovatta come miele impastato
Mi appiccico alla nube e mi sciolgo al calore
Amami con follia che gronda dal tuo alare rintocco
Conosci la voglia mia di slegarmi dall' inconscio
sai di onnipotenza nel tuo conscio sentire
Quassù non arde che incanto rimuginar di passione
Scendimi con implacata energia discostandomi dal Sole

Ho tolto il tappo, non é ancora aceto.

Il primo strato che incontri é quello dei ricordi più dolorosi. Se riesci ad abbattere il muro che hai costruito per seppellirli. Vengono a galla, risalgono la superficie dell’ignavia che li ha tenuti lontano dal tuo cuore evitandoti sofferenze e si mostrano così al mondo, nudi. Ora che hai rotto gli argini, mi dico, vai avanti non fermarti. L’emozione è forte, i ricordi tentano di sommergermi. Dove sei stato fino adesso? Perché proprio ora? E’ come aver tolto il tappo ad una bottiglia di vino che stava andando in aceto. Mi mancava il cavatappi, mi sono risposto. Poi ho convenuto con me stesso che era una delle mie solite scuse. Che grandi cazzate si inventano gli uomini pur di non ammettere i loro errori! Mi sono messo a scrivere.

Paradigma

Chiunque agogna
di diventar paradigma
ardisca
d'imparare a tirare
e non spinga

Amar d'esser seguiti
costa il restare soli
nell'ignoto orizzonte
e in spalla
cresce coscienza
fardello
e responsabilità

La più grande paura

Non debbo distrarmi
dacché se m'estraggo
da me stesso e m'osservo
di quel me m'atterrisco
mi spaventa
quel me dentro me

'fanculo i cani.

In un momento di buonismo, andai al canile, proprio un canile, quello della Maristella, a cercare un derelitto da portare a casa a riempire quel buco che mi si stava aprendo dentro, lentamente ma, inesorabilmente. Pareva un "girone" dantesco in cui i dannati, qui i cani, stavano immersi nella merda. Lei, povera donna, pensava di fare e faceva il massimo, date le circostanze. Comunque, tra le decine di animali, di tutte le età, colore e dimensioni che si aggiravano nel recinto comune, molti erano i cuccioli e quando entrai, si precipitarono ai miei piedi scodinzolando e uggiolando festosi. Poi capii il perché: i visitatori portavano sempre qualche leccornia alimentare per loro. Scelsi quello che mi pisciò sulle scarpe. Ho sempre avuto riverenza per quelli che me l'hanno fatto nella vita. Naturalmente nero, li ho avuti sempre di quel colore, orecchie lunghe cadenti, occhi tristi e lacrimosi: un incrocio cooperativo di bracco-segugio-bassotto, di sperabile taglia non grande. Quando feci per prenderlo, si buttò sulla schiena e continuò a pisciare, smodatamente. Sembrava ridesse. A casa, bagno caldo. Disperato si arrampicava sui bordi della tinozza, che non gli facevo superare e guardandomi pareva chiedermi e chiedersi : ma, allora, non mi vuoi bene. Avvolto in spugna e massaggiato a dovere, si ricredette e cercò di leccarmi il viso, più volte. Intanto, come da quando l'avevo preso, scorrevo mentalmente una serie di nomi, da affibbiargli, meritatamente, se possibile. Cominciai coi soliti: Bobi, Black, Ringo ma, sapevo già che non mi piacevano e ritornavo sempre a quello che avrei voluto mettere al mio cane in odisseica memoria ma, guardandolo, non mi parve il caso. Allora, anche se mi stanno sulle scatole certi fumetti francesi, per via del protagonista ammazzaromani ma, nonostante ciò, li trovo divertentissimi, decisi per Asterix.

Inadeguato

Mi colgo spesso qui
nei meandri della mente
in sofferenza stretto
da fatti non miei.
Che mi scavano
cercando risposte
che vorrei avere
ma che le braccia
appese larghe
dicono di...no.
Struggo l’anima lungo
percorsi di fatiche altre
bravamente convinto
che qualcosa si possa
alfine.
Ma, anche stavolta
piango l’inadeguatezza che
m’accompagna ancora.
 

Alle sei del mattino

Erano le sei del mattino.
Le sei di un triste mattino.
Urlavano di uscire tra spintoni e sputi.
Cadde due volte a terra
sempre si alzò
solo perché il dolore
pensava: “Mi rovinerebbe il cuore”.
 
Erano le sei del mattino.
Chiese di chiuder la porta
e ridevano come i pazzi
alle sei del mattino.
Volavano le chiavi nella polvere
alle sei del mattino.
Pare che vicino al pozzo
alle sei del mattino
chiedesse di piangere.
Le donne pregavano sottovoce
che su quell'ultimo verso di strada
a quell'ultimo pozzo
sempre ho pensato
luna lunera non v’era… purtroppo.
 
Quell'ultimo verso
tra vita e cielo, meritava il cielo
e il cielo lo accolse.
Erano le sei di un triste mattino
quando il tarassaco fa i fiori
e i sogni se ne vanno
nel soffio del vento del sud
ardente e bruno.
Alle sei di quel mattino
il sole apparve, poi si perse nel profondo
di quei colpi. Come morisse il giorno.
 
Manuel, Joaquin, Dioscoro e Garcia
erano lì piangendo sommessi.
Si piegarono in ginocchio 
e Granada era solo un puntino.
Fuentegrande aveva donne
dietro alle finestre che sgranavan rosari
e le dita erano lacrime
…alle sei del mattino.
La spagna piangeva in silenzio
alle sei del mattino.
Il mondo si piegò attonito
alle sei del mattino.
La storia ruggiva alle sei del mattino.
Alle sei di quel triste mattino.
 

in potenza

quanti amori in potenza
non vissuti
per orgoglio o paura
arrotondati
per difetto o eccesso
risultati eccellenti
equazioni imperfette

scritta il 18/03/2008
 

Un lumaio.

come un insicuro lumaio
ho più acceso che conservato
i fuochi nei cuori finitimi
e quelli che si spegnevano
m'hanno ustionato assai
lasciando bruciature profonde.
sono acqua anche cheta
che scorre alla bisogna
e soffoca tizzoni ostili
attaccati alla fiamma dell'orgoglio
più che dell'amore.
non dirmi non muore mai
sol quello che non brucia
resta acceso
come la speranza.

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