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cose così

Il Natale... che fatica

Maria34 :  una poesia, sul Natale, della figlia
 
 
Girando in mezzo alla gente
mi piace curiosare nella loro mente
 
E’ Natale ... tutti sono travolti
da questa corsa ai doni più stolti
 
Ho visto acquisti disperati
nei negozi e nei supermercati
 
Sei obbligato, ci devi pensare
tutti vuoi accontentare …
 
E’ uno sforzo d’intelletto
e non riesce mai perfetto …
 
Questo è sicuramente
quello che si vede chiaramente
da quello che dice la gente
 
Ed anch’io … veramente
a questa ‘sofferenza’ non sono indifferente …
 
Ma il Natale … che cos’è …
Un gran tormento ?
Uno stress da stordimento ?
 
Il Natale stanca è la verità
saremmo ipocriti a nasconderci questa realtà …
 
Insomma è una grande confusione
ma ci insegna la comprensione.
 
In che modo dite voi ?
Ecco spiegato:
 
Consolare l’amarezza di chi ha pensato
ad un regalo mal congegnato
 
con l’espressione di gioia di chi l’ha scartato
per cercare di rendere comunque
chi dona gratificato …
 
Lo sconforto di chi l’arrosto ha bruciato
e la violenza che si fa
chi con mille complimenti l’ha gustato …
 
Non sono cose da poco pensateci bene

chiodo

Quest'anno mi sento più smerlata
delle stelle che sbocciano a dicembre
Ma sto
rossa e ornamentale.
 
Se mi verranno gli occhi lucidi
dirò che è il fumo
e se parlerò da sola
dirò che sto pregando
Riderebbero di me
se dicessi che un chiodo di garofano
 mi tormenta il cuore

Nei dì di festa.

Voglio appoggiarmi
senza danneggiare
stringermi nelle mie
convinzioni e lasciare
correre anche le cose
che sempre mi hanno
turbato contrariato
Sarà certo un modo
d'essere comune consueto
in questo quotidiano
luccicare di amenità
che tuttavia sono la vita
che mi tocca vivere
Se non verrò alla festa
che si tiene in piazza
certo comprenderete
perdonerete se dalla veranda
dei miei occhi socchiusi
guardo i vostri balli l'allegria
con mesto appiglio.

Cose Così [di neve]

Sulla curva della mano
vuota d’altre bocche
respira di gioia

un cielo saettante
di piume che cadono

è amore, Amore
questo tuo mancarmi

Manuela

Da una musica

 
 
La luna chiarissima, è alta nel cielo quasi nero.
Un gran fuoco, al centro della radura, illumina e brucia il volto degli astanti.
Una musica monotona, una nenia senza parole suonata senza cuore da una chitarra senza suonatore, appesantisce un'atmosfera senza vita.
Che baccano; che silenzio.
I volti appena distinguibili, rispecchiano lo spirito della melodia, praticamente assente.
Qualcuno rosicchia stancamente da un osso, un ultimo improbabile pezzetto di carne.
Qualcuno consuma lentamente l'ennesima sigaretta e una birra ormai non più fresca.
Qualcuno spossato per il duro lavoro è già riverso sul terreno, avvolto in una vecchia coperta
in attesa di un profondo sonno ristoratore.
Alcune coppie di occhi guardano, assenti e persi, le fiamme evanescenti, e ne riflettono i guizzi di luce. Sono puntati nel vuoto, forse scrutano l'infinito, forse dormono già.
Ma due no!
Due si cercano. Si scrutano. Brillano di luce propria. Si interrogano.
Raggiungono l'intesa.
Pedro si alza, Maria lo segue, spariscono dopo pochi metri dentro il buio della foresta.
La nenia senza parole, continua.
                                  
                          Stefano Franco Sardi
 
 
 

Per dire delle vecchie case in noi.

Qui una porta ha cardini smossi
ma la soglia induce in, oltre.
Ci conta gli ingressi il dubbio della volta:
che fosse ieri il calcio ai suoi gerani?
- Nemmeno avessimo addosso il pianto dal cortile
a qui che si spande dal basso -.
Già, il basso da cui fuggivano scale
e noi per primi
verso i rialzati, anch’essi a nudo di danaro
ma più ricchi di perfidia
e poi più su, al quarto piano della marunnella.
 
Tu non crollasti mai.
  
A qualcuno la soglia o la porta
fanno asma da muffe come in me l’umido pensato:
ci sono corse che il cuore fermerebbe sulle ringhiere marce
nei giusti cedimenti a soste di rifiato
 
per dire di noi :
un libero stare aperti al chiuso.

avrei voluto...

avrei voluto  che il giorno ti scivolasse via senza lasciarti tracce né di  rosso né di arancio, avrei voluto che la tua ombra prendesse  il sopravvento sulla sera e la facesse    a pezzi con il silenzio,  ho immaginato come sarebbe stato il gelo guardandoti gli occhi sempre più lontani e come si sarebbe  perso il tuo odore nelle raffiche di vento della notte. avrei voluto sicuramente strapparti dai miei gesti, dalle mie urla, cancellandoti dai punti prediletti della mente e della carne, avrei voluto farti   sparire dalla mia  pelle, sparire dai giochi delle mie parole, sparire dalle carezze  e dal pianto.

 

Soprattutto  avrei voluto che tutto questo si fosse consumato in un istante,che  non ci fossero state troppe attese, troppe pause e  sentire il tuo distacco come un lampo, come un tuono, come uno scoppio lacerante, ma definitivo. Senza arroganti orgogli, senza odiosi rimpianti, senza accuse o difese, vane   entrambe sul fronte di questa guerra  …avrei voluto perderti subito senza nessun tempo ostile, offuscato, ottuso, perderti con la sensazione di non averti mai avuto. così, facile! .. facilmente…senza percepire nulla di tutto quanto il dolore racchiuda e rilasci, ma ciò è impossibile .Impossibile  perché l’anima si muove in una ruota di sentimenti, si avvita e si stringe, si espande e si affida a questo  vortice. e il vortice ti assale, ti smembra, ti svuota, ti ottunde e ti porta e ti  riporta al centro esatto dell’emozione…. Leggi tutto »

Dimmi

quante volte ti ho veduta
quante volte ti rivedrò ancora
quante volte ho incrociato il tuo sguardo
quante volte ancora, cercherò di incrociarlo
quante volte mi sono perso nei tuoi occhi
quante volte mi ci perderò ancora
quante volte ti ho sognata
quante volte ancora, ti sognerò
quante volte ho sentito il tuo profumo
quante volte lo sentirò ancora
quante volte avrei voluto essere la causa di un tuo lieve sospiro
quante volte ancora, lo vorrò
quante volte ho sofferto per un tuo abbraccio
quante volte mi augurerò di soffrirne ancora
quante volte avrei voluto assaporare i tuoi baci
dimmi quante volte ancora,
prima che io riesca a trovare il coraggio di parlarti
                                                              Stefano Franco Sardi
 
 

buffo

assopirsi addosso
quando tutto è leggero
tipo che oggi
è la vigilia di ieri

E tu, ieri, dov'eri?
[dormivo male]
sapevi amare

Poi faccio un sogno
che tutto è buffo
pure la felicità
 

 

boh

 

Stupide falene isteriche
gracili e nude
ali  di seta illusa
bianchi veli da sposa
dilaniati da lingue di  fuoco.

Forse è questo l'inferno.
Sazi fino all'ultimo respiro

 

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